Anche grazie al nostro semplice servizio di diretta Facebook delle catechesi (e al supporto fondamentale di Guido, marito di Costanza Miriano) la bellezza di una giornata di preghiera comune, l’ormai famoso primo Capitolo Generale del Monastero Wi-Fi, ha raggiunto persino i fratelli più esclusi. Che ci ripagano con la loro gratitudine e confortandoci con la notizia sempre nuova che Cristo è gioia e consolazione e salvezza per tutti, in tutte le condizioni, dietro ogni sbarra.
Carissime, carissimi,
abbiamo partecipato alla prima riunione del monastero Wi-Fi, dalle nostre celle (anche se qui le chiamano “stanze di pernottamento”), con le nostre preghiere. Non abbiamo potuto partecipare di persona, ma lo Spirito passa anche attraverso le sbarre, anche quelle delle nostre “stanze di pernottamento”.
Siamo un gruppo di carcerati, condannati all’ergastolo, con fine della pena “mai”. Questo non ci impedisce di partecipare alla vita della Chiesa, e alle sorprese dello Spirito, come questo monastero del tutto particolare.
Siamo venuti a conoscenza di questa iniziativa attraverso il cappellano, e attraverso di lui vi arrivano queste righe.
Ringraziamo il Signore per il suo amore inesauribile e fantasioso, e continuiamo a pregare perché non vengano a mancare monaci e monache che continuino a sostenere il mondo.
I fratelli di un carcere del centro Italia
Carissimi confratelli ergastolani, noi del monastero wi-fi cercavamo qualche lettera da cui partire per cominciare a ragionare su quale possa essere il dopo, su come non disperdere quella ventata di Spirito Santo, e la vostra è sicuramente quella che ci ha più commosse. Pensare che ci siano confratelli monaci in carcere è una cosa che ci intenerisce oltre ogni misura, e ci stupisce per la fantasia di Dio, che non abbandona i suoi figli, mai.
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Chissà quale cammino potete compiere, nelle vostre celle, trasformandole da qualcosa di imposto in qualcosa di accolto.
Mi ricordo che la cosa che mi convinse a provare ad andare a messa tutti i giorni furono le parole – e l’esempio luminoso – di un’amica che mi chiese se offrissi la mia fatica quotidiana al Signore.
Se non la offri, la fai da sola. E’ proprio uno spreco. A che ti serve alzarti di notte o pulire i vomiti dei figli, se lo fai senza il Signore? Se consegni la tua fatica, lui la porta per te.
Decisi allora di trovare ogni giorno il tempo per scaricare, tipo camion dell’immondizia quale io sono, tutta la mia fatica e le stupidaggini e gli errori e i peccati al Signore. Ecco, penso che voi avete tanto, tanto più di noi da consegnare. La vita del carcere con la sua durezza, la sofferenza, le mancanze, i desideri incompiuti, le consolazioni non ricevute. Quanto potete offrire! Quanto più di noi potete farvi santi se portate con lui la fatica! Se Teresina diceva che anche uno spillo raccolto con amore può salvare un’anima, noi contiamo su di voi! Potrete essere il nostro fronte ultimo del monastero!
E se voi non potete venire al monastero, il monastero verrà da voi: possiamo portarvi libri o altro, che so penne, diari, che possa aiutarvi nel cammino? (A me per esempio l’adorazione viene molto meglio se preceduta da una razione di Pocket Coffee).
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Propongo di intitolare la vostra ala del monastero wi-fi a Nguyen Van Thuân che ogni giorno celebrava messa di nascosto con briciole di pane conservate in un pacchetto di sigarette e con qualche goccia di vino che era riuscito a farsi portare in una bottiglietta con su scritto “medicina per digerire”. Si fece una piccola croce di legno che nascose in una saponetta, e che quando venne liberato portò come croce da cardinale, fino alla morte. Riuscì a ottenere dei foglietti da un bambino di otto anni, e con quelli costruì una piccola Bibbia con le frasi che riuscì a ricordare a memoria. Dicono che distribuisse amore e consolazione a tutti, compresi i suoi carcerieri.
Grazie di averci scritto.
Ps Non riusciremo a rispondere alle lettere di tutti, ma vi portiamo nel cuore, uno a uno.