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Vita di coppia: una sana distanza è liberatoria per entrambi

COUPLE RELAXING
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Sophie Lutz - pubblicato il 15/02/19
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La ricerca della giusta distanza nella coppia può rivelarsi complessa. Tra le ferite e i temperamenti di ciascuno dei due, talvolta è difficile trovare un giusto equilibrio, che pure è utile da diversi punti di vista.

Un giorno stuzzicavo una coppia sulla possibilità di disaccordo tra loro due. E lui mi ha bloccato al volo: «Non riuscirai a mettere neanche uno spillo tra noi due!». Difendeva la loro unione a rischio di rigettare la differenza. Questione sensibile, quella della distanza tra due persone che si amano… Parlare di distanza può inquietare quanti hanno vissuto un abbandono, una separazione o una rottura. Lo fanno tanti. Conservare o instaurare una distanza diventa terrorizzante per quelle persone, perché associano la parola alla paura di essere rigettati o di suscitare indifferenza. E ciò li traumatizza.

Ferite da risanare

A fronte di questa paura, si oscilla fra due attitudini paradossali, entrambe protettive: tenere l’altro a distanza credendo di preservarsi da una nuova ferita, ma ponendo così le condizioni per riviverla; oppure soffocare l’altro mostrandosi possessivi all’eccesso per paura di perderlo. Sono comportamenti difficili da riconoscere e da correggere, perché questo necessiterebbe che la ferita in questione sia in qualche modo disinfettata. Il risanamento richiede molto tempo, necessita un dialogo paziente, umiltà, forse delle richieste di perdono, alle volte un accompagnamento.



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La questione della giusta distanza potrebbe anche definirsi la questione della giusta prossimità. Così ci sono delle stanze che sono delle fughe, per paura o mancanza di dialogare, o per senso di soffocamento davanti a un coniuge troppo possessivo. Per esempio, quale ragione mi spinge a preferire smartphone e pc, il lavoro o anche l’apostolato… alla compagnia dell’altro? Questa fuga è la mia maniera di evitare un’intimità inquietante, un conflitto, la mia impotenza di fronte a un problema? Quando non so come uscire da questi schemi iscritti in me o nell’altro, ho pensato a qualcosa di diverso dalla fuga, come un percorso di ritiri per coppie, o un consulente coniugale?

Piccoli esercizi nel quotidiano

E ci sono distanze che sono delle prossimità! Scegliere di esporre a Dio (e magari anche a un terapeuta) le mie carenze affettive, per non farle portare (troppo) all’altro, è una forma di distanza che può liberarci tutti e due. Rinunciando a essere legati dalle nostre mancanze, ci avviciniamo in altro modo: ciascuno si decentra da sé per conoscere l’altro in sé stesso e non come colui che deve risolvere i miei problemi.


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Scegliere di lasciare che l’altro sia sé stesso, di non interferire nel suo cammino interiore, di rispettare la sua libertà di avvicinarsi senza essere forzato, di rinunciare ad essere possessivi, a soffocare l’altro quando si esprime o quando ha un’iniziativa personale, significa riscoprirlo. Sono tanti piccoli esercizi nel quotidiano, che non fanno rima con freddezza né con indifferenza, ma al contrario con un costante interesse per la complessa persona con la quale vivo, e per la complessa persona che io sono.

Amo molto questa frase, l’ha detta un uomo sposato da molti anni:

Cerco di rispettare la distanza necessaria per mantenerci entrambi in ricerca l’uno dell’altro.

Una distanza elastica che non perde il vero contatto. Un contatto aperto alle soprese, alle differenze, ai cambiamenti.

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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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