Religiosa e mistica dei nostri giorni (classe 1914), racconta di aver dialogato anche con GesùSuor Erminia Brunetti era un’umile Figlia di san Paolo che, svolgendo il suo apostolato nel nascondimento in varie librerie del suo istituto, attuò la grande missione che il Signore le aveva affidato. Nacque a Castiglione dei Pepoli, nel Bolognose, il 17 maggio 1914, e fu battezzata nello stesso giorno col nome di Cesira. A quattro anni le morì la mamma, e fu affidata alla nonna materna, che la educò cristianamente ad una pietà autenticamente profonda e fiduciosa. Dopo le scuole elementari, a dodici anni, ebbe la percezione di presenza spirituali che, tuttavia, non vedeva. Il Signore stava preparandola ad una missione speciale, fornendola di particolari carismi. A 15 anni sentì la chiamata di Gesù ad una vita più perfetta.
L’occasione fu l’incontro con le Figlie di san Paolo, da poco fondate in Alba da don Giacomo Alberione. Entrò nel nuovo Istituto e, dopo un primo periodo trascorso a Bologna, fu trasferita ad Alba. Nel 1932 fu inviata a Palermo per iniziare l’apostolato. Non aveva ancora diciotto anni, ma aveva già uno speciale riscontro con il prossimo manifestandosi il carisma del discernimento dei cuori, così da dire a ciascuno la parola di cui aveva bisogno. Venne chiamata a Roma nel 1938 in occasione della professione religiosa, e fu allora che le fu imposto il nome: suor Erminia.
Trasferita a Pescara e poi ad Avellino, continua ad avvicinare le persone, facendo uso dei carismi che il Signore le aveva concesso, ottenendo grandi conversioni e inspiegabili guarigioni. Fu chiamata ad Albano laziale nel 1952, con l’incarico di aprirvi una nuova libreria. E qui incominciano ad accadere fatti straordinari. Il libreria si trovò spesso a contatto con sacerdoti che venivano per fornirsi di libri. Suor Erminia percepiva chi era in difficoltà e chi aveva male la propria vocazione. Le sembrava di poter leggere nell’anima della persona con cui parlava. Soffriva enormemente per coloro che non erano a posto con Dio, e si sentì come ispirata ad offrire la sua vita per loro.
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Fu in queste circostanze che sentì la voce di Gesù che le disse: “Offri la tua esistenza per i sacerdoti. Così mi aiuterai a redimerli”. Da quel momento capì la grande missione di madre spirituale dei sacerdoti per la quale il Signore la voleva; missione che divenne uno dei cardini del suo apostolato fin all’ultimo respiro. Da Albano suo Erminia fu trasferita a Mantova, e poi da qui a Catanzaro e a Ravenna. Fu in questa città, nel 1968, che udì di nuovo la voce del Signore, che la chiamava ad una nuova missione: “D’ora in avanti non accetterai nel tuo istituto altri incarichi, perché ho preparato una missione per te e te la voglio affidare. Tu diventerai strumento nelle mie mani e ti dedicherai all’opera di misericordia di mio padre. Egli vuole salvare tutti, anche gli insalvabili”. E, di fronte alle difficoltà esposte da suor Erminia, Gesù la incoraggiò: “Questa è l’Opera del padre mio; non badare a quello che ti dicono. Va avanti”. Così ebbe inizio l’Opera di misericordia del Padre Celeste, che ha lo scopo di mostrare all’umanità la misericordia del Padre che vuole salvare tutti, vivi e defunti, anche l’insalvabile. A questo scopo il Signore volle fosse esentata da ogni incarico nella sua comunità e cessare altre attività. Alla fine del 1980 venne trasferita a Rimini. Qui poté svolgere in pieno la sua nuova missione per la quale fu arricchita di nuovi carismi, fra cui quello di vedere le anime purganti per pregare per loto, nonché di riconoscere le presenze degli spiriti maligni nelle persone e negli ambienti , nonché la capacità di scacciarli. la sua giornata era intensissima. Incominciava col ricevere le persone che provenivano un pò da tutta l’Italia, e talvolta anche dall’estero. Durante l’incontro collettivo, esponeva la Parola di Dio, aggiungendo una catechesi appropriata che corredava con una preghiera in comune. Poi riceveva individualmente le persone. Così nel pomeriggio.
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Con questo ritmo andò avanti per quasi quindici anni. Spesso avvenivano conversioni straordinarie, guarigioni inspiegabili, liberazione da spiriti immondi. per questo scopo, spesso le bastava solo un ecco comando: “Vattene”, faceva un segno di croce sul posseduto e il demonio era costretto a fuggire.
Davanti a un bene così largamente profuso, anche se svolto nel nascondimento e lontano dai rumori della stampa, il demonio fremeva e colpiva suor Erminia con continue vessazioni, fino a darle l’ultimo spintone che la fece cadere in malo modo, e determinò la causa finale della sua morte. Dopo vari ricoveri ospedalieri, essa i spense il 5 settembre 1996 ad Albano, nell’ospedale Regina Apostolurm delle Figlie di san Paolo, lasciando in chi l’aveva conosciuta personalmente il ricordo della sua affabilità, inconfondibile dimensione di un’anima che spese tutta la sua vita per far conoscere le abbondanti ricchezze della misericordia del Padre Celeste. La suora paolina aveva una particolare devozione per le anime purganti. Un fatto straordinario le capitò mentre si trovava a Teramo per svolgervi la sua missione di “propaganda”.
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Come sempre, vi era andata insieme con una consorella. Dovevano incontrare il vescovo, il quale avrebbe indicato loro il posto dove alloggiare. Ma il vescovo era assente, perché ricoverato in ospedale. Mentre si aggiravano per la città non sapendo a chi rivolgersi, suor Erminia udì una voce che le diceva: “Vai in chiesa. Invoca l’anima più abbandonata del purgatorio, prega per lei ed essa ti dirà che cosa devi fare”. Si diressero in duomo per fare la loro quotidiana ora di adorazione. Quando uscirono, una donna si avvicinò e domando loro: “Cercate alloggio?”. Suor Erminia pensò che si trattasse di una persona curiosa, e suggerì alla consorella di lasciar perdere e proseguire la strada. Ma quella donna la seguì dicendo: “Prima cercate l’aiuto di Dio e poi, quando ve lo manda, non ci credete!”. L’ascoltarono: “Andate dalla moglie di “don” Peppino, quello che è stato per ventiquattro anni in America”, disse “durante la comunione, questa mattina, ha pregato il Padre celeste di mandarle qualcuno a casa, perché vuole fare delle opere buone. Il Signore ha stabilito che vi andiate voi”. Suor Erminia, intanto, cercava di toccarla, ma era come toccare l’aria. poi quella donna disparve.
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Le due suore rimasero strabiliate, anche perché la donna non aveva indicato loro dove potevano incontrare la signora di don Peppino. Suor Erminia disse alla consorella, che era rimasta silenziosa per tutto il tempo: “Domandiamo alla prima donna che incontriamo, se lei è la signora di don Peppino. Tu’al più penserà che siamo matte!”. Cos’ fecero. Poco dopo videro una donna nel portone di un palazzo che parlava con un’altra affacciata alla finestra di fronte. Suor Erminia le domandò: Scusi, è lei la signora di don Peppino?” . Quella si girò di scatto verso di loro: “si”, rispose, “chi vi manda?”. Suor Erminia soggiunse: “Ci manda una donna che noi non conosciamo. Siamo nuove di qui. Ci ha detto che la signora di don Peppino, il quale è stato per ventiquattro anni in America, questa mattina, nella comunione, ha chiesto al Signore di mandarle qualcuno a casa perché vuole fare delle opere buone. E il Signore ha stabilito che venissimo noi”. E lei: “Oh, Dio mio, è vero questa mattina ho proprio detto questo! Suore venite”.
Le suore entrarono in casa ed ella offrì loro il caffè. Voleva sapere chi fosse quella donna che le aveva indirizzate, ma loro non sapevo dirlo. mentre sorbivano il caffè, il loro sguardo cadde su una fotografia lì esposta: “E’ quella signora lì”, dissero, “che ci ha mandato!”. Si trattava della governante della signora, che era morta, un anno prima, nel sanatorio di Teramo. la signora capì che davvero quelle suore erano mandate da Dio. Rimasero presso di lei per due mesi. E dopo, ogni qual volta tornavano a Teramo per la propaganda, si fermavano in casa sua, trattate sempre come figlie. Con la preghiera, ella ottenne altre conversioni e anche guarigioni. Sembrava proprio che il Signore la esaudisse sempre, specialmente quando pregava per le anime purganti.
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Un altro fatto lo conferma. Volendo pregare per un cognato che non riusciva a trovare lavoro, cominciò a fare una novena per l’anima del purgatorio più abbandonata, perché il Signore le desse riposo e pace. Nel frattempo, si trovava – con una consorella – in un paese per la missione alle famiglie. Abitavano in una casa isolata, che era stata messa a loro disposizione per il periodo della loro permanenza apostolica. Una mattina, svegliandosi, le venne il dubbio circa i giorni della novena per quell’anima, e con la mente, le chiese di farle capire quanti ne mancavano ancora. Appena formulata la domanda, sentì quattro colpi decisi alla porta. Anche la consorella li sentì, ma non sapeva della richiesta di suor Erminia. Questa, allora, sempre con il pensiero, domandò se quei colpi fossero la risposta alla sua domanda. Sentirono un catenaccio cigolare e una vecchia porta aprirsi, poi videro avanzare una giovane donna dall’aspetto molto sofferente. Aveva un colore cereo, i capelli sciolti sulle spalle e il volto rivolto in alto. Le due suore furono prese da grande spavento.
Suor Erminia provò a interrogarla con il pensiero ed essa rispose. Era morta dopo una festa da ballo: sudata, aveva preso freddo e una polmonite l’aveva portata alla tomba. La madre, non essendo credente, non aveva fatto celebrare per lei nemmeno una Messa. nessuno mai aveva pregato per lei. Suor Erminia era stata la prima a farlo. Intanto la consorella, spaventa, cercava di fuggire dalla finestra, perché quella ragazza si era messo proprio davanti alla porta dove dovevano passare. Suor Erminia le disse: “Se non lasci passare, non possiamo andare a messa a pregare per te”. Quella scomparve ed esse poterono scendere. ma la ritrovarono in fondo alla scala e di nuovo furono prese da spavento. Non le voleva lasciare, perché temeva che la dimenticassero. Finalmente, tremanti come foglie, poterono uscire. Non raccontarono la cosa ad alcuno, ma la compagna di suor Erminia si era talmente spaventata che non volle più uscire con lei. Suor Erminia interpretò questo fatto come una conferma da parte di Dio: la preghiera e i sacrifici offerti per le anime purganti hanno grande valore.
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A Mantova, la comunità aveva preso in affitto una casa in Piazza Sordello. La padrona di casa, vedova da anni, pensava difficilmente a compiere opere buone. Suor Erminia le andava ripetendo: “Si faccia celebrare delle messe mentre è in vita. Dopo morta, chissà, può darsi che i suoi parenti non pensino a farlo!”, ma lei non l’ascoltava perché riteneva di avere ancora molti anni da vivere. Intanto, la signora stava facendo una cura di iniezioni, quando una di esse le andò in suppurazione.
Si ricoverò in ospedale, certa che si trattasse di una cosa semplice e invece, nel giro di quindici giorni, il Signore la prese con sé. Una sera, mentre suor Erminia stava facendo i conti della libreria e desiderava non essere disturbata per fare più in fretta, si accorse che una sedia, vicino al tavolino dove stava lavorando, si muoveva avanti e i dietro. Lasciò che si muovesse tre o quattro volte e poi domandò: “Chi è che fa muovere questa sedia?”. Udì allora la voce della padrona di casa risponderle: “Sono la padrona di casa. Aveva ragione lei quando mi raccomandava di far celebrare delle messe per me. Nessuno, ci ha pensato e sono già trascorsi venti giorni da quando sono morta. Dica ai miei parenti di fare celebrare delle messe. Ah, se avessi saputo!”. Suor Erminia rispose: “Volentieri pregherò per lei. Ma lei quando era in vita non voleva sentir nulla della vita eterna”. “Sono pentita”, rispose, “dica al Signore che mi perdoni! Ho tanto attaccata al danaro, e adesso nemmeno una lira ho portato con me!”. Suor Erminia pregò per lei e raccomandò ai parenti di far celebrare delle messe per la sua anima.
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