Domani verrà consegnato il Premio Ratzinger 2018, nel contesto di un Simposio avviato ieri mattina con la lettura contestuale di due lettere – una di Francesco e una di Benedetto XVI – sul tema dei “diritti fondamentali”, che non di rado finiscono in conflitto. Ne viene fuori una lezione capace di offrire coerenti strumenti di lettura per certi fenomeni mediatici, anche sconcertanti come l’ultimo spot di Planned Parenthood.Tra gli anniversari blasonati di questo 2018, uno degli ultimi – ma non fra i meno importanti – sarà quello della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che cadrà il 10 dicembre. La ricorrenza ha suggerito alla Fondazione Ratzinger, in collaborazione con la Libera Università Maria Santissima Assunta, di contestualizzare il conferimento dell’edizione annuale del Premio Ratzinger nell’àmbito di un convegno su “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti”.
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Proprio in apertura dei lavori sono state lette ieri mattina due lettere: una del Santo Padre e una del Papa emerito. L’una e l’altra si debbono a ragioni “d’ufficio”, ma entrambe sono portate dalla ricorrenza a riferirsi a quel testo che Pio XII (all’epoca era regnante) intenzionalmente non volle mai menzionare nel suo magistero: sarebbe morto dieci anni dopo, ma si limitò a commissionare nel ’48 una stroncatura a La Civiltà Cattolica.
Nella lettera di Francesco dunque leggiamo:
Al Reverendo Padre Federico Lombardi S.I.
Presidente del Comitato di Amministrazione
della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVIIn occasione del Simposio Internazionale sul tema “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti”, organizzato in collaborazione fra la Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI e la Libera Università Maria Santissima Assunta, desidero far giungere agli organizzatori, agli illustri relatori e ai partecipanti il mio saluto e il mio augurio per un fruttuoso svolgimento dei lavori.
Mentre si avvicina il 70o anniversario dell’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è opportuno non solo celebrare la memoria di quello storico evento, ma anche impostare una riflessione approfondita sulla sua attuazione e sullo sviluppo della visione dei diritti umani nel mondo odierno.
Nel Discorso al Corpo Diplomatico del gennaio scorso, dedicato appunto a questa Dichiarazione, osservavo che essa mira a rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e a favorire lo sviluppo umano integrale. Rilevavo tuttavia come al tempo stesso occorre «constatare che, nel corso degli anni, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro». Si apre così una serie di problemi che giungono a coinvolgere in profondità l’idea stessa del diritto e i suoi fondamenti.
Il Papa Benedetto XVI ha avvertito con lucidità l’urgenza di queste tematiche per il nostro tempo ed è intervenuto autorevolmente su di esse come pensatore e come pastore. Proprio per questo vent’anni fa codesta Università conferì all’allora cardinale Ratzinger la laurea honoris causa in giurisprudenza.
Auguro perciò che il Simposio di alto livello accademico che sta per celebrarsi, attingendo ispirazione al pensiero e al magistero del nostro amato Papa emerito, possa contribuire con coraggio e profondità a illuminare una problematica essenziale per la tutela della dignità della persona umana e del suo sviluppo integrale.
Animato da questi sentimenti, sono lieto di impartire ai convenuti la mia Benedizione, a tutti chiedendo il ricordo nella preghiera.
Francesco
Dal Vaticano, 13 novembre 2018
E in quella di Benedetto invece:
Città del Vaticano,
12 novembre 2018
[…]Caro Padre Lombardi,
come Lei sa, fin da quando sono stato informato – diversi mesi fa – del primo progetto del Simposio internazionale sul tema “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti”, Le ho subito manifestato il mio apprezzamento per l’iniziativa, considerandola straordinariamente utile. In particolare mi è sembrato importante che si parli esplicitamente della problematica della “moltiplicazione dei diritti” e del rischio “della distruzione dell’idea di diritto”.
È una questione attuale e fondamentale per tutelare le basi della convivenza della famiglia umana, che merita di essere messa ancora una volta a tema di una riflessione approfondita e sistematica, come il programma del Simposio dimostra di voler fare.
Assicuro perciò a tutti i relatori e ai partecipanti al Simposio la mia stima e la mia vicinanza nella preghiera perché il Signore benedica i lavori come prezioso servizio per la Chiesa e per il bene della famiglia umana.
Suo nel Signore
Benedetto XVI
È di pochi giorni fa la notizia di una recentissima pubblicità di Planned Parenthood nella quale – al fine di promuovere l’aborto nel c.d. “mondo civile” – si susseguono in sovrimpressione sul viso di una neonata le frasi “lei merita di essere amata” – “lei merita di essere voluta” – “lei merita di essere una scelta”.
Per avviare la “finestra di Overton” s’era detto che l’aborto sarebbe una extrema ratio contro le gravidanze psicologicamente insostenibili (il trito esempio del frutto di uno stupro), contro le malattie incurabili, contro la povertà che non permette di crescere i figli… Ora, poiché per la famigliola americana liberal nulla di tutto ciò è rilevante si arriva al paralogismo: “si merita di essere una scelta” – dove “si merita di…”, specie in mancanza di azioni pregresse, è solo la parafrasi di “ha diritto a…”. Ma evidentemente è assurdo dire che una persona abbia diritto a essere scelta, perché per sua natura una scelta prevede alternative: dunque i bambini che gli abortisti non fanno venire al mondo non hanno diritti? In effetti questa è la pura verità, cioè che i loro diritti vengono soppressi dai soprusi di adulti (che peraltro ne vendono e comprano le membra prenatali), ma è impensabile che Planned Parenthood voglia fare una simile pubblica confessione.
No, più banalmente “ha diritto a essere una scelta” è l’analogo del claim “solo il meglio per il tuo motore” quando compri l’olio dal meccanico: la verità è che il “diritto all’aborto” rende necessariamente i figli degli oggetti di diritto e non più dei soggetti. È la velvet slavery del “Nuovo Mondo Libero”, nella quale gradualmente anche i genitori sono sempre meno responsabili di ciò che commissionano, rifiutano, riordinano, ricevono… sono dei clienti, e in quanto tali sedotti, vezzeggiati, raggirati e borseggiati.
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A questi orizzonti guardava l’intelligenza del cardinal Ratzinger preparando la storica omelia della Missa pro eligendo romano pontifice del 18 aprile 2005:
Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.
Si capisce perché Papa Francesco abbia citato il proprio Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, dell’8 gennaio 2018 (discorso tanto importante quanto ingenerosamente ignorato dai media): in esso si trova una dettagliata riflessione sugli esiti “antropofagi” della “dittatura del relativismo”.
[…] Per la Santa Sede, infatti, parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralità della dignità della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza. Lo stesso Signore Gesù, guarendo il lebbroso, ridonando la vista al cieco, intrattenendosi con il pubblicano, risparmiando la vita dell’adultera e invitando a curare il viandante ferito, ha fatto comprendere come ciascun essere umano, indipendentemente dalla sua condizione fisica, spirituale o sociale, sia meritevole di rispetto e considerazione. Da una prospettiva cristiana vi è dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Tali diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano. Essi sono stati enunciati per rimuovere i muri di separazione che dividono la famiglia umana e favorire quello che la dottrina sociale della Chiesa chiama sviluppo umano integrale, poiché riguarda la «promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo […] fino a comprendere l’umanità intera»[7]. Una visione riduttiva della persona umana apre invece la strada alla diffusione dell’ingiustizia, dell’ineguaglianza sociale e della corruzione.
Occorre tuttavia constatare che, nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del “Sessantotto”, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro. Ciò non ha sempre favorito la promozione di rapporti amichevoli tra le Nazioni[8], poiché si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare. Vi può essere quindi il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli. In pari tempo, è bene tenere presente che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
A settant’anni di distanza, duole rilevare come molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati. Primo fra tutti quello alla vita, alla libertà e alla inviolabilità di ogni persona umana[9]. Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono. Nel nostro tempo ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anch’essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso. Penso alle donne, che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitù. Quante persone, specialmente in fuga dalla povertà e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli?
Difendere il diritto alla vita e all’integrità fisica, significa poi tutelare il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari. Oggi tale diritto ha assunto implicazioni che superano gli intendimenti originari della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la quale mirava ad affermare il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche e i servizi sociali necessari[10]. In tale prospettiva, auspico che, nei fori internazionali competenti, ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari. È importante unire gli sforzi affinché si possano adottare politiche in grado di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali per la sopravvivenza delle persone indigenti, senza tralasciare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che, sebbene non siano economicamente rilevanti per il mercato, sono determinanti per salvare vite umane. […]
Una volta di più, dunque, viene destituito di fondamento lo “stolto pregiudizio” (© Benedetto XVI) che strumentalmente oppone il Papa al Papa emerito. Ma questo sarebbe ancora poco: la notizia importante è che proprio laddove essa sembrava attardarsi nell’indifferenza, la Chiesa si è rivelata al contempo lungimirante e soprattutto sollecita del bene comune nel nostro povero mondo. Certo, c’è ancora speranza.