Abbiamo potuto parlare con la mamma del giovane deceduto per leucemia alla fine del 2015: il suo stile di vita nella salute e nella malattia è stato ed è fonte di meraviglia, gratitudine e speranza per tanti. E lo diventerà sempre di più.Oggi parleremo con la mamma, usando tutta la delicatezza possibile, del figlio che ha già concluso la sua partita terrena. Lui è Nicola Perin, classe 1998, nato a Rovigo, da Adriana e Roberto; giovane promessa del Rugby, vissuto a Borsea e deceduto a Rovigo la vigilia di Natale nel 2015 per leucemia. Questo a voler raccontare le cose leggendo solo cartelle cliniche e dati anagrafici. Ma Nicola è un ragazzo che, come chiedeva San Giovanni Paolo II, della propria esistenza ha fatto uno stupefacente capolavoro; con i colori intensissimi della sua intelligenza, della sua larghezza d’animo, del suo amore per gli altri, la natura, lo sport, la pesca, tutto. E con la tela che si è ritrovato tra le mani. Pensava di diventare vecchio, invece è diventato grande.
Carissima Adriana, grazie di aver accettato di parlare con noi di Aleteia For Her del tuo, del vostro Nicola. Abbiamo raccontato qualcosa della sua vita, breve e compiuta, in un articolo che si riferiva al bellissimo libro a lui dedicato da Cristian Bonaldi; ma siamo certe che di Nicola ci sia ancora da tanto da raccontare e diffondere. E pare che anche lui abbia qualcosa da dire a noi.
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Ci puoi tratteggiare un po’ la sua figura?
Sto pensando al tratto finale, a quando ha saputo di essere malato: il mio ragazzo non voleva che dicessero che era piccolo, “sono un ragazzo maturo” diceva. Per gli anni che aveva, aveva davvero capito tutto e accettato. E donato in più. Fin da più giovane mi sorprendeva con le risposte che mi dava, tanto che mi facevano quasi star male. Troppo profonde e mature per la sua età. Mi colpiva sempre come si interessava degli altri, di quelli che avevano bisogno; si prestava tanto, si donava. Fin dalle elementari aiutava quelli che avevano bisogno, e poi via via anche alle medie e alle superiori. Sebbene alle superiori abbia potuto frequentare poco in classe. Da ospedalizzato seguiva le lezioni via Skype o grazie agli insegnanti in reparto. Ha preso anche una borsa di studio per il merito, ed era già dopo il primo trapianto, nel 2014. Non si risparmiava mai; non gli piacevano i voti regalati, non voleva sconti, non voleva essere chiamato ammalato.
Eppure la sua condizione era davvero diversa e più difficile di quella degli altri ragazzi della sua età..
Sì, ma lui voleva studiare, impegnarsi, senza lamentele. Era una persona umilissima; amava il rugby, la pesca amava la natura, i fiori, gli uccelli, i tramonti, i colori…
Un ragazzo normale, attivo e impegnato ma anche un contemplativo! Prima hai detto che non ha solo accettato e compreso la sua condizione, ma ha fatto di più, donandosi. Puoi spiegarci in che senso ha donato, si è donato?
Non si è mai lamentato, gli dispiaceva farci stare male, vedere me e il papà in pensiero. Si scusava addirittura per quello. E ad un certo punto non ha più chiesto “quando guarisco?”; faceva quello che bisognava fare. Ha accettato di buon grado anche l’unzione degli infermi.
Era come se non volesse semplicemente subire la malattia?
Aveva capito. Aveva davvero capito..
Ha attraversato momenti di scoraggiamento?
Sì ma si affidava a Padre Pio, al Signore, alla Madonna. Affidava tutto a loro. Sia se quel che doveva affrontare fosse andato bene sia nel caso fosse andato male. Era fiducioso in ogni caso, confidava tanto in Padre Pio.
Come è nata in Nicola così giovane e “moderno” la devozione per il Santo di Pietralcina?
Gli è stata data una foto da una signora vicina a noi che lo aveva conosciuto di persona e si è affidato, rivolgendosi a lui per ogni cosa.
La malattia, soprattutto quando è così severa, può portare a chiudersi. Nicola è cambiato, si è come ritirato dagli altri oppure no?
Per niente. Vi racconto una cosa per far capire com’era. Quando gli hanno regalato un iPad pensando che a lui non sarebbe servito disse “bè non importa vuol dire che lo vendiamo e aiutiamo gli altri bambini e le altre famiglie”. Voleva aiutarli, era un pensiero costante. Quando pregavamo prima di recitare il Padre nostro chiedeva aiuto per tutti i ricoverati in reparto (è stato ricoverato a lungo presso l’ospedale di Padova). Infatti ancora adesso riceviamo molte testimonianze che lo riguardano. Ci arrivano tante testimonianze da parte di chi ha letto il libro (Il Mediano di Dio, Nicola e la sua inguaribile voglia di vivere, Cristian Bonaldi, ed Paoline), di chi poi viene a trovarlo in cimitero (è sepolto a Borsea, provincia di Rovigo). Sulla sua tomba lasciano ricordi, segni, anche lacci per capelli. Nicola era di una tenerezza incredibile con i bambini piccoli sia in reparto che in day hospital; lasciava a loro il letto e lui faceva le terapie e le trasfusioni seduto nella poltrona. Chissà forse un giorno in tanti conosceranno la sua fede, la sua bontà e umiltà, e il suo grande cuore.
Avete già avuto notizia quindi di segni e miracoli riconducibili alla sua intercessione…
Ci sono persone che hanno ricevuto un aiuto; stiamo raccogliendo tante testimonianze, d’accordo con il Vescovo; poi gliele presenteremo l’anno prossimo. Stiamo anche fondando un gruppo di preghiera a nome di Nicola, sono sicura del tanto amore e aiuto che Nicola può dare e darà.
Una figura fondamentale per il suo cammino, per la “salita finale” è stata quella del padre spirituale. Puoi raccontarci qualcosa del loro rapporto?
Sì, il padre spirituale l’ha conosciuto nel 2015, in primavera: Padre Gianluigi Pasquale, un cappuccino. Era il suo confessore, gli era molto legato. Ad un certo punto hanno stretto anche un accordo, un segreto che resta tra loro, non può rivelarlo nemmeno a me che sono la sua mamma. I frutti si vedranno col tempo, dice lui. Anche il parroco don Silvio è sempre stato presente, pregava, lo confortava ed è stato sempre molto disponibile. Noi genitori eravamo molto più concentrati sulla malattia e forse certe cose non le vedevamo; capivo che c’era qualcosa di diverso in Nicola, ma noi forse faticavamo di più a guardare oltre, presi dalla continua urgenza della cura, e dalla speranza che la medicina potesse ottenere la sua guarigione. Due giorni prima di morire ha chiesto al papà di aiutarlo a farsi il segno della croce. E’ stato l’ultimo suo gesto. Presi in questi momenti ci si concentrava su di lui, si cercava di aiutarlo, anche se capivamo, forse solo intuivamo certe cose, non gli davamo (ancora) l’importanza che avrebbero meritato. Ci si aggrappa a tutto, a qualsiasi speranza che la medicina possa offrire. Quando riguarda un figlio (il tuo unico figlio!) è difficile…
Perdona la domanda, forse eccessiva, ma è la nostra fede che ci dà questa audacia: è possibile essere felici dopo un evento simile, dopo la morte di un figlio, il proprio unico figlio?
Ora si ci aiuta, realizziamo tanti eventi e la volontà ce la dà lui ora, ce la dà Nicola. Era l’unico nostro figlio, e ci aiuta sempre. Io mi rivolgo continuamente a lui, con la solita confidenza della mamma. Se c’è qualche problema, difficoltà o dei dubbi io chiedo a lui: “Nicola, mi dai un segno?” e il giorno dopo esce qualcosa sui giornali, o mi raccontano qualcosa di lui, della sua presenza; insomma ricevo sempre un segnale da lui. Io non rinnegherò mai mio figlio e la sua grande fede. E’ attraverso il suo aiuto che noi andiamo avanti. Per rispondere alla domanda: diciamo che ci può essere serenità, perché noi sappiamo dov’è Nicola. Certo non è facile, la mancanza fisica si sente, vai contro natura. Si può essere sereni e aiutare gli altri, col sorriso e aiutare gli altri.
C’erano già state prove della stoffa di Nicola, quella che poi ha mostrato nella malattia?
Lui aveva un certo carattere. Io penso che dove c’è serenità, dove si accettano le cose, la fede sa dove andare, sa chi cercare. E ora che non è più presente fisicamente ma lo è in modo misterioso, ci ha fatto incontrare tante belle persone; sono nate tante nuove bellissime amicizie, realizziamo tante iniziative. Non si vede ma c’è.
Tra le tante, vuole ricordare qualcuna di queste iniziative?
Facciamo iniziative per la oncoematologia pediatrica e siamo già al quarto anno di un premio per il rugby ispirato a Nicola per il miglior numero 9 (era il numero che indossava Nicola, NdR). Il primo ragazzo che l’ha vinto è Alberto di Roma, e anche oggi mi ha chiamato per dirmi che è andato tutto bene. Si è fatto scrivere il nome di Nicola su una medaglietta. Sono in tanti a chiedermi la sua foto per farsi una medaglia. Nicola dava forza a tutti, era un mediano vero.
C’è anche la bellissima Teen Zone dell’oncoematologia pediatrica dell’ospedale di Padova, nata proprio grazie alla bellissima idea di Nicola, che ha pensato alle esigenze specifiche dei ragazzi, diverse da quelle dei bimbi più piccoli, e al loro bisogno di sentirsi parte della vita, del mondo.
Nicola e l’amicizia
Aveva tanti amici: gli allenatori, i compagni di gioco, a casa e in ospedale. Tanti venivano a trovarlo e traevano forza da lui. Anche una ragazza che non ha mai conosciuto di persona lo ha ringraziato. Fondamentale di sicuro è sempre stato il rapporto col papà Roberto, erano molto legati. Mio marito lo seguiva sempre e si confrontavano, parlavano tanto; ed era legatissimo ai nonni.
Il momento più significativo, emblematico in cui ha capito che suo figlio era pronto, che aveva compiuto un passo interiore grande. C’è stato?
Nell’ultimo periodo io ho capito e vedevo che accettava in silenzio senza lamentarsi. Questa forse è stata la cosa più decisiva. Si capiva benissimo. Io ripenso sempre all’ultimo incontro con Padre Gianluigi circa una decina di giorni prima della morte. Gli si sono aperti gli occhi e “ecco padre ti avevo chiamato!” (e non lo aveva veramente chiamato o cercato a voce. Lo aveva fatto interiormente), arrivava al momento giusto. E poi la domanda:
“Ti ricordi, Nicola, del terzo segreto delle cose?”. E si sono intesi tra loro, con lo sguardo, il sorriso. Ha chiesto da bere, chiedeva da bere alla fine, ma non beveva. Un incontro che non scorderò mai. Uno sguardo luminoso di Nicola verso padre Gianluigi.
C’è già il testo di una preghiera per chiedere l’intercessione di Nicola?
Sul libro Il Mediano di Dio, in fondo è pubblicata la meditazione/preghiera del Card. Angelo Comastri.
Aveva una preghiera preferita?
Era il Padre nostro; quella era la sua preghiera. Adesso tante persone chiedono a me, che sono la sua mamma, di pregare Nicola per i loro bisogni. Perché la mamma non si arrende mai, la mamma non si ferma, ha molta forza. Chiedono la mia raccomandazione insomma. Nicola è stato inserito anche nella mostra itinerante I santi della porta accanto, realizzata in preparazione al Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale e su ispirazione delle parole del Santo Padre nella sua esortazione apostolica Gaudete et exsultate.
Quando ci si avvicina a vite come queste è difficile restare uguali. Ci accorgiamo di avere tra le mani una materia incandescente, luminosa e unica: la nostra stessa vita e le relazioni che la tengono accesa. Grazie mamma Adriana che ci hai fatto scaldare dalla storia di Nicola; e tu, caro Nicola, continua a soffiare sui nostri fuochi.