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La creatività è (anche) femmina: radiazioni TAC ridotte della metà grazie a 2 donne ingegnere di Napoli

D'ANTO' E CARACOì

MICHELA D'ANTÒ E FEDERICA CARACÒ

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Paola Belletti - pubblicato il 21/05/19
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Michela D’Antò e Federica Caracò hanno vinto il Primo premio con il massimo dei voti della giuria tecnica per la seconda edizione del Health technology challenge, svoltosi a Catanzaro. L’Health Technology Challenge (HTC) è un’iniziativa per mettere mano con approcci innovativi ai tanti problemi che affliggono a volte sembra irrimediabilmente il nostro sistema sanitario. Come possiamo agire meglio, spendendo meno e con maggiore efficacia a beneficio dei pazienti?

Tra i 162 progetti presentati ad aggiudicarsi il Primo premio assoluto sono state Michela D’Antò e Federica Caracò, della Fondazione Pascale la prima e dell’Università Federico II la seconda.



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Sono due donne ingegnere e questa combinazione, pare, abbia sortito risultati superbi. Anzi no: pratici, utili a molti, geniali. Femminili? Nessun problema con gli stereotipi, da queste parti. Ma sono anche altre voci (di solito impegnate a sottolineare con matite puntute differenze tra i due sessi dimenticando forse l’alleanza di fondo) ad attribuire ai benefici tratti di questo progetto fattezze muliebri:

Il loro progetto garantisce una buona qualità di immagini con maggior sicurezza e minor invasività, riducendo del 40-60% la dose di radiazioni. Fare meglio con meno, roba, da sempre, di femmine. (Labodif)

Il grassetto è mio; il testo della pagina Laboratorio delle differenze

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Il premio è stato consegnato durante il XIX Congresso dell’Associazione nazionale degli ingegneri clinici (AIIC) che si è svolto a Catanzaro. Le due ingegnere di Napoli, Michela D’Antò, della Fondazione G. Pascale e Federica Caracò, dell’Università degli studi Federico II, hanno ottenuto il massimo punteggio della giuria tecnica e popolare con il progetto “Valutazione di un protocollo per la verifica delle funzionalità di un sistema di riduzione della dose installato su tomografi assiali computerizzati”. (Huffington)

Chissà se a loro, come pay off della loro invenzione, starebbe più a genio un ormai classico more is less o qualcosa di più partenopeo! Non importa. Conta il cuore di questo progetto che consiste nell’elaborazione di:

un protocollo per ridurre del 40-60% l’esposizione garantendo una buona qualità dell’immagine. Si tratta di un algoritmo che permetterà il collaudo di macchine di varie aziende e in diversi modelli in modo da poter effettuare le Tac a dosi ridotte. (Ib)

Le due professioniste sono partite dall’osservazione delle “abitudini diagnostiche” in uso nel nostro paese. E da chi più di tutti subisce gli effetti negativi di indagini che implicano l’esposizione a radiazioni: i malati oncologici.

Si stima che in Italia su oltre 40 milioni di esami radiologici effettuati ogni anno, circa il 44% sia prescritto in modo inappropriato e non sia strettamente necessario. I malati oncologici sono i più esposti a queste radiazioni durante la fase della diagnosi e nei continui controlli successivi, nel corso delle cure e dopo. (Ansa)


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E’ bello e confortante ammirare in azione una simile creatività, frutto di altissime competenze tecniche e di attenzione orientata ai bisogni di persone reali e vulnerabili. Complimenti allora anche dalla redazione For Her alle due ingegneri napoletane, accomunate da preparazione, professionalità e un curioso cognome tronco che mi fa pensare ad uno sbilanciamento in avanti anche del loro modo di pensare. D’Antò e Caracò non restano “sdrucciole”, non ce le vedo a dire “non è un problema mio”, questa cosa e a valle noi siamo a monte. Le vedo correre da monte a valle, attrezzate, esperte e cariche di umanità. E l’intervista rilasciata in occasione della premiazione sembra confermare l’impressione.


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