A Vasto una giornata di vacanza poteva trasformarsi in tragedia. Ma forse non è questo il quotidiano di ogni genitore, anche bravo? Fare i conti con una fragilità irriducibile.L’Adriatico è il mare delle vacanze estive da quando ero bambina, sovraffollato di ombrelloni e pieno di famiglie. Storco un po’ il naso quando vedo i bagnini molto giovani, perché nonostante le acque siano tranquille e nonostante ci siano più bagnanti che onde, il pericolo mi pare sempre dietro l’angolo e non mi si schioda dalla testa il pregiudizio che l’esperienza sia legata per forza all’età. Quando faccio il bagno coi miei figli l’allerta è alta anche sul bagnasciuga, forse esagero; eppure il mare è un elemento imprevedibile.
A Vasto, in Abruzzo, un padre di famiglia se l’è vista brutta ed è stato soccorso prima che accadesse una tragedia.
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Non tornavano indietro
Il caldo del giorno si mitiga un pochino verso sera, il bagno del tardo pomeriggio è un vero piacere. Lo scorso giovedì verso le 19 un padre si è trovato improvvisamente in seria difficoltà, bloccato in un punto dove l’acqua era alta e insieme ai suoi 3 figli. Difficile riuscire a gestire l’incolumità di tutti, terribile pensare che il peggio possa essere così vicino alla spiaggia, in un bel giorno di vacanza.
Dalla riva il bagnino si è accorto di loro; si chiama Emanuele Verardi e ha solo 16 anni. Ha fatto tutto il necessario, portando a riva la famiglia. Lo ha raccontato in prima persona:
Non riuscivano a tornare indietro. Si trovavano tra la prima e la seconda secca. Lì l’acqua era alta, con i piedi non si toccava il fondo. Il padre, a un certo punto, è andato in difficoltà a causa delle correnti. Sono entrato subito in acqua e ho preso con me il bimbo che l’uomo aveva in braccio. A quel punto, il papà è riuscito a riprendersi e a tornare a riva insieme agli altri due bambini. (da The Social Post)
Che immagine potente. Fatico a immedesimarmi in quel padre, perché immagino il suo sentirsi improvvisamente incapace di aiutare tutti i suoi figli, il dramma di sentire il loro pianto, il terrore di poter perdere qualcuno. Poi l’aiuto, che arriva da mani giovanissime. Altro che l’ammiccamento sessuale di Baywatch, una bella serie televisiva dedicata ai bagnini potrebbe davvero essere ricca di spunti per esplorare le molte occasioni quotidiane di sentirsi «in alto mare» e di affidarsi a forze e risorse fuori dal nostro onnipresente ego.
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Affogare in un bicchier d’acqua
Sotto l’ombrellone si spettegola molto; anche al bar, leggendo le notizie di cronaca. Immagino gli encomi – doverosi! – al giovane bagnino; e immagino anche qualche mala parola al padre che fa il bagno da solo, di sera, con tre figli. Si tirano fuori dubbi e dita puntate. Perché, a posteriori, siamo tutti allenatori con la coppa del Mondo sollevata in aria.
Lo capisco benissimo, quel padre. Non conosco nulla di lui, ma mi pare di conoscerlo. Quando siamo al mare, anche io a un certo punto lascio mio marito in spiaggia coi tre bambini e vado a preparare la cena. Potrebbe essere andata così, oppure no. Il fatto è, in fondo, che va così ogni benedetto giorno. Ogni genitore affoga in un bicchier d’acqua e può annegare a pochi passi dalla riva. Non siamo mai all’altezza del compito, ci siamo e basta. Ricordo un certo ritornello psicologico con cui non mi trovo d’accordo: dice che quando un genitore s’immagina i figli in pericolo, che cadono dalla finestre a cui sono affacciati o nell’acqua alta della piscina eccetera, è in realtà un taciuto desiderio di ucciderli. Insomma, gli affetti non sono mai lineari; ma non precipiterei nel patologico. Anzi, quelle scene immaginarie che la testa produce sono qualcosa di assolutamente realistico e propositivo. Ci ricordiamo quale tremore ci pervase quando assistemmo al crollo del ponte Morandi un’estate fa? Non è da pessimisti sentirsi su quel ponte, ci siamo e siamo in bilico. Il mondo è vivo, perciò siamo sempre in pericolo di vita – diceva Chesterton. Un genitore la sente moltiplicata questa preziosa fragilità della vita.
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Quando caccio un urlo perché vedo mia figlia aggrappata al balcone e “la vedo già pericolosamente in bilico”, io ho proprio la vertigine più materna possibile: la protezione, quella che vive a tu per tu con la paura di non essere sempre capace di proteggere. Ecco, capisco benissimo quel padre. La sua disavventura a lieto fine è qualcosa di più di una cronaca estiva, è il sano tremore sottopelle di ogni giornata. Non è che si deve vivere con il panico addosso, ma con la coscienza che l’essere è materia fragile ad ogni ora e che in ogni istante Dio se ne cura. Oggi la sua Provvidenza è stata quella di un bagnino, domani chissà in quale forma ci verrà incontro.