Paola e Riccardo hanno percorso a piedi il sentiero del discepolo, da Nazareth a Gerusalemme: “Questa terra ha superato le nostre aspettative, l’accoglienza del viaggiatore è stata sempre presente”.Paola, 40 anni, e Riccardo, 49, sono una coppia di camminatori che ha deciso di intraprendere Il sentiero del Discepolo, un cammino da Nazareth a Gerusalemme basato sulla guida di Silvano Mezzanzana, edito da Edizioni Terra Santa. Lei insegnante, lui ex vigile del fuoco oggi studioso di teologia, entrambi accomunati dalla passione per i pellegrinaggi a piedi come il Cammino di Santiago o la via Francigena, si sono conosciuti ad un corso per diventare ospitali, cioè per imparare ad accogliere i pellegrini negli ostelli a donativo. Durante il loro cammino hanno soggiornato nelle guesthouse di Associazione pro Terra Sancta e Mosaic Centre Jericho e hanno visitato alcune attività. Incuriositi dalla loro storia, abbiamo chiesto di raccontarci la loro avventura in Terra Santa e i momenti più significativi del loro viaggio.
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Che cosa vi ha portato in Terra Santa e cosa vi a spinto a compiere un pellegrinaggio a piedi?
Ci siamo incontrati facendo la cosa che ci apparteneva di più e ci piaceva di più: camminare e accogliere gli altri. Il 25 luglio dell’anno scorso, nel giorno di San Giacomo ci siamo sposati. Questo viaggio vale un po’ come il nostro viaggio di nozze, siamo riusciti ad organizzarlo grazie ai regali di amici e parenti. Dopo aver percorso da soli i cammini di Santiago e Roma, avevamo il desiderio di venire in Terra Santa insieme a piedi. Ci piace viaggiare, ma ci siamo resi conto che quando viaggi solo per vedere i posti non riesci ad entrare in contatto con le persone come quando si cammina. Camminando hai il tempo di capire dove sei, di entrare a contatto con il luogo in un modo profondo e di incontrare davvero le persone.
Potreste raccontare brevemente il viaggio ed alcuni episodi significativi?
Il cammino in Terra Santa è molto diverso rispetto ad altre mete. In dodici giorni, seguendo la guida de Il sentiero del Discepolo, abbiamo attraversato la Galilea, la Samaria e attraverso il deserto di Giuda siamo arrivati a Gerusalemme. È un percorso avventuroso, sia per la minore segnalazione del percorso (noi ci siamo basati su una applicazione con gps collegata alla guida), sia perché, essendo meno frequentato, ha meno strutture ricettive e di conseguenza ci si deve fermare in tappe più obbligate. Per questi motivi noi consigliamo di essere almeno in due o di affidarsi ad una guida locale.
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La particolarità di questo viaggio è sicuramente l’entrare a contatto con la popolazione locale. Sebbene ci fosse un timore iniziale, soprattutto il mio [ammette Paola ndr.], prima di entrare nei Territori Palestinesi per via delle notizie che spesso si leggono sui giornali, fin dall’ingresso a Jenin questa terra ha superato le nostre aspettative. Al di là del caos e un po’ di sporcizia per le strade a cui possiamo essere meno abituati, cioè che ci ha fortemente colpito è stata l’accoglienza e la grande benevolenza che abbiamo ricevuto. Sebbene le persone fossero sorprese dal fatto che stessimo facendo un cammino a piedi, l’accoglienza nei confronti dello straniero e del viaggiatore è stata sempre presente. È proprio parte della cultura di questo popolo: dal lavoratore nelle cave, al fabbro, al venditore di frutta, tutti ci volevano offrire acqua, caffè e cibo. Ad esempio, un ragazzo di 12 anni di Jenin che vendeva dolcetti per le strade ci ha offerto gratuitamente dei biscotti senza voler nulla in cambio. Un giorno anche una ricca famiglia immigrata negli Stati Uniti ci ha accolto nella loro casa e la figlia ha regalato una collana a Paola. A tutti i livelli della società, dal povero al ricco, abbiamo ricevuto doni in base alla possibilità di ciascuno senza alcun interesse secondario, un aspetto che porteremo sempre nel cuore.
Nel corso del vostro percorso avete soggiornato presso le Guesthouse di Associazione pro Terra Sancta e del Mosaic Centre Jericho, come valutate la vostra permanenza presso le nostre strutture?
Abbiamo soggiornato una notte presso la guesthouse a Nusf Jubeil e abbiamo deciso di fermarci una notte in più anche a Sebastia. Avevamo bisogno di un po’ di riposo perché il cammino in quelle zone è impegnativo. Abbiamo avuto modo di apprezzare l’accoglienza e la particolare cura verso l’ospite delle vostre attività. Quando si arriva a Sebastia o a Gerico abbiamo avuto l’impressione di trovarci in delle piccole oasi: le camere sono belle, pulite e confortevoli. Le vostre strutture sono ottimo filtro che media tra il paese da cui veniamo, l’Italia e i nostri standard occidentali, e le tradizioni locali del Paese che stiamo visitando. Ottime la cucina: ricordiamo ancora con piacere il Maklube, un piatto di riso e pollo, che abbiamo mangiato a Sebastia.
Dormendo presso le nostre guesthouse avete avuto modo di entrate a contatto con i nostri progetti e la comunità locale con cui collaboriamo, credete che questo aspetto abbia dato un valore aggiunto al vostro viaggio?
Sì, sicuramente, siamo stati accolti benissimo da Rami e Shadi che lavorano presso le guesthouse. Sono ragazzi che riescono a trasmettere la passione per il loro lavoro e la terra in cui abitano. A Sebastia ci siamo fermati a parlare loro e con alcune persone del luogo e riuscivamo a capirci anche se parlavamo due lingue diverse. Personalmente, dice Paola, al Mosaic Centre di Gerico mi sono innamorata dei mosaici, mi ha emozionato vedere lavorare questi ragazzi e creare questi capolavori: mi piacerebbe tornare per poter fare un corso di mosaico. In questo centro si respirava un’atmosfera magica e un clima molto familiare. Apprezziamo molto il vostro lavoro e speriamo che tanti pellegrini possano venire a conoscerlo.
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Cosa vi ha lasciato questa esperienza e cosa vi portate nel cuore di questa avventura?
È un viaggio che consigliamo di fare a tutti almeno una volta nella vita. Un percorso sicuramente impegnativo, ma l’arrivo a piedi da Betania verso Gerusalemme, dopo tutti questi giorni di cammino, lascia un’emozione unica. Ci porteremo con noi le tante persone che abbiamo conosciuto. L’accoglienza e lo spirito di donare all’altro di questo popolo. Dai beduini che abitano nel deserto, ai venditori di frutta, ai bambini che ci hanno sempre regalato sorrisi e saluti, alle tante persone che si sono offerte di aiutarci e darci una mano: loro sono il ricordo più bello di questa avventura.