L’omelia pronunciata da don Fabio Rosini durante la Messa del primo capitolo del Monastero Wi-Fi del 19 gennaio scorso a San Giovanni in Laterano. “Se Dio ti ha chiamato alla vita è perché senza di te non si può fare”.Grazie a Sofia Pallisco che l’ha sbobinata per noi, possiamo mettervi a disposizione l’omelia di don Fabio Rosini, quella della Messa del 19 gennaio a San Giovanni in Laterano. L’ho ascoltata e riascoltata, ma ogni volta mi commuovo. Veramente da tatuarsi sulla fronte.
Che cos’è la vita spirituale?
Ma che bella parola che la Provvidenza ha preparato per noi, è quella del giorno, non l’abbiamo scelta! Dopo aver sentito parlare una monaca, di quelle vere, mi permetto di aggiungere una sola cosa; dunque che cos’è la vita spirituale? Questo della vita spirituale è assolutamente fondamentale, cioè come si fa a non prendersi cura della vita spirituale? Tutti dovrebbero essere aiutati in questa sfida qui che voi state abbracciando e noi sacerdoti dovremmo essere maestri di vita spirituale molto più che manager o cose varie che a volte finiamo per essere, o gente piuttosto frettolosa o impicciata che noi sappiamo essere.
La vita spirituale non ha regole ma ritmi
Ecco, ma che cos’è la vita spirituale? La vita spirituale è il contatto del tuo spirito con lo Spirito Santo, ovvero è una cosa molto importante. Noi siamo fatti – secondo San Paolo e secondo i padri della Chiesa – di tre zone, cioè noi abbiamo tre parti di noi, fondamentalmente: abbiamo il corpo e tutta la sua sensibilità che è l’interfaccia con il mondo, poi abbiamo una psiche, che è una seconda fascia che è la fascia della consapevolezza, lì ci sta l’intelletto, i pensieri, i sentimenti; sta tutto lì nell’intelletto! Per come siamo stati formati – o meglio – per come il mondo pensa che siamo stati formati, ci dovremmo fermare alla psiche, invece no. C’è un’altra parte, c’è la parte più profonda, questa parte si chiama spirito. Ed è interessante che i padri della Chiesa si chiesero se questo spirito che abbiamo dentro – che è la parte più profonda con la quale non si entra in contatto sempre, perché bisogna saperla accogliere, è molto profonda – sia con la “s” minuscola o con la “s” maiuscola? E la risposta è: tutte e due. Sei tu, ma è lo Spirito che abita in te. Insomma, per capire la vita spirituale bisogna stare attenti a un rischio – visto che ho l’occasione di darvi qualche consiglio, vi do un consiglio – la vita spirituale non ha regole, ma ha ritmi, che è diverso. Le regole in genere finiscono di diventare degli ideali frustranti, finiscono per essere delle ipotesi. Costanza – nel suo libro – dà ampiamente testimonianza di tutte le sue esperienze fallimentari. La cura della vita interiore richiede di stabilire dei ritmi, non delle cose che ti strizzano. Con dei ritmi, tu sai che hai una scadenza. Quando qualcuno mi dice che sta facendo i vespri e sono le due di notte, forse ha un ritmo sbagliato. Insomma si può anche fare che i vespri li dici molto tardi, ma il problema è questo: che tu stai dentro ad una cosa e alla fine – come il mio medicinale per la prostata – alla fine lo devo prendere! Ad un certo momento, lo dovrò prendere! Questo è il punto, se mi sono dimenticato il medicinale per la prostata è un problema, ecco! Questo è importante perché altrimenti entriamo in una frustrazione.
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La parte più profonda di noi? lo spirito!
Qui la prima lettura diceva una cosa spaventosa: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito”. […](Eb 4,12) Ci ha beccato! L’anima noi pensiamo che sia la cosa più profonda, invece no! Perché qui l’anima è più genericamente l’animo umano, qui come lo intende la lettera agli Ebrei. E lo spirito è quella parte profonda che sta là dentro e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. “Penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla” […] (Eb 4,12 ) Che cosa sono le giunture e le midolla? Le giunture sono quella parte dell’articolazione che è il punto in cui due ossa giungono, si uniscono, quella parte che resta nascosta dell’articolazione, quella che non viene mai allo scoperto. Perché se viene allo scoperto, si è rotta. Mentre le midolla – il midollo è la parte interna dell’osso, dove ci sta la vita dell’osso, quindi la parte nascosta – sono una cosa nascosta. Ecco, la parola di Dio arriva e va a toccare quello che è recondito.
Non sei i tuoi pensieri, non sei la tua struttura psicologica!
Perché sto facendo tutta questa ramanzina? Perché – sei mi posso permettere di darvi un consiglio – vi invito a stare attenti a una delle cose molto importanti da fare. Nella vita spirituale, infatti, è importante distinguere dentro di sé due livelli: l’ “Io” e l’ “Ego”. L’Ego è una struttura interna che è il frutto di tutti i casini che abbiamo vissuto, è la nostra struttura psicologica, è la nostra consapevolezza di noi stessi. E la notizia è questa: tu non sei quella roba lì! Quella è una struttura; c’è un “Io” più profondo. Non ti confondere con le tue metereopatie, non ti confondere con la tua educazione e le tue tecniche di sopravvivenza, non ti confondere con la tua struttura psicologica. Dice un mio amico psicoterapeuta – una cosa che spiritualmente parlando è ancora più vera – che la salute mentale è la disintonia da se stessi. Non assolutizzare quello che pensi, chi assolutizza quello che pensa si chiama superbo. Chi assolutizza quello che gli va, si chiama goloso. Chi assolutizza la propria percezione della relazione con gli altri, si chiama invidioso e potrei continuare. C’è un “Io” più profondo. Ho avuto la ventura e la grazia di conoscere e avere intorno in parrocchia, Chiara Corbella Petrillo e lei diceva una cosa: ”Dio ti dice la verità nel fondo nel cuore e tu non ti puoi sbagliare”. Ecco, dove te la dice la verità? Nel profondo, nello spirito. Allora c’è un posto dove noi ci percepiamo e andiamo sempre per uno – a Roma si dice così- come quando a tombola ti manca un numero e tu stai lì che non fai mai tombola e vai per uno e ti manca sempre un pezzo. Ecco, andiamo sempre per uno! Siamo sempre un po’ insoddisfatti di noi stessi, ci sentiamo una schifezza, abbiamo sempre da ridire, siamo sempre un po’ brontoloni, tristanzuoli o cose di questo genere e ci perdiamo. Ma io non sono quello. Tu non sei quello. C’è qualcosa di più profondo. Un monaco, “monos”, è diventato uno, è una persona che ha iniziato a liberarsi di se stesso, liberarsi di quella struttura psicologica, per venire a contatto con che? Vediamo di ascoltarla, perché questo è il luogo dove proclamarla. Quando entri nella liturgia eucaristica, sei tu fino in fondo… E cosa sei? Prima di rispondere, guardate una cosa: guardate come è fatta questa basilica, questa cattedrale. Prima era fatta in un’altra maniera, poi è stata rifatta in un altro momento, hanno preso l’abside e l’hanno spostato, cosi da poter ospitare il “Monastero WI – FI”.
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Ci spetta stare con i santi
Laggiù c’è il volto bello e sereno di Gesù. In tutte le chiese medievali – quelle vere – ci stava il Pantocrator, che non è una cosa per disegnare, ma è colui che ha tutto il potere. A Gesù è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Poi c’è una scena in cui sta Maria, Giovanni il Battista, i santi, – più piccoli e più grandi – ci sono scene che parlano della vita Eterna. Nel primo millennio, mai in nessuna chiesa si metteva la croce in fondo, iniziarono i francescani a mettere la croce sospesa in mezzo all’aria sopra l’altare, indicando che il passaggio era quello. Ma in fondo, perché sarebbe questa la struttura essenziale della chiesa? Sapete che, per esempio, qui ci sono dodici porte per entrare nella Gerusalemme Celeste. Quando entri qua dentro sei nella Gerusalemme Celeste, quando entri in una messa sei in una Gerusalemme Celeste. Sapete che succede? Che è come se questo altare – che è il luogo del sacrificio – rappresenti il punto di passaggio di una stessa realtà: noi siamo il Corpo di Cristo! Un pezzo qua, un pezzo là. E quando siamo nella liturgia, noi diciamo che cantiamo insieme agli angeli e ai santi; il santo lo cantiamo tutti insieme, ci sta San Francesco, ci sta anche padre Pio, ci sta pure San Benedetto, San Pietro, San Paolo, stanno tutti insieme, stiamo tutti insieme perché quello è il posto nostro. Mi spetta di stare con i santi, perché ci spetta di stare con chi è salvato. Perché quando stai nella liturgia eucaristica, stai con chi ha la vita e ti spetta di avere la vita. E vi spetta a voi di essere dei cristiani che hanno la vita, per dono, per grazia, non perché sei forte, anzi è questo il Vangelo di oggi. Gesù mangiava con i peccatori. Ho detto miliardi di volte questa battuta e la dico anche a San Giovanni in Laterano. “Perché Gesù mangiava con i peccatori? Perché con i peccatori si mangia meglio!” Il punto è che quando io sto nella liturgia, io sto in quel pezzo di cielo che è qui sulla terra. A me mi spetta di essere un corpo solo con Gesù Cristo e infatti me lo mangio. Lui viene da me: io sono suo e Lui è mio. E celebro una sponsalità meravigliosa; lo stesso corpo io e lui e qui ci sta qualcosa che sta in quello spirito. Nel tuo spirito c’è un’intuizione di te stesso/a molto bella, nobile. La verità è che in te c’è una bellezza unica e che proprio a te spetta di essere una cosa con Gesù Cristo. La verità è che tutto quello che fai: i disastri, i macelli, i ritardi, le cose che si rompono, non valgono niente. Tu sei una perla preziosa.
Se Dio ti ha chiamato alla vita è perché senza di te non si può fare
Non mi potrò mai dimenticare che quando ero un giovane prete, un ragazzo – un mio collaboratore – spiegò in maniera diversa la liturgia da come la pensavo io. Spiegò la parabola della perla preziosa. “il Regno dei cieli è come un mercante di perle (un argomento che alle donne potrebbe interessare) che, trovata una perla di grande valore, va e vende tutti i suoi averi per comprare quella perla”. Allora io l’ho sempre interpretato cosi: “Certo, se trovo Gesù Cristo, mollo tutto per lui”. Lui disse “No! Veramente la perla sei tu e Gesù Cristo è il mercante. Lui ha dato tutto se stesso per comprarti, tu vali molto! Tu sei la perla di Gesù Cristo”. Dillo anche tu al tuo cuore, perché il tuo cuore questo sa, nel profondo dell’anima di ogni bambino, di ogni uomo, di ogni anziano. Questa cosa, di solito, la facciamo diventare un macello, una contraddizione di noi stessi, non ci piacciamo, la facciamo diventare superbia, depressione. Ma questa cosa te la sa dire bene solo Gesù Cristo. Questa te la sa mettere nel cuore solo lo Spirito Santo. Questa è l’intuizione del padre. Che ti guarda e dice esattamente a te come l’hai detto a suo figlio Gesù Cristo, quello che abbiamo sentito domenica scorsa: “Tu sei mio figlio, in te io provo gioia”. Sennò non ti avrebbe creato, non si è sbagliato! Ti puoi sbagliare tu, ma lui non si sbaglia. Se ti ha chiamato alla vita è perché senza di te non si può fare.
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Di te non si butta via niente: per Gesù Cristo sei roba buona!
Allora una cosa bellissima è questo Vangelo che parla di uno sguardo, parla proprio di questo. Gesù esce di nuovo e passando vide Levi seduto al banco delle imposte. La vita di Levi è una vita zozza, incasinata, un macello… perché fa il pubblicano. E che vuol dire che fa il pubblicano? Vuol dire che riscuoteva le tasse facendo guadagno con la cresta sulle tasse. Già era uno zozzo perché collaborava con i Romani contro il suo popolo e il suo guadagno consisteva nel chiedere 150 se i Romani gli dicevano di prendere 100 e prendersi quello che avanza. Levi era servo di un’oppressione, viveva in un’ambiguità. Gesù Cristo lo guarda e gli fa capire che non non si butta via niente, che lui è roba buona. Ho fatto tante volte un esempio e lo ripeto; se tu vedi un ragazzo ventenne che non fa niente dalla mattina alla sera, sta sempre a divertirsi, sta sempre a fare festa, non arriva da nessuna parte e qualcuno dice di buttarlo via perché non ci si fa niente con un ragazzo così, devi stare attento perché stai buttando via San Francesco D’Assisi. Dio lo sa che quello è San Francesco d’Assisi, non ti preoccupare! Tu non guardare come pensi. Oppure trovi una persona che si è presa una malattia venerea – che non è che si prenda andando a messa – è andato dai frati e i frati neanche lo hanno voluto perché era malato e aveva questa malattia. Allora è andato a Roma a curarsi perché nessuno se lo prendeva. Ma che ci facciamo con questo che ha questi vizi, queste abitudini? Buttiamolo via. Macché butti via! Si chiama San Camillo de Lellis e poremmo raccontare la storia di molte persone che tu diresti, che ci facciamo con questo? Ecco. Lo sa Dio che ci facciamo. Ci fa cose grandi. E così Gesù guarda Levi e sa chi è.
Disobbedisci al fariseo che hai dentro!
Nell’eucarestia io sono sempre messo qui a fare queste cose, a celebrare, non me lo sarei mai dato questo ruolo! Io non mi sarei mai accordato questa vita, ma lo sa lui chi sono e io vengo qui a celebrarlo. Allora ci sta questo pasto con i peccatori; ma perché beve e mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori? – dicono i farisei e gli scribi. Allora è una cosa esterna? No! È una cosa interna, non solo esterna! Dentro tutti quanti abbiamo un fariseo che ti dice: a quest’ora si prega? Vergognati! Tu a messa? Ma vai alla discarica che è il posto tuo! Tu sei troppo sporco, tu sei troppo storta, troppo debole e Gesù dice “veramente a me mi interessa proprio questo poveraccio!”. A me sembra che dica: “beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”. Disobbedisci al fariseo, al torturatore e all’aguzzino interiore che abbiamo tutti. È quella cosa per cui non sarai mai contento di te stesso. È quella cosa per cui ti sembrerà sempre che prima o poi ti scoprono. E ti buttano via. E prima o poi ti diranno: senta ma è lei… Fuori! Lei qui non ci può stare. È quella cosa per cui lei dice, no non può essere! Dio non può essere che sta con te. Guardate che se abbiamo contatti con l’abisso della nostra povertà, tutti siamo totalmente incapaci di stare all’altezza di questo rapporto. In questo rapporto ci si sta per grazia, dal Papa in giù tutti siamo peccatori davanti alla mensa e chi non lo è, è solo un ipocrita che non ha contatto con se stesso, che ha perso contatto con la propria povertà.
Tu sei il corpo di Cristo
Allora, lasciamo che l’eucarestia ci dica la nostra verità. Che questo momento si fotografi, fotografati questa giornata e tutte le tue giornate. Ad esempio questo momento, in questo momento dove stai? Chi sei? È anche divertente e rocambolesco sapere come siamo finiti qua. È una grazia di Dio. Per dire, guarda, sei nella chiesa madre di tutta la Chiesa cattolica, c’è una festa per celebrare la consacrazione di questa chiesa. Pensate un po’ voi! Tutto il mondo deve fare una liturgia per sapere questa chiesa quando è stata consacrata, questa chiesa qui. Tu sei qui. Tu sei il corpo di Cristo. Tu sei un pezzo del cielo e quando non accogli questo, stai mentendo su te stesso. Tu sei il corpo di Cristo. Tu sei la Chiesa.
Sia lodato Gesù Cristo.
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