Le ricostruzioni di Italia Giampà e del professore Marinelli sono agli atti del processo di beatificazione della mistica calabrese
Natuzza Evolo, la mistica calabrese morta in concetto di santità il primo novembre 2009, nelle sua lunga vita, non ebbe a che fare solo con gli angeli buoni, ma purtroppo anche con gli spiriti maligni.
Natuzza una volta si trovava in cucina a lavare le stoviglie. Su una credenza posta sul lavabo c’era un vasetto di vetro col coperchio. All’improvviso vide una mano che si avvicinava lentamente al vasetto. Natuzza pensa che sia la mano del figlio Franco. Improvvisamente il coperchio del vasetto le cadde su un dito della mano ferendolo con un’abbondante sanguinamento. “Che cosa hai fatto, dammi un po’ di alcool, grida Natuzza al figlio, che in quel momento non era neppure in casa. Ma mentre solleva gli occhi dalla ferita vede avanti a sé un uomo il quale, sghignazzando e in preda a grande gioia dice: “Ed ora te la tieni la ferita, brutta…”. Quindi quell’uomo scompare bestemmiando. La sua amica per oltre 60 anni Italia Giampà in un libro testimonianza edito recentemente da Mondadori dichiara: “Una delle cose più impressionanti, per me, era assistere alle molestie che Natuzza riceveva da parte del demonio”.
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“Mi ricordo – prosegue la testimone oculare dei presunti fatti straordinari – che una volta le sferrò un calcio violento sulle gambe e le caviglie sanguinarono all’improvviso, mentre lei invocava la Madonna di non lasciarla sola con la bestia. Istintivamente presi un fazzoletto e mi misi a tergere il sangue sulle gambe di Natuzza. Dopo vidi che si era formata una strana immagine, come di un volto spaventoso, quasi una maschera macabra, semicoperta da un simbolo a forma triangolare, molto vistoso. La guardai con aria interrogativa e lei mi disse soltanto, in dialetto: “Viditi? Chistu fu u demoniu! (Vedete? E’ stato il demonio a fare questo)”.Dapprima non mi spiegavo perché un’anima bella come Natuzza dovesse essere tormentata da satana, poi compresi che anche questo era un modo per testimoniare il trionfo della grazia sul male”.
Riguardo poi alle figlia di Natuzza, Italia Giampà testimonia: “Angela e Anna Maria, con gli anni, furono di grande conforto alla mamma nei momenti più difficili. Specialmente durante gli assalti del diavolo, per la madre la prova più dura, più dolorosa di tutte le fitte e i disturbi fisici, che pure dovette affrontare. Mi rammento la dolcezza e la tenerezza con cui Anna Maria, quando si presentava la tentazione, confortava la mamma, dicendole di non preoccuparsi, che tutto sarebbe finito e che lei era protetta”.
La Giampà poi riferisce: “Spesso il diavolo usava proprio i figli per fare paura a Natuzza, minacciandola di far loro del male. Salvatore, il primogenito, si era diplomato e aveva trovato lavoro in una banca di Messina: il diavolo glielo faceva vedere tutto maciullato per un incidente d’auto sulla strada di Paravati, dove tornava per i weekend”.
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Il diavolo era irritato contro Natuzza specialmente per l’aiuto che offriva ai preti. E tantissimi furono nel corso degli anni i sacerdoti in crisi o vacillanti che attraverso l’apostolato di Natuzza, si riavvicinarono al Signore con amore e fede, completamente risvegliati. “Mi rammento – dichiara la Giampà – in particolare, un pomeriggio, nella cappella della Madonnina a Paravati. Fra i tanti giovani, che come sempre arrivavano, ce n’era uno con i pantaloni neri e la camicia gialla, molto vistosa. Natuzza, col suo forte senso materno, sempre riceveva prima tutti ragazzi e poi gli altri. Così fece entrare quel giovane che i avevo notato ed evidentemente Natuzza lo mise a posto, ma con la dolcezza. Infatti, uscendo, e avvicinandosi nuovamente alla cappellina gli sentii dire, piangendo: “Pregate con me pure voi, siete testimoni che Gesù mi ha salvato, perché domani dovevo lasciare l’abito talare”. Era un sacerdote in incognito, che si stava lasciando traviare, Natuzza l’aveva sorpreso subito, riconoscendo il suo ruolo sacerdotale e parlandogli dei suoi problemi, senza che lui neppure aprisse bocca”. Questo perché, come sempre, vedeva l’angelo delle persone che si rivolgevano a lei e dalle creature celesti apprendeva i particolari delle varie vite. Particolari che erano in grado di parlare alle anime, consolandole e risvegliandole alla fede. Standole vicino, ho assistito anche alla sua sofferenza durante gli assalti del demonio”.
Una volta, testimonia ancora l’amica di oltre 60 anni, “ho sentito con le mie orecchie il tonfo mentre il diavolo, a me invisibile, le dava un calcio sullo stinco, dopo averla torturata con ogni mezzo, facendola anche sanguinare. Per fortuna, oltre a vedere e subire queste brutte cose, nelle medesime circostanze, forse come aiuto a sopportarle, riceveva le confortanti visite della Madonna e di alcuni santi. Come san Francesco da Paola, che le appariva spesso, specialmente in estate, quando lei si trovava in Sila”.
Italia Giampà è estremamente sincera e dichiara: “Se avevo dei dubbi, delle perplessità su questioni religiose, lei, nonostante fosse analfabeta, era in grado di allontanare da me ogni confusione e di ridarmi serenità e sicurezza. Rammento, in particolare, che per un certo periodo mi ero fissata sull’idea che il purgatorio e l’inferno fossero delle invenzioni, dei simboli insomma, ma che non esistessero. Nello stesso tempo avevo paura che queste mie convinzioni, che non avevo neppure il coraggio di esprimere con chiarezza, potessero dannarmi l’anima. Così un giorno decisi di parlargliene e lei rispose: “Non ci sono dubbi sull’esistenza del purgatorio e dell’Inferno e mi meraviglio che una persona così credente come voi mi porga un a domanda del genere. Ma, in ogni caso, il demonio ci tenta continuamente per attirarci nella sua trappola malefica”. Mi spiegò quindi che sia il dubbio sia la paura di averlo concepito erano ispirati da satana e che quindi occorreva, ancora una volta, porsi con umiltà davanti a Gesù e alla Madonna e offrire loro tutto, anche i nostri limiti, chiedendo aiuto e protezione contro il maligno. Le parole che lei mi disse mi tranquillizzarono moltissimo e all’istante”.
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(…) Comunque, innumerevoli volte, Natuzza ha dovuto subire le offese del demonio sia in pieno giorno che nello stato di veglia. Satana l’ha percossa e spinta per terra.
Il professor Valerio Marinelli, a questo riguardo, testimonia: “Il 20 settembre 1982, facendo una visita a Natuzza nel primo pomeriggio, la trovai molto pallida e dolorante. Le chiesi cosa avesse e lei mi rispose che era caduta per terra battendo col fianco, con la spalla e la testa, e sentiva tanto male, particolarmente al capo. “Avete inciampato negli scalini?”, le domandai. “No, sono caduta nella cappella”. Sembrandomi strano che fosse potuta scivolare nella cappella, le domandai: “Ma è stato il diavolo?” e lei, esitando a rispondere: “Sì, è stato lui, ma non lo dovete dire a nessuno. Non lo sa nemmeno mio marito. Avevo finito di ricevere da poco, verso le undici, quando mi è apparso e mi ha dato una spinta violenta ed improvvisa”. “C’è qualcosa di rotto?”. “No, ma ho la testa gonfia, dove ho battuto. Ho tanto male. Quella brutta bestia!” e mentre diceva queste ultime parole, mi accorsi che, per un po’, Natuzza pianse. Una singolare coincidenza è che, quello stesso mattino, io avevo ricevuto una lettera nella quale una signora mi comunicava che un sacerdote benedettino al quale avevano parlato di Natuzza, mentre faceva un esorcismo particolarmente difficile, perché il demonio resisteva, esclamò ad un certo punto: “Se non vai via, chiamo Natuzza e la faccio venire qui!”. A queste parole l’ossesso reagì duramente emettendo un alto grido”. Il professor Marinelli molto opportunamente osserva: “A quanto caro prezzo Natuzza paga, momento per momento, la sua opera di esorcizzazione che è, in ultima analisi, il suo lavoro quotidiano, perché spingere le anime verso Dio significa esattamente indebolire e vincere il potere che occultamente il demonio esercita sopra di noi”.
Certamente la presenza invisibile dell’angelo custode di Natuzza fu il maggior antidoto contro gli inganni e le astuzie di Satana contro la mistica calabrese.
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