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Grazia Deledda e le sue ricerche sui luoghi del diavolo

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 28/05/19

Ecco cosa pensava dei demoni la scrittrice, di origini sarde, che ha studiato il folclore locale sardo, molto condizionato dalla presenza del maligno

Anche una scrittrice del calibro di Grazia Deledda si è interessata allo studio dei diavoli nella sua regione di origine, cioè la Sardegna. La paura del demonio, quasi ossessiva, ha dato vita a centinaia di fiabe, leggende, superstizioni che il Premio Nobel per la Letteratura ha convogliato in alcuni suoi scritti per conto della Società italiana del Folklore.

Ne parlano Marcello Stanzione e Neria De Giovanni in “Angeli e spiriti maligni in Sardegna” (edizioni Nemapress).  

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Pastori e banditi

«Ogni fiaba ed ogni leggenda – dice la Deledda – è a base di tesori nascosti: e tradizioni antichissime indicano con precisione dei siti misteriosi nelle nostre montagne ove indubbiamente esiste dell’oro coniato. Ma il più delle volte questi siti – rocce o grotte – sono guardati con un vago terrore anche dagli uomini più forti e coraggiosi il cui fucile ha già segnato più di una vendetta – Perché, come ho già detto, si crede che molti aschisorjos sono custoditi dal diavolo, e in tal caso il posto è fatale, e sventura incoglie a chi penetra là dentro. Gli esempi abbondano: sono uomini morti di ferro poco tempo dopo aver passato una notte entro una di queste grotte; pastori che hanno perduto tutto il gregge di malattia misteriosa, banditi di cui non si trovarono che le ossa spolpate dalle aquile e dai falchi, giovinotti condannati innocenti alla reclusione a vita… E tutto per aver dimorato vicino a quei luoghi fatali».




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La grotta misteriosa

«Più di un vecchio pastore, scampato miracolosamente dalle disgrazie, afferma di aver veduto il diavolo – prosegue la scrittrice – che assume forme umane o di animale. Nelle piccole montagne di Nuoro (…) v’ha una grotta misteriosa e profonda, di cui nessuno, si dice, abbia mai potuto esplorare l’immensità oscura che mette capo all’inferno. Un pastore si provò una volta a visitarla sino in fondo, ma vide i demoni e fuggì. Laggiù v’ha un tesoro immenso, miliardi e miliardi in oro e in perle, e una piccola dama che tesse sempre dell’oro, in un telaio d’oro, vestita d’oro e coi capelli d’oro, lo custodisce».

Il diavolo cervo

Il racconto su cui la Deledda ha concentrato la sua attenzione è però quello del “Diavolo cervo”.

«C’era dunque un pastore di Oliena, molto devoto e pio e perciò malvisto dal demonio che, riuscitegli vane tutte le tentazioni per condurlo al male, si vendicò di lui in questo modo. Nei giorni un po’ tranquilli il pastore, affidata la greggia ad un suo compagno, si recava alla caccia del cervo e del muflone su per i monti. Un bel giorno d’inverno, mentre cacciava, vide un magnifico cervo poco distante da lui: lo sparò, e lo ferì leggermente, ma non poté pigliarlo. E si mise ad inseguirlo».

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PD

Il cervo, riporta la scrittrice, «balzava di rupe in rupe, velocissimo; ma il pastore non meno agile, si teneva sempre sulle sue orme, deciso a ucciderlo. Arrivarono così in cima della montagna. La neve copriva i picchi, le rocce, i precipizi; ma il cacciatore, esperto dei luoghi, continuava la sua caccia senza inciampare in una sola pietra, affascinato dal cervo meraviglioso, bellissimo, le cui corna ramate erano alte più di sei palmi. A un tratto l’animale sparì, improvvisamente, sprofondandosi nella neve. Il cacciatore raggiunse il posto e si trovò sull’orlo di una nurra spaventosamente profonda».

«Il cervo non si vedeva più – conclude la Deledda – ma dal fondo della nurra saliva un’eco tetra di sogghigni infernali. Il misero pastore comprese allora che il cervo era il diavolo in persona e cercò di fuggire, ma la neve su cui posava i piedi sprofondò e prima ch’egli si fosse fatto il segno della croce precipitò nell’immensità dell’abisso…».


CANDIDO AMANTINI

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Il ritrovamento dei soldi

Nel 1894 Il Premio Nobel pubblicò sulla rivista romana “Natura e arte” alcuni articoli con il ricavato delle sue ricerche etnologiche svolte nel nuorese

Prezioso e ricchissimo è l’inventario di credenze, leggende, rituali profani e riti sacri, metodi di medicina popolare, scongiuri e bestemmie, preghiere e giochi infantili, che la Deledda ci ha consegnato, tra cui il racconto di come i preti venissero considerati molto potenti anche per il loro presunto contatto “privilegiato” con i diavoli.

A questo proposito la scrittrice rammenta un episodio in cui lascia trapelare come la sua stessa famiglia sia stata in qualche modo beneficata dal ritrovamento di un denaro la cui provenienza era attribuita al commercio col diavolo da parte di un parente prete!




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I racconti del cugino

Anche Salvatore Cambosu, cugino in primo grado di Grazia Deledda, nato a Orotelli, vicino a Nuoro nel 1895 e morto nel 1962, nella sua opera narrativa e documentale, ci lascia riferimenti a questi tesori maledetti, sotto tutela del diavolo, in perfetto sincretismo pagano religioso.

Nel racconto Dal Vecchio al Nuovo testamento si legge il rispetto per ciò che è stato, anche se in tono un poco ironico: «Può essere rimasto solo Vincenzo Urru a parlare del diavolo che presiede all’oro e lo fa carbone. I figli sa no bene che tra oro e carbone corre stretta parentela”. E come non ricordare il carbone portato in dono ai bambini dalla Strega-Befana?».


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