L’alto prelato indicò delle cose da fare per andare in Paradiso. Il fondatore di salesiani lo ascoltò
Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d’Asti. Figlio di poveri contadini a vent’anni decise di entrare, come esterno, in seminario. Dovendo pagare la pensione mensile, Giovanni dovette lavorare molto pur di racimolare qualche soldo per coprire le spese di vitto e di alloggio. Nelle domeniche e nei giorni festivi egli si dedicava ai giovani. Per loro fondò la “Società dell’allegria”, preludio della fondazione dell’Oratorio, stabilendo le basi di uno dei cardini del suo sistema educativo.
Ordinato sacerdote il 5 giugno 1841 il giorno dopo celebra la sua prima messa all’altare dell’Angelo custode nella chiesa di san Francesco d’Assisi a Torino. Don Bosco intuì la propria vocazione all’apostolato della gioventù visitando un gruppo di giovani detenuti in carcere. Da quel giorno impegnò ogni sua energia per evitare che tanti giovani si perdessero su strade sbagliate. Fondò l’istituto religioso dei Salesiani e quello femminile delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai quali infuse il suo spirito di amore e di dedizione per l’educazione cristiana della gioventù. Morì a Torino il 31 gennaio 1888. Fu canonizzato il 1 aprile 1934 da papa Pio XI.
Il santo è famoso anche per i suoi sogni “profetici”. Il 25 giugno del 1867 don Bosco raccontò questo sogno: «L’altra sera, prima di assopirmi pensavo al modo di esistere dell’anima nell’altra vita, divisa dal corpo e così mi addormentai. Allora mi parve di udirmi chiamare da una persona ferma sulla via e la quale mi invitasse a vedere quanto desideravo. Arrivammo con la rapidità del pensiero, davanti a un grandioso palazzo, dove entrammo di volo per visitarlo. Rimasto poi senza guida, passai sotto un elegante porticato e quindi salii le scale».
Prosegue Don Bosco: «Poco dopo mi trovai in un appartamento principesco. Visitai quindi spaziose sale ricche di ornamenti e percorsi lunghi corridoi con una preternaturale rapidità. Entrai finalmente in un grandioso salone, dove vidi maestosamente assiso sopra un seggiolone un Vescovo in atteggiamento di dare udienza. Mi avvicinai rispettosamente a lui, che riconobbi: era un prelato morto due anni prima, ma il suo aspetto era florido e ineffabilmente bello. Il veggente l’ossequiò e poi gli chiese come mai egli si trovasse là. L’interrogato rispose di trovarsi in un luogo di salvamento ma di non aver ancora visto Dio; che quindi si raccomandava ai suoi suffragi».
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Richiesto quanto tempo dovesse restare ancora nell’attesa di salire al cielo, il Vescovo gli diede da leggere un foglio fregiato di fiori rossi, cerulei, verdi e violetti. Poiché non v’erano parole da leggere su quella pergamena, il vescovo consigliò il veggente di capovolgerla e allora don Bosco vi lesse il numero “2”, perché come gli disse lo stesso Presule, i giudizi divini sono diversi da quelli del mondo.
Pregato dal veggente che gli suggerisse qualche buon pensiero per i suoi giovani, il Vescovo rispose: “Dite loro che salvino l’anima, poiché il resto non giova affatto. Per salvarla, bisogna che siano buoni, ubbidienti, modesti e pii; che si confessino bene e si comunichino frequentemente con la massima devozione. Raccomandate loro che non si lascino ingannare dalle apparenze del mondo, poiché tutto è vanità e afflizione di spirito. Dite che coltivino la purezza: la virtù che più splende in paradiso; suggerite che, per praticarla, occorrono ubbidienza, ritiratezza, preghiera e fuga dall’ozio. I giovani credono che i piaceri, le gioie e le amicizie del mondo possono renderli felici e quindi non aspettano che il momento di goder questi piaceri. Si ricordino invece che tutto passa. Si abituino a vedere le cose mondane non come sembrano, ma come sono”».
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Richiesto dal veggente che significato avesse la nebbia la quale velava la vista di molti giovani, l’interrogato rispose: “Siccome la virtù che maggiormente splende in Paradiso è la purezza, così l’oscurità e la nebbia sono prodotte principalmente dal peccato dell’immodestia e dell’impurità. Esse formano come una densa nube e una nebbia così fitta da togliere la vista e da impedire ai giovani di scorgere il precipizio al quale vanno incontro. Dite perciò loro che conservino gelosamente le virtù della purezza, poiché quanti la conserveranno fioriranno come gigli nella Gerusalemme celeste”.
«Per non dimenticarsi questi salutari consigli – conclude Don Bosco – il veggente volò all’oratorio con la rapidità del baleno; ma poi pentito di essersi allontanato dal Vescovo senza chiedergli prima altre spiegazioni, ritornò immediatamente al salone dove lo aveva lasciato, ma lo trovò come giacente in agonia. Sorpreso per questo penoso cambiamento, il Santo gli domandò cosa potesse fare per alleviargli la sofferenza. Allora l’agonizzante gli raccomandò di pregare e di far pregare per lui».
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Poi una forza superiore lo trasportò verso le stanze più interne del palazzo e così scomparve alla vista di don Bosco, che si destò con un gemito. Nel commentare tale sogno, il santo disse che da esso aveva imparato tante verità concernenti l’anima e il Purgatorio: che la divina Giustizia esige da ogni anima in grazia, che essa paghi tutti i suoi debiti prima di essere introdotta in Cielo.