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In rete non cresce solo la violenza. Parole O_Stili, da un’idea di Rosy Russo

ROSY RUSSO
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Paola Belletti - pubblicato il 24/04/19
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Mamma di 4 figli, creativa, professionista della comunicazione, triestina: Rosy, per il lavoro che fa, ha iniziato a sentire il peso del clima sempre più ostile in rete; così una sera d’agosto, a valige fatte, si è fermata un attimo e si è chiesta: posso fare qualcosa per cambiare la situazione? Ne ha parlato con qualche amico e collega. Ad oggi l’hashtag #paroleostili ha raggiunto 25 milioni di persone. E il Manifesto ha già 26 traduzioni, quasi tutte volontarie.

Riesco a incontrare al telefono, su consiglio di Daniela Pavone e dopo pochissimi passaggi, la fondatrice di Parole O_Stili, un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole. Fin dai primi contatti, persino quelli più formali, buca dallo schermo insieme con le parole uno stile professionale e accogliente, umano e misurato. Le avevo preventivato 10 minuti, sforiamo largamente. Largo è anche il suo modo di rispondere; cioè, intendiamoci, Rosy è sintetica, essenziale (è una professionista ed una multimamma, soprattutto), ma non si risparmia. La passione che ha travasato in questo progetto dai sorprendenti esiti preterintenzionali si sente anche qui, al telefono. Lei è una professionista della comunicazione (Owner di SpazioUAU) che, per un caso e un’ispirazione (e anche per un atto di coraggio), si è trovata alla testa di una cordata di altri professionisti e al cuore di un’esperienza che – coglierete anche voi dalle sue stesse parole – è ben presto diventata corale; un’impresa, un’opera vivente che non è sua e sulla quale non intende piantare nessuna bandierina. Questione di stile!

 

Parole O_Stili è proprio il nome dell’associazione, e il Manifesto della comunicazione non ostile l’espressione più significativa di questo particolare movimento. Leggiamo dal sito:
Il potere delle parole: commuovono, uniscono, scaldano il cuore. Oppure feriscono, offendono, allontanano.
In Rete, spesso l’aggressività domina tra tweet, post, status e stories.
È vero che i social media sono luoghi virtuali, ma è vero che le persone che vi si incontrano sono reali, e che le conseguenze sono reali.
Per questo oggi, specie in Rete, dobbiamo stare attenti a come usiamo le parole.
Parole O_Stili ha l’ambizione di ridefinire lo stile con cui le persone stanno in Rete, vuole diffondere l’attitudine positiva a scegliere le parole con cura e la consapevolezza che le parole sono importanti.  Parole O_Stili

 

Non poteva che essere di una donna la sorgente di quest’opera, senza retorica. Noi donne con la parola ci campiamo, noi madri soprattutto che ripetiamo allo sfinimento le stesse cose, che insegniamo a parlare, che col tono e le sfumature sappiamo fare meraviglie (e anche  ferire in maniera chirurgica e crudelissima). La parola, il suo potere, la forza generatrice e distruttrice è la regina del web. Ma spesso diventa una tiranna incontrollata capace delle perfidie e delle violenze più atroci, perché scaturisce dal cuore e il cuore può offrire il bene o il male, si sa. E quindi che si  fa? Si mettono all’indice parole, espressioni, emoji? Si creano categorie di intoccabili? No. Si rimette al centro la persona con la sua complessità e ricchezza. Ecco forse è proprio questo: si tratta di una vera e propria ecologia, per un ambiente al cui centro sta proprio l’essere umano; non come il virus da debellare, ma come il vero unico giardiniere in grado di estirpare erbacce, addestrare apprendisti, diffondere tecniche, suggerire trucchi, immaginare innesti, potare siepi …sì ok questa metafora potrebbe continuare a perdita d’occhio. Invece è la voce di Rosy che voglio farvi ascoltare.
Rosy Russo, buongiorno e grazie di avermi così rapidamente dato la tua disponibilità. So che hai 4 figli, come me. La cosa mi consola subito! E credo che c’entri anche con la fondazione di Parole O_Stili (penso tra me).
Ti dico subito questa cosa: la mia figlia più grande, che usa il telefono razionato (ed è sempre una discreta lotta), qualche giorno fa mi ha detto: “Mamma il telefono mi toglie emozioni, non vedi?” (Ve lo confesso, gliel’ho raccontato per creare un bel clima, per mostrare le intuizioni dei più giovani, per sfoggiare anche io una bella idea).
Partiamo dall’origine del Manifesto e della fondazione stessa. In una notte d’agosto nasce l’idea, da una conversazione tra amici sollecitati da te, che lamentano sofferenza dello stare in rete a causa dell’aumento della violenza verbale. Ci racconti qualcosa di quell’inizio visto che negli inizi, come nei semi, c’è dentro tutto?
Sì, ho un’agenzia di comunicazione e per questo molte delle mie relazioni sociali avvengono online. Mi occupo anche della gestione di pagine social per diversi clienti; per questo con alcuni amici e colleghi ci siamo trovati a condividere uno stesso comune disagio, a tratti diventato quasi insostenibile, l’ostilità in Rete. E ad un certo punto, ormai due anni e mezzo fa, ci siamo chiesti se non si potesse fare qualcosa per migliorare la comunicazione online, eravamo sinceramente stanchi.
E così una sera di agosto del 2016, prima di partire in vacanza, scrivo su Messenger a tanti amici condividendo questo disagio e facendo una proposta: “Avete piacere di fare qualcosa per invertire la rotta?”. Quasi subito ricevo una risposta unanime. Su 70 messaggi inviati, 69 mi rispondono di sì, uno solo non si associa ma più per contingenza che per disaccordo. E così da quel primo scambio è nato e si è propagato un bellissimo entusiasmo. Se in tutto questo devo darmi un merito è solo quello di aver unito tante persone. Da questo turbine di passioni è nato il Manifesto della comunicazione non ostile, principale strumenti divulgativo della nostra associazione.
Mettiamolo subito, di modo che lo possano leggere e apprezzare (imparare? diffondere?) anche i nostri lettori:
MANIFESTO COMUNICAZIONE NON OSTILE

Fondazione Parole O_Stili

Parole O_Stili, il Manifesto della comunicazione non ostile in rete
Il Manifesto è nato grazie al contributo dalla Rete, chiedendo a professionisti e semplici utenti quali tratti virtuosi delle nostre interazioni online dovessimo valorizzare e utilizzare. Abbiamo così proposto alla community il tema e raccolto le risposte, i contributi; noi ci siamo fatti carico del lavoro di rielaborazione di quanto arrivato. Sono così nati i primi 23 principi, i quali sono stati votati online. Dalla votazione degli utenti e di un comitato scientifico composto da oltre 100 professionisti della Rete sono stati selezionati quelli che sono oggi i 10 principi che compongono il nostro Manifesto.
Avete usato la Rete nella sua forma più virtuosa, che è quella stessa che volete promuovere, giusto?
Sì, esatto. Abbiamo trovato tanto entusiasmo sia off che online. Nel 2017 quando stavamo organizzando il primo incontro a Trieste immaginavamo una piccola riunione tra amici e conoscente. Poi però, come dire, la cosa ci è sfuggita di mano e abbiamo trovato l’adesione di personaggi importanti come Laura Boldrini, Enrico Mentana e Gianni Morandi. È stato proprio quest’ultimo a presentare ufficialmente il Manifesto. Mi piace moltissimo Morandi, ormai è una vera e propria icona dello stare bene in Rete, quella che non perde mai la pazienza, che risponde con “stile” anche quando viene insultato. Per questo ad un certo punto mi sono decisa ad invitarlo. Poco prima della data prefissata ha richiamato (sì certo! All’inizio credevo fosse uno scherzo) per unirsi a noi. Non ha chiesto nulla, nemmeno un gettone presenza, nemmeno il treno per  raggiungere Trieste. Questo racconta molto bene lo spirito dell’iniziativa anche da parte dei big oltre che degli altri partecipanti.

 

Il 17 e 18 febbraio 2017 a Trieste, quindi, si è svolta la prima edizione di Parole O_Stili. Sul sito leggiamo:
Parole O_Stili si è presentata al pubblico il 17 e 18 febbraio a Trieste. Nel corso dei lavori la community di Parole O_Stili si è confrontata su linguaggi e comportamenti digitali. È stato presentato e firmato il Manifesto della comunicazione non ostile. Testimonial dell’evento, Gianni Morandi. Ospiti d’eccezione: la Presidente della Camera, Laura Boldrini e il Direttore del TG LA7, Enrico Mentana. E del “dopo” avevate idea? Cosa vi aspettavate?
Dopo quell’appuntamento nel febbraio del 2017 immaginavamo di ritornare alla nostra vita di prima. Non era nemmeno nelle nostre corde, un evento così grande. Ma dal 18 febbraio (il giorno dopo l’evento) il Manifesto ha iniziato a diffondersi con una velocità davvero sorprendente, che ci ha lasciati spiazzati.
Sì, i numeri delle condivisioni sono impressionanti, lo racconta anche Daniela Pavone al TedX

Sì, il Manifesto è diventato virale in pochissimo tempo. Si tratta di uno strumento apparentemente semplice, accessibile da tutti ma in modo diverso. È proprio questo il suo pregio più grande! Dietro questa semplicità però c’è stato un grande lavoro; abbiamo dedicato enorme attenzione ad ogni principio dietro i quali è sottesa una specifica categoria psicologica. Annamaria Testa, inoltre, ci ha aiutato a “mettere le virgole giuste” alle parole. Ad esempio il primo principio è il perno di tutto il Manifesto. Potremmo dire che il numero 1 è il numeratore e gli altri 9 sono tutti al denominatore.
Il numero 1, che dice “Virtuale è reale”. Perché così tanta enfasi su questo principio?
Come dicevo è il più importante e il fondativo di tutte le nostre relazioni online. È da questo principio, inoltre, che partono tutte le nostre attività di divulgazione e formazione che portiamo avanti attraverso la nostra Academy nelle aziende, a scuola e in tutto quei momenti in cui ci invitano a raccontare  il nostro progetto.
Cioè quello che serve è quindi non tanto un addestramento, un trasferimento di tecniche o di regole e divieti, ma una vera educazione, la cara vecchia educazione umana integrale, potremmo aggiungere. Possiamo dire che la violenza, l’ostilità in Rete che inevitabilmente deborda fuori dal virtuale, è un problema di educazione, di lavoro da fare proprio sulla nostra natura umana?
Questa è esattamente la chiave. Nelle aziende lavoriamo sulla cittadinanza digitale. Lavoriamo per far comprendere che quello che di noi raccontiamo sui social media, come persone, come genitori, dipendenti d’azienda ha ripercussioni, positive o negative, anche nelle vite offline. Non esistono due mondi separati ma un unico ambiente che non ha soluzione di continuità.
Perché proprio un Manifesto?Abbiamo sentito il racconto della sua nascita in Rete, ora ti chiedo: frutti tangibili? Qualche esempio.
Innanzitutto siamo già arrivati alla terza edizione del nostro incontro annuale. Quest’anno si terrà  il 30 maggio e il 1° giugno a Trieste con numerose novità. Ad esempio, la mattina del 31 maggio entreremo fisicamente nelle scuole triestine grazie alle testimonianze dei nostri ambassador che diventeranno “professori speciali”  per un giorno. Mentre nel resto d’Italia abbiamo istituito, proprio per la mattina del 31, un’ora di lezione sul Manifesto attraverso le nostre schede didattiche, ad oggi abbiamo già 20mila iscritti. Le schede didattiche, spiego per chi non sa, servono per lavorare in classe con gli studenti e sono nate da una semplice domanda: ma se tu – insegnante – dovessi fare un’ora di lezione con il Manifesto nella tua materia, come faresti? Grazie ai feedback del corpo docente abbiamo redatto 180 schede, per tutte le materie; in essa è indicato il principio al quale si ispirano, come gestirlo a lezione, che compiti a casa assegnare. In 9 mesi le schede sono state scaricate dal nostro sito quasi 50mila volte e ogni giorni di insegnanti entusiaste che le hanno utilizzate. Tornando al Manifesto vorrei aggiungere che è già stato tradotto spontaneamente dalla Rete in 26 lingue, che è stato d’ispirazione per moltissimi lavori scolastici anche fuori dall’Italia. Dal Manifesto sono nate delle canzoni rap, monologhi, giochi, app per smartphone,  addirittura tesi di laurea.
È molto confortante vedere la diffusione di uno strumento positivo, il contagio dell’entusiasmo. Siamo bravi, noi esseri umani, quando vogliamo. Ma vedi anche un rischio di questo lavoro?
Bè, quello di non essere all’altezza; ci sentiamo una grande responsabilità. Dobbiamo sempre restare aggiornati, non perderci nei nostri stessi pensieri e restare tra le persone. La fortuna del Manifesto è che è popolare nel senso più nobile del termine.
Per questo che intorno ad esso abbiamo organizzato  giornate di formazione gratuita per i docenti, sono nate cinque diverse declinazioni per diversi settori: aziende, istituzioni, kids, sport, scuola, politica, pubblica amministrazione. E tutto questo è nato spontaneamente, sempre in versione collaborativa.

E tornando al disagio di partenza, alla violenza in Rete: le donne sono davvero vittime più predisposte? Perché secondo te? Vorrei evitare del tutto di trasformare l’uomo nell’oppressore e dividerci tra buoni e cattivi lungo barricate che invece non ci sono. La donna pure ha grandi capacità di “violenza”. Però è vero che è più tipico dell’uomo “ridurre” la donna a oggetto. E anche questo avviene prima di tutto nel suo cuore, nella sua mente. Ma la chiave non sta nel cercare semmai di ristabilire un’alleanza?
Sì, di sicuro. Le donne oggettivamente sono più spesso vittime, bersaglio. Ci sono degli studi che dicono che dopo immigrati, gay, Rom ci sono le donne tra le categorie più prese di mira in Rete; è così, non è un luogo comune. Parlando della risposta del pubblico a Parole O_Stili  abbiamo un pubblico più di donne che di uomini. Le donne sono forse più sensibili nel voler costruire, credo sia una ricchezza e che possiamo davvero fare la differenza.
Dici in un’intervista che nasciamo già con questa inclinazione, questa capacità di essere ostili, feroci. Per cui non è la Rete che rende cattivi. Resta di fatto un problema di educazione e di natura umana, non abbiamo a che fare con un’altra specie antropologica insomma, siamo sempre noi. Ma forse è questione anche di prossemica, di distanze alterate?
È una sfida educativa. Ne sono convinta. Se tu insegni che certe cose non si fanno, allora non si fanno. Il problema è che l’odio nasce fuori, fuori dalla Rete. I problemi sono dentro l’uomo e tra gli uomini; i social amplificano e con dinamiche diverse li fanno precipitare. Il problema cardine sta fuori. (e dentro l’uomo! Ndr)
Mi ha colpito questa dichiarazione, la netta consapevolezza che noi nasciamo fatti per il bene, sì, ma anche con una inestirpabile inclinazione anche al male, alla ferocia. Aleteia è un portale cattolico, ha dell’uomo questa idea e sa che le persone oggi non sono strutturalmente diverse. Gli ingredienti e i veleni sono sempre gli stessi. E anche la possibilità di salvezza!
Anche io sono cattolica e non è un caso che Parole O_Stili esista. lo dico sempre ai miei figli. Con quattro figli muniti di smartphone è diventato sfidante per me capire come accompagnarli online e offline. E dall’altra parte da credente è naturale che il mio lavoro è anche una testimonianza. È un’occasione che mi è stata data.
Ultima domanda, promesso: come mai proprio 10 i principi? Una citazione vetero testamentaria?
No, dieci perché erano proprio tutti necessari.