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Sinodo per l’Amazzonia, pubblicato l’Instrumentum laboris

AMAZZONIA FORESTA PLUVIALE

La foresta amazzonica. Senza di essa, l'umanità è destinata a scomparire.

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 17/06/19
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Pubblicato pochi minuti fa il testo del documento preparatorio dei lavori: “Nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale” è il titolo programmatico, efficace sintesi dei contenuti del testo.

Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana.

Non è un tiro alla fune sul celibato

Questo è il solo paragrafo dell’Instrumentum laboris del Sinodo sull’Amazzonia di cui oggi e per i mesi a venire buona parte della stampa occidentale scriverà, contrapponendo e polarizzando le solite due stanche fazioni – da una parte gli eversori, dall’altra i reazionari –.  Si otterrà così l’unico e medesimo effetto di ridurre (nell’informazione) l’assemblea sinodale del prossimo ottobre a un tiro alla fune sul celibato sacerdotale.



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Alcuni dei media occidentali – quelli intellettualmente più onesti – ricorderanno contestualmente che l’instrumentum laboris non afferma in questo punto altro che quanto già aveva dichiarato il 28 gennaio scorso lo stesso Papa Francesco sul volo che dalle GMG di Panama lo riportava a Roma:

Nella Chiesa cattolica di rito orientale possono farlo, si fa l’opzione celibataria o di sposo prima del diaconato. Per quanto riguarda il rito latino, mi viene alla mente una frase di san Paolo VI: «Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato». Questo mi è venuto in mente e voglio dirlo perché è una frase coraggiosa, lo disse nel 1968-1970, in un momento più difficile di quello attuale. Personalmente penso che il celibato sia un dono per la Chiesa e non sono d’accordo a permettere il celibato opzionale. No. Soltanto rimarrebbe qualche possibilità nei posti lontanissimi, penso alle isole del Pacifico, ma è qualcosa da pensare quando c’è necessità pastorale. Il pastore deve pensare ai fedeli. La mia decisione è: no al celibato opzionale prima del diaconato.

«Darò la mia vita, piuttosto». «Questa è la mia decisione». Due frasi che si pongono accanto alle considerazioni sulle necessità pastorali delle popolazioni più remote come le colonne d’Ercole, «acciò che l’uom più oltre non si metta». Sarebbe però un vero peccato limitare a quest’unica tematica la variegata complessità degli argomenti su cui verterà l’assemblea speciale del sinodo sulla regione panamazzonica (convocata dal Papa da domenica 6 ottobre a domenica 27 ottobre 2019). Nell’ultimo dei 147 paragrafi che in una quarantina di pagine offrono ai Padri Sinodali la base da cui partire per i lavori, la Segreteria per il Sinodo riassume così le istanze del documento:

In questo lungo percorso dell’Instrumentum Laboris, la voce dell’Amazzonia è stata ascoltata alla luce della fede (Parte I), si è cercato di rispondere al grido del popolo e del territorio amazzonico per una ecologia integrale (Parte II) e per nuovi cammini al fine di favorire una capacità di profezia in Amazzonia (Parte III). Queste voci amazzoniche ci interpellano a dare una nuova risposta alle diverse situazioni e a cercare nuovi cammini che rendano possibile un kairós per la Chiesa e per il mondo. Concludiamo sotto la protezione di Maria, venerata con vari titoli in tutta l’Amazzonia. Ci auguriamo che questo Sinodo sia espressione concreta della sinodalità di una Chiesa in uscita, affinché la vita piena che Gesù è venuto a portare nel mondo (cf. Gv 10,10) possa raggiungere tutti, specialmente i poveri.

È giunto “il kairòs” dell’ecologia integrale

E si può dire che “kairòs” è forse la chiave di volta del testo, che appare integralmente proteso ad osservare e ascoltare che cosa l’Amazzonia in sé e in particolare le Chiese di Amazzonia hanno da comunicare all’esperienza dell’unica Chiesa di Cristo: benedizioni e critiche, necessità e risorse, offerte e preghiere.

120. Lo Spirito creatore che riempie l’universo (cf. Sap 1,7) è lo Spirito che per secoli ha nutrito la spiritualità di questi popoli anche prima dell’annuncio del Vangelo e li spinge ad accettarlo a partire dalle loro culture e tradizioni. Tale annuncio deve tener conto dei “semi del Verbo”56 presenti in esse. Riconosce inoltre che in molti di loro il seme è già cresciuto e ha dato frutti. Presuppone un ascolto rispettoso che non imponga formulazioni di fede espresse da altri riferimenti culturali che non rispondono al loro contesto vitale. Ma al contrario, ascolta “la voce di Cristo che parla attraverso l’intero popolo di Dio” (EC 5). 

121. È necessario cogliere ciò che lo Spirito del Signore ha insegnato a questi popoli nel corso dei secoli: la fede in Dio Padre-Madre Creatore, il senso di comunione e di armonia con la terra, il senso di solidarietà con i propri compagni, il progetto del “buon vivere”, la saggezza di civiltà millenarie che gli anziani possiedono e che ha effetti sulla salute, sulla convivenza, sull’educazione e sulla coltivazione della terra, il rapporto vivo con la natura e la ‘Madre Terra’, la capacità di resistenza e resilienza delle donne in particolare, i riti e le espressioni religiose, i rapporti con gli antenati, l’atteggiamento contemplativo e il senso di gratuità, di celebrazione e di festa e il senso sacro del territorio. 

122. L’inculturazione della fede non è un processo dall’alto verso il basso o un’imposizione esterna, ma un arricchimento reciproco delle culture in dialogo (interculturalità).57 Il soggetto attivo dell’inculturazione sono gli stessi popoli indigeni. Come ha affermato Papa Francesco, “la grazia suppone la cultura” (EG 115).

L’antica dottrina dei “semina Verbi” viene declinata in un contesto spesso considerato off limits e conseguentemente ridotto a deposito di risorse naturali da sfruttare. In realtà, l’impressione è che la vera tematica dominante del Instrumentum laboris sia l’ecologia – nel senso più lato e al contempo più radicale del termine – ossia quell’ecologia che il Magistero cattolico definisce “integrale”. In essa trova spazio la giusta considerazione delle normative volte a tutelare il “polmone verde” del mondo dall’impatto dell’inquinamento; in essa trovano spazio le analisi sugli auspicati progressi politici dei governi locali; in essa trovano spazio le immutabili posizioni dei cristiani sulla tutela della vita (dal concepimento alla fine naturale) e sulla dignità della persona (di ogni persona, in qualunque stato o condizione).



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La storia del Sinodo ha sempre insegnato, però (e questo fin nelle assemblee più recenti) che i lavori hanno ampio spazio di manovra sulla materia, naturalmente entro i confini che il Romano Pontefice – quale arbitro supremo e ministro dell’unità della Chiesa – impone alla discussione.