Ecco cosa pensava dei demoni la scrittrice, di origini sarde, che ha studiato il folclore locale sardo, molto condizionato dalla presenza del maligno
Anche una scrittrice del calibro di Grazia Deledda si è interessata allo studio dei diavoli nella sua regione di origine, cioè la Sardegna. La paura del demonio, quasi ossessiva, ha dato vita a centinaia di fiabe, leggende, superstizioni che il Premio Nobel per la Letteratura ha convogliato in alcuni suoi scritti per conto della Società italiana del Folklore.
Ne parlano Marcello Stanzione e Neria De Giovanni in “Angeli e spiriti maligni in Sardegna” (edizioni Nemapress).
Pastori e banditi
«Ogni fiaba ed ogni leggenda – dice la Deledda – è a base di tesori nascosti: e tradizioni antichissime indicano con precisione dei siti misteriosi nelle nostre montagne ove indubbiamente esiste dell’oro coniato. Ma il più delle volte questi siti – rocce o grotte – sono guardati con un vago terrore anche dagli uomini più forti e coraggiosi il cui fucile ha già segnato più di una vendetta – Perché, come ho già detto, si crede che molti aschisorjos sono custoditi dal diavolo, e in tal caso il posto è fatale, e sventura incoglie a chi penetra là dentro. Gli esempi abbondano: sono uomini morti di ferro poco tempo dopo aver passato una notte entro una di queste grotte; pastori che hanno perduto tutto il gregge di malattia misteriosa, banditi di cui non si trovarono che le ossa spolpate dalle aquile e dai falchi, giovinotti condannati innocenti alla reclusione a vita… E tutto per aver dimorato vicino a quei luoghi fatali».
«Più di un vecchio pastore, scampato miracolosamente dalle disgrazie, afferma di aver veduto il diavolo – prosegue la scrittrice – che assume forme umane o di animale. Nelle piccole montagne di Nuoro (…) v’ha una grotta misteriosa e profonda, di cui nessuno, si dice, abbia mai potuto esplorare l’immensità oscura che mette capo all’inferno. Un pastore si provò una volta a visitarla sino in fondo, ma vide i demoni e fuggì. Laggiù v’ha un tesoro immenso, miliardi e miliardi in oro e in perle, e una piccola dama che tesse sempre dell’oro, in un telaio d’oro, vestita d’oro e coi capelli d’oro, lo custodisce».
Il diavolo cervo
Il racconto su cui la Deledda ha concentrato la sua attenzione è però quello del “Diavolo cervo”.
«C’era dunque un pastore di Oliena, molto devoto e pio e perciò malvisto dal demonio che, riuscitegli vane tutte le tentazioni per condurlo al male, si vendicò di lui in questo modo. Nei giorni un po’ tranquilli il pastore, affidata la greggia ad un suo compagno, si recava alla caccia del cervo e del muflone su per i monti. Un bel giorno d’inverno, mentre cacciava, vide un magnifico cervo poco distante da lui: lo sparò, e lo ferì leggermente, ma non poté pigliarlo. E si mise ad inseguirlo».