Così dice l’attore che ha prestato volto e muscoli all’Hercules della serie tv Usa e allo spin off Xenia, Principessa guerriera.Kevin Sorbo è attore e produttore cinematografico statunitense; è nato nel 1962 e la cosa deve averlo colpito particolarmente perché del fatto di nascere, della maestosa libertà di poter nascere ha fatto un vessillo e dietro quello si lancia alla carica dei nemici. Dio stesso gliene renda merito! E gli sia grato anche chi si ritrova a combattere nelle fila dello stesso esercito, non così rade quelle, non così male in arnese questo come forse il mondo pieno di armi pesanti e sonore, vuol farci credere.
Noi possiamo da qui fargli da ripetitore.
Sul sito di informazione pro-life Lifenews è riportata la sintesi del suo pensiero sul tema dell’aborto. L’editoriale a cui fa riferimento la testata è uscito su CNS News, ormai un anno fa. Porta la sua firma insieme a quella della moglie Sam madre, dei suoi tre figli.
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Ma proprio in questi giorni torna più attuale che mai. Sarà una semplice sensazione mia, però mi sembra che la narrazione sull’aborto così come di altre questioni forzosamente imposte a tutti, non appena diventiamo “pubblico” di qualche show, abbia iniziato a stancare, ad esasperare.
O forse c’è una sorta di risveglio, di ribellione della ragione che, per quanto fiaccata da secoli di progressiva negazione di una verità, non riesce ad accettare che la realtà che vediamo con i nostri occhi sia negata e con questa tracotanza.
Non bastano le grida (in senso manzoniano) che ci ordinano di fuggire le fake news e di non dire sciocchezze, per esempio, sull’estensione dell’accesso all’aborto nello stato di New York. Pensare che sia possibile terminare la vita di un bambino prossimo alla nascita continua a farci piangere e indignare e non in pochi.
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Più la si impone, la vulgata progressista, meno risulta naturale e normale, questo spero. Non possiamo che augurarci una plateale eterogenesi dei fini, ma nel frattempo le vite dei nascituri continuano ad essere disprezzate e buttate. E le strategie legislative e di costume non smettono di moltiplicare le loro malizie. Ogni vita che si strappa dall’utero di sua madre e si getta via ne trascina con sé una quantità innumerevole, anche solo come possibilità che da quel ramo non possono più buttare germogli.
L’attore Sorbo, spesso in vesti comiche, qua è invece serissimo e audace nel dire quel che pensa, quel che sa. E contro i sofismi delle parole false usa la forza dei fatti.
Anni fa, un amico – lo chiameremo “Mike” – ha ricevuto una telefonata da una vecchia fidanzata – la chiameremo “Kate” – che gli ha chiesto di accompagnarla alla clinica per aborti. (…) Aveva un lavoro, degli amici, una vita davanti a lei a cui pensare, e un bambino che si stava buttando in quel mix era inconcepibile per lei.
Eppure, eccolo qui. La striscia reattiva, l’ultima di cinque identiche, ha dimostrato senza ombra di dubbio che un bambino stava prendendo forma dentro di lei. Così ha fatto l’unica cosa logica e ragionevole che la nostra cultura ti costringe a fare: ha programmato un aborto.
Ma mentre il giorno si avvicinava, era piena di trepidazione. (…)Kate chiamò Mike, “Per favore, vieni con me nella clinica per aborti e tienimi la mano”.
Ora la riflessione si sposta sull’uomo, in quanto maschio. Secondo l‘antivangelo contemporaneo l’uomo e la sua mascolinità, non devono affatto entrare nel merito di ciò che succede nel corpo della donna, nonostante succeda proprio grazie alla collusione, alla compenetrazione tra i due corpi, maschile e femminile.
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Certo, il maschio lo può usare quel corpo (sempre che il rapporto sia consenziente, preceduto da esplicita dichiarazione di intenti, ribadita per tutta la durata del rapporto. Sì c’è anche questa battaglia in agenda), ma il fatto che il suo seme possa concorrere al concepimento di un bambino no, questo proprio non lo deve riguardare. Non è tragicamente ingiusto? Non solo ridurre l’uomo a fornitore di esperienza sessuale ma escluderlo del tutto dagli effetti del rapporto.
Così prosegue il racconto nell’editoriale:
Come potrebbe rifiutare Mike? La cultura gli ha insegnato che era solo un uomo, senza alcuna voce in capitolo nelle decisioni di quali vite sono degne e quali potrebbero essere scartate come la pasta di ieri, soprattutto perché non era il padre. Ma anche il padre viene tagliato in modo efficace e tragicamente fuori dalla conversazione, in genere perché “il mio corpo, la mia scelta” è la bugia che la nostra cultura ha acquistato.
Mike fece un respiro profondo, “Possiamo parlare? (…). Kate, mi stai chiedendo di sostenerti, e sai che lo faccio, come amico, ma sarò onesto anche con te, e sono sicuro che lo vuoi anche tu, vero?” Chiese Mike.
(…)
Ma (…) Mike aveva una coscienza e un’opinione, ed era anche armato della verità.
(…) “Questo bambino dentro il tuo grembo è la più grande storia d’amore della tua vita, Kate. Ucciderlo non risolverà il tuo problema; ne creerà uno ancora più grande. Capisco che senti un grande fardello. Portare una vita nel mondo può essere proprio questo, ma nel rimuovere quella vita dal tuo corpo, distruggerai l’opportunità di conoscere l’amore come non avresti mai immaginato. Quindi, ti prego di non fare questa cosa. Cambia il tuo punto di vista, invece, e vedi questa come la più grande delle storie d’amore, una che sarà tua per il resto della tua vita.”
Kate non abortirà dopo questa conversazione e dopo le sue stesse lacrime.
Continuano i coniugi Sorbo con una chiarezza quella sì evangelica, da “sì, sì, no, no”:
Gli umanisti laici hanno reso la parola aborto come il diritto di una donna, sinonimo di assistenza sanitaria, emancipazione femminile, difesa delle questioni femminili, scelta, soluzione; tutt’altro che la verità. La verità è, tuttavia, l’ aborto è la fine della vita. È solo un eufemismo per omicidio perché l’unica ragione per ottenere un aborto è di evitare il potenziale di nascita – una nascita umana.
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E per aumentare la percezione di orrore e assurdità che devono accompagnare la soppressione violenta di una vita umana al suo inizio ci costringe e vedere per che cosa sprechiamo fazzolettini e singhiozzi, organizziamo proteste e ingaggiamo scioperi.
In alcuni casi, disturbare il nido di una tartaruga marina e rubare le sue uova è un crimine punibile con anni di prigione e multe tremende, ma abbiamo un’intera industria in questa nazione dedita all’omicidio di esseri umani non ancora nati. Questa è la nuova causa dei diritti civili per il nostro paese. Appena un secolo dopo la nostra grave e costosa guerra contro la schiavitù, contro la privazione di alcuni esseri umani della loro dignità e basata unicamente sul loro colore della pelle, abbiamo codificato in legge il diritto del cittadino di uccidere la sua progenie, basata unicamente sulla sua dimensione e posizione, privandosi involontariamente dell’amore che è puro e duraturo.
Questa è la definizione del male, pura e semplice.