Lo scrittore della fortunata serie “Montalbano” aveva 93 anni. Ha sempre avuto un rapporto complicato con la fede. Diceva di non aver paura della morte e che il matrimonio era stato il giorno più bello della sua vitaIl grande scrittore siciliano Andrea Camilleri, autore della fortunata serie di romanzi sul commissario Montalbano, è morto oggi a 93 anni. Da oltre un mese era ricoverato in ospedale a Roma in gravi condizioni.
“La morte? Ci rispettiamo”
«Non ho paura di niente». «Neanche della morte?» «No». «Che rapporto ha con la morte, maestro Camilleri?» «Buono, ci rispettiamo. Accogliere la morte come un atto dovuto è saggezza».
Nella sua ultima intervista pubblica, rilasciata a Radio Capital, il 12 giugno, il più celebre tra gli scrittori siciliani contemporanei, attualmente ricoverato in condizioni gravi, aveva parlato così della morte, come a preannunciare un malore che si spera non gli sarà fatale (La Repubblica, 17 luglio).
“Il giorno più bello? Il matrimonio”
Con il tono pacato e rauco che lo contraddistingue, Camilleri ha raccontato in quest’occasione anche aneddoti che hanno caratterizzato la sua vita, nella quale, dice di non avere rimpianti. «Ho avuto una vita fortunata. Di qualcuno che ha fatto sempre quello che voleva, si è guadagnato il pane facendo quello che gli piaceva e ora è felice con i suoi pronipoti».
Il ricordo più bello della vita del papà del commissario Montalbano è stato facile da identificare: il giorno in cui si è sposato. Una giornata memorabile.
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Il difficile rapporto con Dio: non era credente
In un’intervista pubblicata su Testimoni (2000), Camilleri aveva parlato del suo rapporto difficile con la fede:
«…non sono praticante, ma sono stato in collegio dai preti, il Convitto Vescovile di Agrigento. Ma anche allora da ragazzino, per tutto quello che era la ritualità dell’andare a Messa, la Comunione, lo facevo ma non c’era nessun entusiasmo e nessuna convinzione. Non credo che questo atteggiamento sia agnostico, credo che sia la parola giusta, e nasce da letture, da romanzi, da filosofie varie: è un atteggiamento naturale, spontaneo (…)».
D – Quindi Dio non sta nella sua vita?
R – «No, Dio non sta nella mia vita. Ci stanno molte cose nella mia vita, ci sta l’idea di spirito sicuramente, non ci sta materialismo banale o altro. Ci sta “Perché non possiamo dirci cristiani di Benedetto Croce”. Ma la fede, quella non ce l’ho».
D – Le dispiace?
R – «In un certo senso sì. Guardi che no lo dico a quest’età e sono 75 anni dove uno comincia un po’ a tirare i conti della propria esistenza e un po’ di fede forse gli farebbe avere un po’ meno paura, che è esattamente questo probabilmente. Chi ha fede ha una ragione, quindi meno paura degli altri. Ma non l’avevo neanche quand’ero giovane e già maturo. Ho un gran rispetto per la fede, ho un gran rispetto per quelli che hanno fede. Ho quasi ammirazione per le persone che hanno fede».
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Quando Papa Giovanni XXIII gli disse: si scusi con Dio
La scrittore in quell’intervista ha ricordato anche un simpatico aneddoto con Papa Giovanni XXIII, quando era ancora patriarca di Venezia:
«Stavo ad Assisi facendo uno spettacolo per la Pro Civitate Cristiana. Lo scenografo mi fece arrabbiare. Era la prova generale, c’era il patriarca di Venezia, altri due cardinali, un po’ di vescovi. E io attraversai tutta intera la sala bestemmiando, salii in palcoscenico e diedi un cazzotto allo scenografo. Quando mi voltai non c’era più nessuno. Mi vergognai profondamente di questo fatto. Ecco pur non essendo credente, perché mi era parso di essermi abbandonato a un gesto di cattiva educazione spaventosa, ma proprio soffrivo internamente che a casa loro per uno spettacolo, io li avevo offesi. Ero convinto. E quindi andai da don Ernesto Rossi e gli dissi “Dico, guardi che io mi voglio scusare con…”. Entrai da questo patriarca di Venezia e gli dissi “Io volevo scusarmi”. “Ne ha ragione – mi disse – di scusarsi, non con me, si scusi con Dio se ci riesce”. “E senta sono mortificato”. “Capisco la sincerità del suo essere mortificato, ha agito male, bisogna che lei ci rifletta, non si lasci andare così stupidamente. Però – mi disse – non aveva mica tutti i torti a dare un cazzotto a quello scenografo!».
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