La lettura “obbligatoria” per tutti i dipendenti del Vaticano come cura al “chiacchiericcio” “Tutti in Vaticano devono leggere questo libro!” Questo ha pensato Papa Francesco quando padre Emiliano Antenucci gli presentò il suo libro “Non sparlare degli altri” (edizioni Effatà 2019). Detto fatto. Poche settimane dopo, a tutti i dipendenti della città del Vaticano è stata recapitato questo speciale dono Sommo Pontefice. Per assicurarsi che tutti ricevano il libro, è stato disposto che la consegna ad ogni dipendente avvenisse «apponendo la propria firma sull’apposito modulo che ne certifichi l’avvenuto ritiro». Così recita la circolare inviata ai direttori e responsabili dei vari uffici, che precisa: «si sottolinea che Papa Francesco ha espresso il preciso desiderio che ognuno ne abbia uno».
Il tema del libro è particolarmente caro al Papa che più volte ha parlato della virtù del silenzio opposta al vizio del rumoroso “chiacchiericcio” che ferisce e uccide il prossimo; un “peccato grave” che Francesco non ha avuto remore nel paragonare a un “atto terroristico”. Il 6 settembre 2018, nell’Omelia mattutina nella cappella della casa Santa Marta papa Francesco chiese di accusare se stessi, prima di giudicare gli altri: «C’è gente che vive sparlando degli altri, accusando gli altri e mai pensa a se stesso […] Il primo passo è dunque una grazia: quella che ognuno impari ad accusare se stesso e non gli altri». Qualche giorno prima – commentando l’episodio della cacciata di Gesù dalla Sinagoga di Nazareth – il Pontefice invitò a riconoscere nel giudizio e nella mormorazione l’opera del diavolo che «agisce per distruggere l’unità di una famiglia, di un popolo» mentre Gesù combatte e vince col silenzio «perché la verità è mite, la verità è silenziosa, la verità non è rumorosa».
Nel rivolgere gli auguri di Natale ai dipendenti vaticani riuniti nell’aula Paolo VI, il 20 dicembre del 2018, il Papa non usò mezzi termini nell’esortare i suoi collaboratori ad intraprendere la via della santità, invitandoli a «mordersi la lingua» di fronte alla tentazione del giudizio verso l’altro. «C’è una cosa che ci fa tristi nel lavoro e ammala l’ambiente di lavoro è il chiacchiericcio: per favore, non parlare male degli altri, non sparlare, “Sì, ma quello mi è odioso”, eh, prega per lui, ma non parlare, non sparlare, perché questo distrugge l’amicizia, la spontaneità, criticare questo, l’altro… Stai zitto, se hai qualcosa contro di lui diglielo direttamente, punto, ma non sparlare. C’è una bella medicina per non sparlare: mordersi la lingua, quando ti viene la voglia, morditi la lingua e così non sparlerai».
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A questo argomento ha dedicato il suo ultimo libro Padre Emiliano Antenucci, un giovane sacerdote dell’ordine dei Frati Minori Cappuccini che lavora in Abruzzo e collabora con la Comunità Giovanni XXIII di don Oreste Benzi. Durante il Giubileo della Misericordia è stato nominato da papa Francesco “Missionario della misericordia”. Si dedica alla pastorale giovanile, al lavoro con le prostitute e alla pastorale carceraria dove promuove delle catechesi sul perdono e la misericordia. Ma l’opera alla quale ha dedicato gli ultimi dieci anni – anni di studio, di riflessione e di lavoro sul campo – riguarda il tema del silenzio. Un percorso fatto sotto l’attenta e sapiente guida della sua “madre spirituale”, la Badessa benedettina Anna Maria Cànopi (passata al Padre il 21 marzo del 2019). Padre Emiliano ha ideato il corso “Silenzio, parla il Silenzio”, ha fondato gruppi di preghiera, ha scritto diversi libri sull’argomento e si spende per diffondere la devozione alla Vergine del Silenzio.
Più volte papa Francesco ha ricevuto questo giovane sacerdote appoggiando e benedicendo il suo operato e mostrando un particolare entusiasmo nei confronti della devozione alla Vergine del Silenzio della quale ha benedetto e firmato un quadro (la frase autografa del Papa è sulla copertina del libro). Intervistato da Vatican News dopo un colloquio privato col Pontefice, il padre cappuccino ha affermato: «Papa Francesco mi ha incoraggiato e invitato ad andare avanti su questa strada, mi ha detto di non arrendermi. Quando gli ho raccontato la storia dell’icona e dei corsi di preghiera mi ha detto che si vede proprio come ci sia la ‘mano di Dio’ in tutto questo».
Il libro “Non sparlate degli altri!” è un piccolo e prezioso manuale del silenzio interiore utile per combattere il vizio della maldicenza, il “dire male” (o maledire) dell’altro. I padri del deserto hanno spesso condannato la maldicenza, legandola all’invidia e all’orgoglio. San Francesco di Sales, nella sua Filotea, afferma che «Se si riuscisse a togliere la maldicenza dal mondo, sparirebbero gran parte dei peccati e la cattiveria» perché il maldicente, come il serpente, ha una lingua biforcuta che «con un sol morso ferisce e avvelena l’orecchio di chi ascolta e il buon nome di colui di cui parla male».
Spiega Antenucci che sparlare degli altri insudicia l’immagine di Dio in noi e ci sporca «del sangue del fratello che abbiamo ucciso con la lingua». Il Signore ci chiederà, come ha chiesto a Caino, «Dov’è tuo fratello?». Di fronte a questa domanda (che come il “Dove sei?” rivolto ad Adamo ci fa riconoscere “nudi”) non ci resterà che chiedere perdono e implorare la misericordia di Dio. Come nella storia di Caino e Abele, alla radice di tutto c’è l’invidia verso il fratello, che è «sorella stretta» della rabbia, dell’ira e della superbia, «madre di tutti i vizi». Chi parla male degli altri si sente superiore e giusto, capace di discernere tra cattivi e buoni elevandosi a giudice dell’umanità. La nostra società è pervasa da questo vizio: la politica, l’economia, il mondo del lavoro, la scuola, lo sport… ma anche la Chiesa stessa e le nostre relazioni personali sono segnate da questa malattia dell’anima che si manifesta attraverso la lingua col pettegolezzo, la mormorazione e lo sparlare degli altri.
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Ma quali sono gli “antidoti” per combattere e sanare le ferite provocate dalla maldicenza? Le elenca padre Emiliano Antenucci: «la preghiera, il perdono, la conoscenza di se stessi» (guardarsi allo specchio e riconoscere la “trave” nel proprio occhio) ma anche «la misericordia, il dialogo, la relazione vera e autentica» (p. 6).
Oltre ad una preghiera per chiedere a Dio di “convertire il proprio cuore al silenzio” e a diverse citazioni tratte dalla sapienza popolare e dalla tradizione della spiritualità cristiana d’Oriente e d’Occidente, padre Antenucci elenca dodici motivi per i quali siamo portati a parlare male degli altri, altrettanti “Rimedi per non sparlare” e cinque “Tecniche di conversione del cuore”.
Ecco dunque la raccomandazione di papa Francesco per combattere le divisioni e ritrovare l’unità fraterna in un tempo in cui sembrano regnare sovrani i conflitti e le mormorazioni («nostro pane quotidiano»), anche all’interno della Chiesa e delle nostre comunità.