Nel 2017 si sono rivolte ai Centri antiviolenza 54.706 donne, di queste 32.632 hanno deciso di iniziare un percorso di uscita dal tunnel.Il 25 novembre scorso è stata celebrata la Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne, istituita dall’Onu nel 1999. Per la ricorrenza l’Istat ha svolto per la prima volta un’indagine sui servizi offerti dai Centri antiviolenza in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità (Dpo) presso la Presidenza del Consiglio, le Regioni e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Irrps). Questo monitoraggio affidato dal Dipartimento per le Pari Opportunità ai due Istituti (Istat e Cnr-Irrps) rientra nel piano strategico Nazionale 2017-2020 sulla violenza maschile contro le donne adottato a Novembre 2017. Il rilevamento, che si riferisce al 2017, è stato effettuato nei mesi di Giugno-Luglio 2018 e sono stati intervistati con un questionario ad hoc i Centri antiviolenza potenzialmente rispondenti ai requisiti dell’Intesa Stato-Regioni del 2014. (Quotidianosanità.it)
2017: 54.706 donne si sono rivolte ai Centri antiviolenza
Nel 2017 le donne che si sono rivolte ai 338 Centri antiviolenza esistenti in Italia sono state 54.706, di queste 32.632 (59,6%) hanno deciso di iniziare un percorso di uscita dal tunnel dei maltrattamenti fisici e psicologici. Un numero che è contemporaneamente una buona notizia – in quanto hanno finalmente trovato aiuto e sostegno – ed una cattiva notizia perché, pur essendo tante, rappresentano solo la punta di un iceberg molto più vasto (Repubblica.it). Infatti l’ultima indagine Istat specificamente svolta sulla violenza contro le donne del 2014, pur evidenziando dei miglioramenti rispetto a quella condotta 10 anni prima, aveva rilevato che nell’arco di cinque anni oltre un milione di donne, quindi una media di 200.000/anno, aveva subito violenza fisica o sessuale nelle relazioni di coppia. Questo vuol dire che solo una donna vittimizzata su 4 si rivolge ai Centri antiviolenza, per cui si deve agire per colmare questo enorme divario le cui ragioni vanno individuate nella mancata conoscenza di questi servizi, nel non sapere come accedervi, e nella errata convinzione che le faccende private vadano risolte in famiglia.
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338 centri antiviolenza, 253 quelli finanziabili
Tornando ai dati relativi ai centri e servizi antiviolenza, dei 338 di essi compresi nel monitoraggio solo 253 sono risultati riconosciuti dalle Regioni e segnalati al Dipartimento per le pari Opportunità come finanziabili; i restanti 85 non presentano i requisiti richiesti dalla richiamata Intesa Stato-Regioni. A livello nazionale esistono in media 1,2 centri/servizi antiviolenza per ogni 100 mila donne dai 14 anni in su: dato medio uniforme tra Nord e Centro, e più elevato nel Sud dove questo rapporto è risultato di 1,5. Il numero medio di donne prese in carico dai centri (116) è massimo al Nord-est (171) e minimo al Sud (48). Tra le Regioni svetta l’Abruzzo con 2,3 centri/servizi per 100mila donne insieme alla Provincia Autonoma di Bolzano, seguiti dal Molise con 2,1 e dalla Campania con 2. In Sicilia, Basilicata e Lazio il numero è di poco inferiore ad 1 per 100.000 donne. In numeri assoluti la Campania (51 centri) e la Lombardia (47 centri) ospitano quasi il 30% del totale delle strutture presenti in Italia (Alleyoop.ilsole24ore.com).
Minori e donne migranti
I centri antiviolenza vengono valutati favorevolmente dall’indagine Istat-Cnr riguardo ad alcune prestazioni fondamentali come il colloquio di accoglienza, l’orientamento e l’accompagnamento ad altri servizi sul territorio, la consulenza psicologica e legale che sono disponibili in oltre il 90% di queste strutture. L’indagine rileva aree problematiche nell’accoglienza in emergenza (o al pronto intervento) fruibile solo nel 64% dei centri a livello nazionale, con percentuali più basse nel Centro Italia di strutture che offrono questo servizio. Insufficiente anche la percentuale di centri (60-65%) che offrono prestazioni per minori vittime di violenza assistita e donne migranti, che rappresentano un target di destinatari assolutamente specifico da attenzionare (Ibidem).
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La formazione delle operatrici
Nel 2017 sono state 4.400 le operatrici che hanno lavorato nei centri antiviolenza, il 56% delle quali a titolo esclusivamente volontario. Le figure professionali maggiormente rappresentate, in linea con i servizi erogati, sono le avvocatesse, le psicologhe e le operatrici di accoglienza. Oltre il 90% dei centri prevede per quante vi sono impegnate una formazione obbligatoria, che generalmente viene erogata con corsi organizzati dalla struttura stessa. (Quotidianosanità.it)