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Parla il Rettore: «Se Notre-Dame è frutto del lavoro degli uomini, lo è sempre stato per la gloria di Dio»

NOTRE DAME
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Philippe-Emmanuel Krautter - pubblicato il 07/06/19
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Mons. Patrick Chauvet ha vissuto in prima linea il terribile incendio del 15 aprile 2019, che ha distrutto una delle cattedrali più note al mondo. Testimone impotente della forza delle fiamme, il prete è stato subito soverchiato dalla forza dell’idea della fragilità, mentre vedeva il fuoco devastare un monumento che stava lì da 850 anni. Uomo di fede e responsabile di quella piccola-media impresa particolare incaricata di un patrimonio unico al mondo, mons. Chevet rilascia per i lettori una testimonianza toccante in occasione dell’uscita della sua opera “Notre-Dame d’espérance” [Nostra Signora della speranza, N.d.T.], per i tipi della Renaissance. Da principio, la pubblicazione era prevista per prima dell’incendio…

Di sicuro di fronte all’inevitabile, ai piedi di quel plurisecolare edificio testimone di guerre e rivoluzioni, l’uomo non poteva che sentirsi piccolo piccolo.

Sul sagrato il rettore – credetemi – viveva in sé questa fragilità dicendosi: «Ecco, sei a capo di questa cattedrale che se ne va davanti ai tuoi occhi: cosa ti vuole dire il Signore?». È vero che la mia prima reazione è stata: «Perché, Signore?».

Teologo avvertito e molto gettonato per i ritiri, il monsignore sa bene che raramente le risposte dal Cielo sono immediate. È l’umiltà che deve fare da guida tanto al rettore-arciprete di Notre-Dame quanto al fedele affranto o alla folla dei turisti che oggi depongono fiori ai piedi delle transenne che, per ragioni di sicurezza, impediscono l’accesso al sagrato della cattedrale tramortita.



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Un segno della nostra fragilità

Poi sopraggiunge un sentimento di impotenza spossessante, dapprima crudele – il rettore non ha mancato di versare lacrime sul disastro – ma un sentimento che progressivamente acquista senso per tornare all’essenziale della fede:

Quel che importa è che Notre-Dame sia nel nostro cuore. Il tempo dello spossessamento si rivela importante, perché questo edificio non appartiene ad alcuno. E se Notre-Dame è il frutto del lavoro degli uomini, esso è sempre stato a gloria di Dio. C’era forse un carattere un po’ troppo possessivo nel nostro rapporto con questo monumento: una cosa nostra, la nostra cattedrale…

Più che facili letture apocalittiche, rapidamente scartate dall’ecclesiastico, mons. Chauvet preferisce sottolineare alcuni segni come lo slancio di solidarietà internazionale, tutte le persone che sono venute a pregare, fin dal mezzo di quella notte fonda, ai piedi della cattedrale in fiamme, lasciando un messaggio di speranza. Ricorda il rettore:

Forse questa prova permetterà alla Francia, Paese di missione, di ritrovare le proprie radici cristiane. Può bastare un avvenimento come questo perché ci risvegliamo. A mio avviso è questo, l’Apocalisse, e non le paure millenariste.

Una cattedrale effimera

Mons. Chauvet desidera oggi stabilire un ponte fra la cattedrale i cui lavori sono in corso e il sagrato. Le cattedrali hanno sempre avuto bisogno di sagrati, luogo appartenente alla Chiesa ma pure aperto al mondo. L’idea di un santuario piazzato sul sagrato, semplice e orientato alla cattedrale con una riproduzione della Vergine della colonna ha così rapidamente preso forma.

Questa cattedrale effimera sarà destinata ad essere un luogo d’accoglienza con dei ceri, delle intenzioni di preghiera e la possibilità di deporre fiori. Ci sembra importante far uscire Notre-Dame sul sagrato così come una volta si faceva per le processioni con questa riproduzione della Vergine. Tale cattedrale effimera s’ispirerà all’immagine di questa statua della Vergine Maria che attende i suoi figli.

In questo spirito di continuità, fin dal 1o settembre, la chiesa di Saint-Germain-l’Auxerrois sarà il luogo della liturgia della cattedrale, mentre da parte sua Saint-Sulpice verrà riservata alle grandi celebrazioni (senza che alcuna delle due diventi con ciò “subcattedrale”).

Tempo di ricostruire

Mons. Chauvet si rallegra anche dell’implicazione degli specialisti chiamati a studiare il consolidamento e il restauro di Notre-Dame.

Si tratta di professionisti che hanno lasciato tutto per venire qui. Posso testimoniare come lo spirito di fondo che anima queste persone sia conforme a quello dei costruttori del Medioevo.

Dopo due mesi, la fase di consolidamento è ancora in corso. Durante l’incendio e la caduta delle volte, l’edificio si è mosso ed è stato reso più fragile.

I due collaterali al di sopra dei rosoni si sono inclinati, siamo quindi stati costretti a togliere le statue. Le torri hanno dovuto essere consolidate, specialmente quella a nord, che aveva preso fuoco. È stato necessario togliere le vetrate per collocare una plancia all’interno e una all’esterno, togliere il telaio – ingombrante e troppo fragile – liberare le pietre, il tetto che è bruciato, tonnellate di piombo… È un lavoro che dovrebbe durare fino alla fine di agosto.

A quella data, se la cattedrale sarà rimasta in piedi, la si potrà considerare definitivamente salva – «cosa che oggi possiamo presumere al 90%, ma non al 100%», precisa. Il tempo della ricostruzione non verrà che dopo questa fase di consolidamento, condotta da quattro architetti di cui uno specialista della cattedrale, probabilmente a partire da gennaio 2020. Mons. Chauvet precisa:

Non andiamo troppo rapidamente, ma quanto basta per proteggere l’edificio. L’importanza delle donazioni che abbiamo ricevuto ha permesso di evitare un certo numero di lungaggini amministrative e di commissioni. Poi saremo in grado di cominciare la ricostruzione vera e propria, che consisterà nel rifare le volte, le capriate, il tetto…

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]