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Notizia vera o “racconto mitico”? Come difendersi dal veleno della propaganda

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Aleteia - pubblicato il 25/06/19
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Siamo continuamente sottoposti a persuasione e manipolazione su ogni mezzo di comunicazione, ma abbiamo sempre la possibilità di difenderci e di informarci liberamente: il nuovo libro di Giuliano Guzzo è un’ottima mappa per orientarsi ed evitare le trappole più letali.di Emiliano Fumaneri

Torna in libreria Giuliano Guzzo con Propagande , Edizioni La Vela, una appassionante indagine sulle strategie di condizionamento dei mass media.

Non si tratta, è bene dirlo subito, di una questione riservata agli addetti ai lavori. Il cattivo uso dei mass media da parte degli “stregoni della notizia” (come titola un vecchio libro di Marcello Foa, tra le fonti ispiratrici di Guzzo) dovrebbe preoccupare tutti.

Sì, perché lo stato del giornalismo, la maniera in cui le notizie vengono presentate al pubblico, è in relazione diretta con lo stato di salute di una società. Esistono infatti due idee fondamentali e contrapposte di notizia, che corrispondono di riflesso a due concezioni opposte di società: da un lato abbiamo la tradizionale idea della notizia come “informazione”, dall’altro la notizia come “racconto mitico”.

Per capire quanto siano distanti queste due concezioni della notizia e della società occorre prima di tutto chiedersi cosa sia una notizia.  Secondo la definizione più classica, una notizia è il rapporto (cioè un racconto) su un avvenimento. Dare una notizia perciò vuol dire fornire il resoconto di un fatto. Sono due dunque gli elementi essenziali della notizia: il racconto e l’avvenimento. Secondo la prima idea, dare una notizia equivale a informare. L’accento qui cade nettamente sull’avvenimento.

La notizia-informazione vuol fornire al cittadino i mezzi razionali per ampliare la propria visuale sul mondo e poter così partecipare con maggiore cognizione di causa alle decisioni politiche. In questo senso i mezzi d’informazione svolgono un ruolo fondamentale per assicurare il buon funzionamento di una società democratica.

A questa idea si contrappone la notizia come mito. Qui invece è il racconto ad apparire come l’elemento centrale. Le notizie, secondo questo punto di vista, non sono altro che storie, racconti, immagini, narrazioni mitiche che vengono sovrapposte ai fatti, ai quali tocca “adattarsi” alle prime. Il fatto viene messo al servizio del racconto. Per dirla in termini più attuali, lo storytelling ha invaso il campo dell’informazione. La notizia-mito non vuole informare. Vuole piuttosto imporre una certa immagine del mondo. Pertanto il suo fine è orientare i giudizi dei lettori. E per raggiungere questo obiettivo cerca di manipolare le percezioni per integrare gli individui in una massa omogenea governata da pulsioni elementari, irrazionali.

A questo scopo la notizia-mito fa soprattutto leva sulla tecnica cosiddetta del framing, una sorta di azione di pre-persuasione che mira ad attivare schemi mentali (i frames appunto). Con questa attività si cercano di orientare nella direzione desiderata gli schemi mentali che permettono di interpretare i comportamenti delle persone classificandoli come positivi o negativi.



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Ma come si attiva un frame? Essenzialmente attraverso parole-talismano, per mezzo cioè di espressioni che evocano concetti, predispongono orientamenti politico-ideologici. Alcune espressioni sono tipicamente “progressiste”, altre sono tipicamente “conservatrici”, e via dicendo. Quando ad esempio una affermazione viene indicata come “medievale” si attiva un quadro ideologico tipicamente progressista in cui la difesa degli ideali tradizionali risulta debole, impacciata, già perdente in linea di principio perché implicitamente qualificata come oscurantista, retrograda, intollerante.

Il framing progressista e la produzione di notizie-mito costituiscono oggi, inutile dirlo, il core business della propaganda. La sua regola d’oro è l’appello alle emozioni: tocca il cuore, persuadi la mente.

Sarebbe esagerare, ci avverte Guzzo, pensare i mass media come numi onnipotenti. Ciò non toglie che il loro potere di influenzare decisioni e comportamenti collettivi sia molto ampio.

Il sociologo vicentino documenta ampiamente questa attività di persuasione occulta con decine di esempi. Ne cito solo alcuni: la propaganda pro-aborto (dalla vicenda di Norma Leah McCorvey che nel 1973 porterà la Corte Suprema degli Stati Uniti a spalancare le porte all’aborto legale fino al caso della diossina di Seveso, vero apripista mediatico della legge 194, senza trascurare, in tempi più recenti, la strumentalizzazione in chiave filoabortista del virus Zika), la demonizzazione degli obiettori di coscienza a suon di fake news, gli spot a favore della fecondazione artificiale e dell’eutanasia, la denigrazione della famiglia e l’esaltazione dei “nuovi diritti” in salsa arcobaleno, la lenta ma costante legittimazione della pedofilia e tante altre cause sedicenti “progressiste”.

Guzzo certo non vuole invitare a disertare i mezzi di comunicazione, privandosi così del diritto di informarsi. Come si legge nelle righe finali del libro,

il credulone e il grande scettico, da questo punto di vista, si somigliano, perché entrambi hanno difficoltà a misurarsi con la realtà intorno a loro con intelligenza, senza cioè rincorrerla o rifiutarla a priori. Siamo invece più saggi se, senza pregiudizi, continuiamo a seguire il nostro programma preferito e a sfogliare il giornale che più ci piace, quando viaggiamo in treno o sorseggiamo un buon caffè. L’importante è farlo ricordando di tenere sempre gli occhi ben aperti.


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La propaganda è una sorta di veleno che guasta le menti e i cuori. Il libro di Guzzo, che aiuta a smascherarne i meccanismi nascosti e le oscure intenzioni, costituisce un prezioso antidoto da opporre a questa subdola opera di intossicazione.

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