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Chiesa e abusi: capire il processo al cardinale Barbarin

CARDINAL PHILIPPE BARBARIN

JEFF PACHOUD / AFP

Agnès Pinard Legry - pubblicato il 16/01/19

Lunedì 7 gennaio si è aperto il processo al cardinale Barbarin, arcivescovo di Lione, e a cinque anziani prelati dell’Arcidiocesi, per omissione di denuncia di aggressioni sessuali su minori.

Chiediamo al Signore che si compia il lavoro della giustizia. Chiediamogli anche che guarisca tutto quanto dev’essere sanato, nel cuore delle vittime di atti di pedofilia tanto ingiusti quanto terribili.

Così ha dichiarato il cardinale Barbarin in un messaggio che ha trasmesso alla vigilia dell’apertura del proprio processo in risposta ai voti della diocesi di Lione. In una dichiarazione letta davanti ai giudici del tribunale penale lunedì scorso l’Arcivescovo ha assicurato:

Non ho mai cercato di nascondere, ancor meno di coprire quei fatti orribili.

La sentenza è attesa per lunedì 7 marzo. Al secondo giorno del processo, durato fino a giovedì 10 gennaio, Aleteia ha cercato di illustrare la posta in gioco.

Perché fare un processo laddove la Procura ha archiviato il caso?

È nel 2015 che il caso è stato reso pubblico, quando Alexandre Dussot-Hezez accusa padre Bernard Preynat di aver abusato sessualmente di più giovani scout (associazione di cui fa parte) della parrocchia di Sainte-Foy-lès-Lyon negli anni 1980-1990. Padre Preynat è deposto dal proprio ufficio di parroco e sospeso da ogni ministero il 31 agosto 2015. Le vittime del sacerdote, che hanno fondato l’associazione La Parole Libérée, sporgono comunque querela contro mons. Barbarin, nel febbraio 2016, per la sua omissione di denuncia delle aggressioni sessuali su minori nella sua diocesi. Una prima inchiesta preliminare è stata aperta il 4 marzo 2016 dalla Procura di Lione per “mancata denuncia di crimine” e “esposizione di terzi a rischio”. Cinque mesi più tardi, l’inchiesta viene archiviata e la Procura di Lione mette a tacere ogni sospetto di star ostacolando il corso della giustizia da parte di mons. Barbarin. Il quale sottolinea anche che prima del 2014 – data in cui il cardinale per la prima volta incontrò una vittima – l’omessa denuncia era prescritta dopo tre anni. I querelanti decisero tuttavia di avviare una procedura di citazione diretta davanti al tribunale. Inizialmente prevista per l’aprile 2018, quest’ultima è stata aperta il 7 gennaio 2019.

In cosa consiste la citazione diretta, possibilità offerta dal Codice Penale francese?

Se lei ritiene di essere stato vittima di un reato, sporge una denuncia istruita dal Procuratore,

spiega ad Aleteia Henri de Beauregard, avvocato penalista.

Alla fine della sua inchiesta ci sono tre possibilità:

  1. il procuratore ritiene che l’inchiesta sia sufficientemente documentata da far convocare la persona davanti a un tribunale;
  2. oppure il Procuratore decide di approfondire aprendo un’informativa giudiziaria con un giudice d’istruzione;
  3. oppure decide che non c’è stato reato, o che non ci sia qualcuno da perseguire, e fa archiviare.

Nel caso del cardinale Barbarin, il Procuratore ha optato per questa opzione.

In casi simili, illustra l’avvocato, il diritto francese permette a chi ha sporto denuncia di oltrepassare l’archiviazione e di forzare la convocazione di un’udienza facendo recapitare una citazione diretta. È questo il caso.


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Di fatto, i convenuti non sono convocati in causa che per la sola volontà di privati che si dicono vittime del crimine di mancata denuncia, non in forza della decisione giudiziaria di un magistrato o di un Procuratore della Repubblica.

Concretamente, la citazione diretta permette alla vittima di arrivare a un tribunale penale in caso di infrazione. Ci sarà un processo senza passare per un’approfondita indagine della polizia o della gendarmeria. La citazione diretta non può essere utilizzata se non da una vittima e per una contravvenzione (violenze leggere…) o un delitto (furto, violenze gravi…). La vittima deve raccogliere da sé le prove e fornire così l’identità dell’autore dei fatti, degli elementi sufficienti a comprovare la colpevolezza dell’autore senza aver bisogno di un’inchiesta complementare (foto, testimonianze, screenshot…), nonché degli elementi che provano l’estensione del pregiudizio (fatture, certificati medici…). Il processo si svolge poi come qualunque altro processo. Nel caso di specie, il cardinal Barbarin deve rispondere di un reato, l’“omissione di soccorso”, e del crimine di mancata denuncia di aggressioni sessuali su minori nel periodo 2002-2015.


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Con questo processo, dietro le qualificazioni giuridiche si rimproverano in realtà altre cose, decisamente differenti da ciò che s’è invocato per convocare il cardinal Barbarin e gli anziani membri della diocesi.

Chi sono le persone in causa e cosa rischiano?

Le persone in causa sono il cardinale Barbarin e cinque altri membri della diocesi dell’epoca, tra cui il superiore gerarchico di padre Preynat, due preti, l’allora direttore dell’ufficio del Cardinale e la responsabile della cellula d’ascolto delle vittime di preti.

Le parti civili che si ritengono vittime del cardinale Barbarin reclamano un indennizzo simbolico di un euro,

ricorda Henri de Beauregard:

Esiste un rischio – ritengo minimo, perché sarebbe perfettamente incoerente con l’archiviazione da parte della Procura nel 2016 – che il Procuratore decida di mutare d’avviso e di irrogare un’ammenda o una condanna con sospensione di pena. Ma la logica più elementare vorrebbe che dopo aver archiviato il caso il Procuratore disponga il rilascio.

Se il Procuratore richiede una condanna, la pena prevista dall’ordinamento per questo tipo di delitto è di tre anni di carcere e 45mila euro di multa, se la vittima dei fatti dissimulati alle autorità è un minore di 15 anni. Si noti che il vescovo emerito di Orléans, mons. Fort, è stato condannato nello scorso dicembre a otto mesi di prigione con sospensione di pena per non aver allertato la giustizia dei movimenti di un prete che si è lasciato andare a palpatine ai danni di giovani ragazzi.




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La legge del 2018 sulla prescrizione può cambiare le cose?

I parlamentari hanno modificato il 3 agosto 2018 l’articolo 434-3 del Codice Penale, che prevede di sanzionare «chiunque abbia avuto conoscenza» di abusi senza averne informato la giustizia. Il participio passato è stato soppresso e oggi il delitto si iscrive nella durata: «Chiunque abbia conoscenza» di questi fatti deve segnalarli «finché non siano cessati». La mancata denuncia è ormai chiaramente definita come un delitto “continuo” e non istantaneo. In altri termini, fino a quando una persona manca al suo obbligo di denunciare, glie lo si può rimproverare. «Una modifica che in linea di principio rende la legge più severa non può essere applicata a fatti anteriori», ricorda Henri de Beauregard:

Ma soprattutto questo non cambia il problema, alla base, perché nel caso di specie la questione non è tanto la prescrizione dell’infrazione ma quella della prescrizione delle infrazioni che le vittime rimproverano al cardinale di non aver denunciato in loro vece. In effetti è questa la questione centrale del processo: si può rimproverare a qualcuno di non aver denunciato un’infrazione che era già prescritta quando gli se n’è parlato? Io non lo penso.

Sugli abusi sessuali la Chiesa si è mossa in questi ultimi anni?

A livello internazionale, Papa Francesco ha convocato l’insieme dei presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo dal 21 al 24 febbraio per un incontro sul tema della protezione dei minori. In Francia, la Conferenza dei Vescovi di Francia ha creato a metà novembre una commissione indipendente «incaricata di gettare luce sugli abusi sessuali ai danni di minori nella Chiesa cattolica». Quest’ultima è presieduta da Jean-Marc Sauvé, vice-presidente onorario del Consiglio di Stato e presidente della fondazione degli Apprentis d’Auteuil.




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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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