Affetta da deficit visivo e dalla “malattia delle ossa di vetro”, Carolina Leitao de Moraes ha vissuto una forte conversione. E racconta come questo le abbia cambiato la vita.
La sua prosodia musicale e la sua voce gioiosa raccontano il Brasile da cui viene. Carolina Leitao de Moraes è cresciuta tra la Guyana e la regione di Parigi. Portatrice di handicap visuale (ci vede molto poco) e della “malattia delle ossa di vetro” – una malattia genetica che rende le ossa estremamente fragili – lascia la regione d’oltremare a tre anni per venire a vivere nella metropoli, in un centro specializzato. Questo ha senz’altro contribuito a formare il suo carattere molto indipendente. Oggi vive a Tolosa. Un balzo non da poco per questa 32enne dal temperamento di fuoco.
Una vita da studentessa dissipata
Anche se da sempre è attratta da Dio, a vent’anni, da studentessa in diritto, visse esperienza assai dissipate:
Ero un po’ in modalità distruzione. Uscivo molto, bevevo non poco, consumavo altre cose… Era un po’ “del doman non v’è certezza”.
La sua famiglia è cristiana, ma non le ha mai insegnato a praticare la fede. Eppure, anche se è diffidente con le religioni per paura di essere indottrinata, la questione della verità la tormenta. È commossa da alcuni amici musulmani che le testimoniano una fede viva e una vita di preghiera autentica. Cerca intellettualmente, legge il Corano ma non vi trova qualcosa che possa nutrirla.
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Determinata, guarda anche sul versante del giudaismo ma non viene toccata neppure dalla lettura della Bibbia ebraica. Contro ogni aspettativa, all’età di 27 anni arriva a interpellarla la lettura dei Vangeli. «Ero d’accordo su tutto», dice: «Una conversione significa un’inversione a U». E allora cambia modo di vivere, a poco a poco libera la sua vita da certe relazioni tossiche e comincia a frequentare dei cattolici, che fino a quel momento guardava con una certa diffidenza. A riguardo dice ridendo:
Entrare nel mondo cattolico non è semplice: è proprio un altro universo!
Ricomincia ad andare a messa. Non esiste più che la domenica si svegli alle 4 del pomeriggio! Carolina riscopre un senso alla vita.
«Dio ci ha dato tutto quel che occorre»
La giovane in sedia a rotelle ha trasformato poco a poco il proprio sguardo su di sé.
Se Dio mi ha fatta così è per rendermi un servizio. Credo che Egli ci dia tutto quel che ci occorre per vivere con quel che si è. Bisogna arrivare a sviluppare questo pensiero per mettere il tutto al servizio. Non si può evitare ciò che si è, essere handicappati e fuggire il mondo dell’handicap. Il Signore ci raggiunge in quel che siamo. Le persone handicappate hanno un ruolo da giocare nel mondo: esse permettono di capire che non guardiamo gli altri nel modo giusto. Col mio handicap io vedo le cose in un altro modo. Quando un senso esteriore difetta, questo permette agli altri di svilupparsi per compensazione. Agli occhi del Signore, io lo credo, siamo veramente belli. Mi sento profondamente amata da Gesù. Egli ha tolto dal mio cuore certe paure. Io credo che l’indipendenza non conduca a gran cosa: tutti abbiamo bisogno di una famiglia e di relazioni. Siamo degli esseri di comunione e di relazione.
La sua gioia, un’arma per la missione
Oggi Carolina è in cammino per entrare nell’ordine secolare del Carmelo. Cerca di essere disponibile e di dare il proprio tempo agli altri attraverso diversi impegni. «Attendo di vedere dove il Signore mi manderà», confida. Le sue attività preferite? Stare al café (è brasiliana!), le terrazze dei bistrot, coltivare le amicizie e la preghiera. «Amo molto le serate di lode», esclama con pathos. La regina dei bar spera di avanzare verso la santità con tutto quel che è: «Quando sarò santa sarò la patrona dei barmen», aggiunge scherzando. «Lo Spirito Santo mi porta a testimoniare Gesù a molti». Non c’è dubbio: il carisma comunicativo e l’intero temperamento di Carolina sono delle vere armi da missione.
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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]