Secondo un antico racconto sardo gliel’avrebbe lanciata un prete, scontento per il suo comportamento. Accadde a Nuoro, terra dove maledizioni e fatture rappresentano un fenomeno culturale!
Si racconta che il vescovo di Nuoro, durante le sue visite pastorali nelle parrocchie della diocesi, andò a visitare anche quella di San Pietro a Loculi, dopo essere stato in precedenza a Irgoli.
Questo ed altri episodi, tra realtà e leggenda, sono narrati da Marcello Stanzione e Neria De Giovanni in “Angeli e spiriti maligni in Sardegna” (edizioni Nemapress), un volume che affronta diversi aspetti della intensa spiritualità popolare sarda, un vero e proprio fenomeno culturale.
Tornando alla storia, l’allora parroco del paese di Loculi, Pride Costa, aveva preparato tutto per il meglio. Purtroppo il vescovo, non a vento trovato un’accoglienza in “pompa magna”, dopo aver fatto quanto previsto dal cerimoniale religioso, volle immediatamente partire per un altro paese, Galtelli, senza neanche sedersi alla povera mensa predisposta da Pride Costa.
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La caduta in acqua
Il vescovo, giunto col suo seguito presso il fiume Cedrino, salì sulla barca che doveva traghettarlo all’altra riva. Il fiume si gonfiò, inondando la piana, mentre la barca finì per capovolgersi e il povero vescovo cadde in acqua. A soccorrerlo arrivò provvidenzialmente ziu Nicola Sezze, che stava per attraversare il fiume nel vicino guado col suo carro a buoi.
Tutti capirono, compreso lo sconcertato vescovo, che si era trattato di qualche “maldessione” (maledizione, o sa maghia), lasciatagli da Pride Costa. Arrivò nella parrocchia di Galtelli completamente inzuppato e terrorizzato.
Le maledizioni
L’argomento delle maledizioni, sos males o sos zibidomines, e delle bestemmie in generale, è particolarmente vasto, testimoniato dal numero quasi infinito delle frasi caratteristiche, tratte quasi sempre dall’ambiente circostante: piante, animali, parti del corpo, e tanti altri.
Quando, per esempio, si augura a qualcuno su male ‘e sa icu, ci si riferisce al carbonchio, tipico dei bovini, dove il gas che si forma nei muscoli colpiti dall’infezione ha un odore simile a quello che emanano i fichi in putrefazione.
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Dalla tubercolosi all’afta
Su male finnicu è la tubercolosi, la frase significa letteralmente “Il male della fine (lenta)”, e vuole auspicare per il destinatario una lenta e dolorosa consumazione dell’organismo.
Ancu ti benzat su male ‘e sos riccos è forse una maledizione un po’ più benevola e forse anche più ornata, riferita alla gotta, dovuta alla troppa carne e al bere in abbondanza, un tempo associata a chi stava bene o forse troppo bene, rispetto a chi, al contrario, moriva di fame.
Su male ‘e sa buca (bocca) si riferisce all’afta epizootica.
Su male ‘e sas ungras è tipico di una persona avara, ma viene augurato anche a chi ruba. Quale migliore malaugurio da indirizzare ai tanti politici e amministratori del nostro tempo, affetti da un’anomala brama di denaro guadagnato anche illegalmente.
Deledda e le bestemmie “familiari”
Anche Grazia Deledda nella già ricordata ricerca di Tra- dizioni popolari del nuorese, si occupa delle bestemmie e delle maledizioni.
«A Nuoro le imprecazioni sono usatissime. Pare che il discorso, anche se affettuoso e familiare, non possa reggersi senza imprecazioni. Sono usate quasi come intercalari e il più delle volte vengono espresse senza alcuna cattiva intenzione!».
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