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Pakistan, 500 imam contro la violenza religiosa anche in nome di Asia Bibi

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Community La Croce - pubblicato il 08/01/19
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Il documento, firmato domenica 6 gennaio, fa esplicito riferimento alla vicenda di Asia Masih, nota come Asia Bibi. E’ un importante passo in avanti nella tutela della libertà religiosa e dei diritti delle minoranze, soprattutto quella cristiana.

di Davide Vairani 

Quando meno te lo aspetti, i miracoli accadono. Lo scrivo con una certa prudenza, ma mi piace pensare che sia il frutto misterioso del dolore silenzioso ed orante di Asia Bibi. Per Grazia.

Più di 500 predicatori islamici pakistani hanno firmato la “Dichiarazione di Islamabad” contro il terrorismo islamico, le violenze compiute in nome della religione e le “fatwa” (editti) emanate in maniera indiscriminata dagli ulema radicali.

La dichiarazione è stata siglata domenica nella capitale del Pakistan, nel corso della “Seerat-e-Rehmat-ul-Alameen (SAW) Conference”, riunita sotto l’egida del Consiglio pakistano degli ulema (Puc).

La notizia – appena rilanciata in Italia da AsiaNews :

rappresenta una svolta storica per la repubblica islamica del Pakistan, segnata di continuo da attentati contro le minoranze: non solo cristiani, ma anche membri di sette considerate ‘infedeli’, come gli ahmadi e gli sciiti.

Il documento contiene anche un riferimento eccezionale su Asia Masih, meglio conosciuta come Asia Bibi, la madre cristiana condannata a morte e assolta dall’accusa di blasfemia dopo nove anni passati in prigione: il suo caso, per il quale i radicali hanno ottenuto una revisione, deve essere ascoltato con assoluta priorità”.



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Sui quotidiani pakistani di lingua inglese si può leggere la medesima notizia con lo stesso tono ottimista tenuto dall’agenzia AsiaNews.

Il documento si compone di sette punti e contiene elementi rilevanti per la libertà religiosa.

Al punto n. 1, esso condanna gli omicidi compiuti con il pretesto della religione”, affermando che tutto questo “è contro gli insegnamenti dell’islam”. La dichiarazione afferma che nessun leader religioso ha il diritto di criticare i profeti (n. 2) e nessuna setta deve essere dichiarata“infedele” (n. 3): pertanto nessun musulmano o non musulmano può essere dichiarato “meritevole” di essere ucciso tramite sentenze pronunciate al di fuori dei tribunali e i fedeli di ogni religione o setta hanno il diritto costituzionale di vivere nel Paese in base alle proprie norme culturali e dottrinali.

Da questo aspetto, deriva anche il diritto a organizzare in maniera autonoma le proprie congregazioni con il consenso delle amministrazioni locali (n. 4) e il divieto totale di pubblicare materiale (libri, opuscoli, audio) che incitino all’odio religioso(n. 5).

La Dichiarazione di Islamabad riconosce che il Pakistan è un Paese multi-etnico e multi-religioso: perciò, in accordo con gli insegnamenti della sharia, al punto n. 6 sottolinea che:

è responsabilità del governo proteggere la vita e le proprietà dei non musulmani che vivono in Pakistan. Il governo deve trattare con fermezza gli elementi che minacciano i luoghi sacri dei non musulmani residenti in Pakistan.



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L’ultimo punto del documento (n. 7) ribadisce l’importanza di applicare il Piano d’azione nazionale nella lotta al fondamentalismo.

Non solo. Per contrastare le violenze, i religiosi decretano il 2019 come l’anno dedicato a “sradicare il terrorismo, l’estremismo e la violenza settaria dal Paese”. I leader deplorano anche le fatwa contro i servitori dello Stato e affermano che ogni “incauta decisione politica” nei rapporti tra Arabia saudita e Pakistan “non sarà tollerata”. Da ultimo, ribadiscono che “tutti i non musulmani residenti in Pakistan hanno propri diritti e il governo deve assicurare i diritti fondamentali delle minoranze”.

Si aprono – dunque – prospettive concrete non solo per la liberazione effettiva di Asia Bibi, ma perché si inneschi un processo di democratizzazione in Pakistan e la conseguente riduzione della pesante influenza del fondamentalismo islamico nel sistema giuridico-istituzionale del Paese.

Ne è convinto anche Saif ul-Malook, l’avvocato musulmano che ha difeso Asia Bibi e che è stato costretto ad abbandonare il Pakistan direzione Olanda per evitare di essere ammazzato nel clima infuocato del post-sentenza della Corte pakistana che ha giudicato Asia innocente.


ZARISH NENO
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“Certamente le cose stanno cambiando in Pakistan” – ha dichiarato proprio oggi in lungo articolo pubblicato sul DailyTimes nel quale ripercorre le tappe della vicenda Bibi.

“Penso che quando il governo starà in piedi da solo e non permetterà a nessuno di condizionare le istituzioni civili, le cose miglioreranno”, ha aggiunto.

Ciò comporta molte riforme interne e sistemiche in Pakistan, un processo che – secondo Malook – può essere rafforzato attraverso il sostegno internazionale:

Se lavoriamo tutti insieme, il mondo occidentale e gli Stati Uniti e parliamo con una sola voce, è possibile fare ulteriori progressi verso il cambiamento.

Sempre da Malook, apprendiamo che Asia Bibi sta bene e “ha trascorso il Natale in una cella sicura a Islamabad”.

Il governo del primo ministro Imran Khan – ha poi aggiunto – sembra determinato a garantire la sicurezza di Asia e di suo marito, Ashiq Masih, e delle due figlie, finché un altro Paese non accetterà di accoglierli. Il Canada è la loro destinazione più probabile.

Contrariamente alle notizie trapelate sul suo terribile trattamento in carcere – ha proseguito -, Asia era riuscita ad ottenere una buona forma di convivenza con le sue guardie, che le hanno concesso anche un televisore e più tempo al di fuori della sua cella rispetto a quelli concessi ai detenuti condannati a morte.

Asia non è una persona sofisticata. È nata 47 anni fa in una povera famiglia in un polveroso villaggio agricolo nella provincia del Punjab.

In questi dieci anni di prigionia, è stata aiutata dalla sua forte fede religiosa.

Penso che dovrò stare lontano dal Pakistan per almeno due anni prima che possa tornare al sicuro. Fino ad allora, vivrò con amici in Olanda o con mia figlia in Gran Bretagna. Ma desidero tornare a casa, per continuare a difendere le vittime delle leggi sulla blasfemia.

Se questo non è un miracolo …

Fonti:

“Islamabad. Più di 500 imam si schierano contro il terrorismo e a favore di Asia Bibi”, AsiaNews, 07 gennaio 2019

“Why I defended Asia Bibi in Pakistan”, di Saiful Malook, Daily Times, 07 gennaio 2019

“Ulema ask govt to devise mechanism for issuing fatwas”, di Kalbe AliUpdated, The Dawn, 07 gennaio 2019

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE