In una stanza nel reparto di ginecologia accade che donne tentate dal desiderio di abortire si scoprano già madri.
di Chiara Soldi
Sono una volontaria del Centro di aiuto alla Vita di Cremona. Questo luogo, questa esperienza ha in città due sedi: la prima più operativa (aiuto economico e concreto alle mamme e future mamme in difficoltà), la seconda come spazio di incontro. È in quest’ultima che spendo il mio turno, di solito due ore, una o due volte al mese. Si tratta di una stanza, che l’Ospedale Maggiore ci ha concesso nel reparto di ginecologia dove le donne incinta fanno le loro ecografie. Cosa accade in quella stanza? Di fatto è una porta aperta sul corridoio e noi restiamo in attesa, in attesa che qualche donna, tentata dall’idea o dal progetto di abortire, entri e chieda di parlare con noi volontarie, di essere semplicemente ascoltata.
Noi non possiamo uscire in reparto, non possiamo andare a cercare le donne, non ci è concesso per rispetto alla privacy e al lavoro degli operatori sanitari. Stiamo semplicemente lì e aspettiamo. E qualche volta accade: accade che un’ostetrica o un ginecologo ci portino una donna, accade che arrivi una telefonata di segnalazione (abbiamo un numero di cellulare dedicato a questo), accade anche che una donna con un’impegnativa per una IVG (interruzione volontaria di gravidanza) entri per sbaglio. Non abbiamo nessuna garanzia da offrire, abbiamo solo un’alternativa da far emergere: l’alternativa della vita.
Perché quelle donne sono già madri, devono solo prenderne coscienza e capire che la vita vale, sempre. Non riusciamo sempre ad aiutarle, anzi molto poco (dopo il primo incontro molte spariscono e non sappiamo più nulla di loro), ma quella porta aperta per me è tutto, è segno attraverso cui il Signore della Vita indica la Sua presenza a coloro che stanno passando un momento di tormento e di dubbio grande.
Il numero degli aborti a Cremona è di circa 20/25 ogni mese, un numero altissimo, sia aborti volontari sia aborti spontanei. E anche ai bambini non nati abbiamo pensato di dedicare il nostro tempo per un ultimo saluto, un gesto di pietas verso i più indifesi tra gli indifesi: è nata dal 2011 l’Associazione Difendere la vita con Maria che organizza il seppellimento religioso dei bimbi non nati una volta al mese, di solito il primo venerdì. Accompagniamo al cimitero la scatola contenente i resti di questi piccoli con l’aiuto di don Maurizio, che fortemente ha voluto quest’opera.
Il don legge un brano del vangelo e recita le formule previste per la sepoltura di chi è morto prematuramente senza poter ricevere il battesimo, e poi la scatola viene deposta nella piccola fossa. È un ultimo atto di compagnia da parte della Chiesa a questi bimbi rifiutati o che il buon Dio ha rivoluto così misteriosamente e precocemente con sé, per consegnarli alla Misericordia che tutto salva.
Far finta che queste cose non esistano per me è impossibile, quella stanza e quella scatola sono segno tangibile che la vita andrebbe amata e protetta dal suo inizio, ma non sempre è così. Dico un’ovvietà: senza la vita, non può esserci tutto il resto.