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Siamo giovani, dovete proteggerci dalla pornografia

RAGAZZA, CLASSE, UNIVERSITA'
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Annalisa Teggi - pubblicato il 08/11/18
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Il mercato del sesso guadagna 3 mila dollari al secondo negli USA. Un gruppo di studenti universitari non ci sta e chiede più tutela dall’invasività dello spam pornografico

I giovani e giovanissimi considerano più immorale non riciclare i rifiuti che guardare porno. (da Barna)

È solo uno tra i dati più sconcertanti che sono stati pubblicati in un’indagine approfondita sulla pornografia in America. A conferma del fatto che c’è molta confusione su quali rifiuti produce il mondo contemporaneo. Forse bisognerebbe dir loro che usare una persona in tutti i modi possibili e poi gettarla via è un danno “ambientale” più catastrofico della bottiglia di plastica sui fondali oceanici.

Il medesimo studio evidenzia che:

i giovani tra i 18 e i 24 anni sono i maggiori utenti di materiale pornografico e tra i più giovani (13-24 anni) solo un terzo considera il porno come qualcosa di sbagliato. Solo il 14% ritiene che possa avere effetti dannosi sulla società. (Ibid)


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Fuori dal coro

In completa controtendenza, un gruppo di studenti dell’Università di Notre Dame in Indiana ha redatto una lettera pubblica per sollecitare un intervento degli organi di facoltà per proteggere meglio le reti informatiche universitarie, aggredite da uno spam invadente di pornografia.

Anche se non lo cerchi, sono loro a trovarti” è la sintesi chiara di un ragazzo che racconta del suo primo contatto con materiale hard. Dentro casa, e a maggior ragione fuori, siamo preda di un assalto da parte del mercato dell’erotico non appena accendiamo un telefono, un tablet o un pc. Se è vero che questa nuova specie di nemico è tanto più terribile perché arriva in camera dei nostri figli senza che noi riusciamo ad accorgercene, a maggior ragione la piaga delle esche sessuali diventa completamente fuori controllo quando si ha accesso alla rete dai computer posti nei luoghi pubblici come le università.

YOUNG LAPTOP

By junpinzon | Shutterstock

Per renderci conto, anche solo con un assaggio, del fenomeno virale di cui stiamo parlando basta dire che il porno genera in America un introito di 3 mila dollari al secondo.

Una grande lode va dunque agli studenti di Notre Dame che hanno scritto un documento chiaro, approfondito e convincente di cui riportiamo i passaggi più significativi, augurandoci che anche tra gli studenti italiani ci sia chi voglia replicare l’iniziativa nel nostro paese.


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Va anche aggiunto che alla lettera in questione ne è seguita una risposta da parte delle studentesse, in cui ringraziano i compagni e ribadiscono altre questioni in merito alla violenza sulle donne, diretta conseguenza del – neanche troppo subdolo – lavaggio del cervello del porno.

Un’offesa ai diritti umani

Come uomini di Notre Dame, chiediamo all’Università di applicare filtri per rendere qualsiasi materiale pornografico inacessibile dalla rete Wi Fi di ogni facoltà. Questo filtro manderebbe il messaggio inequivocabile che la pornografia è un’offesa ai diritti umani e ha effetti catastrofici sugli individui e le relazioni. Facciamo questa richiesta per difendere la dignità di tutte le persone e in particolare delle donne. (da The Observer)

Oltre alla radice morale del problema, che è il fulcro del discorso, un punto nevralgico sulle conseguenze sociali dell’abuso di pornografia è l’incremento di violenze verso le donne e i bambini. Infatti, il mercato del porno deve produrre contenuti sempre più espliciti ed esagerati per soddisfare un pubblico che diventa via via desensibilizzato di fronte alle immagini. Il sesso, allora, diventa un’occasione di sopraffazione estrema sulla donna e insinua l’idea che anche nella realtà la violenza vada a braccetto col piacere.

​Il porno non è un’azione attiva. La stragrande maggioranza del materiale pornografico contemporaneo è violenza sulle donne registrata e filmata – una violenza resa invisibile dal contesto. L’88% delle scene porno include aggressioni fisiche e il 49% include aggressioni verbali. Una recente moda nel nostro campus è diventata quella di filmare col cellulare tentativi di aggressioni sessuali e poi condividere i video sui gruppi Facebook. (Ibid)

ABUSE

Daniela Brown-(CC BY-ND 2.0)

Attraverso un’azione subita, si può diventare attivamente violenti. La distorsione emotiva procurata da una contatto prolungato con immagini che rendono “normale” una forma di relazione basata sull’eccesso e sull’assenza di qualsiasi dignità della persone fa sì che la medesima forma mentis venga applicata alle relazioni reali, svincolando il sesso dall’affetto e legandolo a doppia mandata con l’abuso. Ma l’indice non è puntato solo contro la parte maschile della società.

Il porno non è un problema solo maschile

All’indomani della pubblicazione della lettera degli studenti di Notre Dame, è stata scritta una risposta dalle studentesse dello stesso campus. Un rilancio del tema, con ulteriori spunti fuori dagli stereotipi.

Gli uomini dicono spesso che sono capaci di separare la vita reale dalla pornografia, e che non ha effetto sul modo di trattare le donne reali. Tuttavia, la verità è che il cervello è flessibile e plastico e la pornografia educa le menti maschili a considerare le donne come oggetti – corpi per soddisfare i desideri sessuali e da poter poi scartare.  La pornografia inibisce la volontà degli uomini di vedere e rispettare le donne nella loro pienezza: mente, cuore, corpo e anima. […] E’ sciocco far finta che non sia così. (da The Observer)

Oltre a ciò, va detto che relegare l’interesse per la pornografia al solo pubblico maschile non riflette la situazione reale. La protesta di queste studentesse risponde a un dato chiaro nella nostra società contemporanea: il 76% delle ragazze tra i 18 e 30 accede a contenuti hard almeno una volta al mese (dati desunti da Women And Pornography di Patrina Mosley).


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L’orizzonte complessivo di questa riflessione arriva dunque a toccare il nervo più scoperto della nostra quotidianità, la sparizione della famiglia intesa come seme dei rapporti affettivi. I nostri figli, i virgulti più freschi del mondo, sono aggrediti in moltissimi modi da un messaggio pervasivo di individualismo utilitaristico; anche i rapporti interpersonali, e quelli affettivi in particolari, si trasformano in beni di consumo reciproco. La conseguenza a breve, medio e lungo termine non può che essere quel “deserto e vuoto” profetizzato da T.S. Eliot, quando vide nel mondo a lui circostante un “paese guasto”.

COUPLE

George Rudy – Shutterstock

Non tutti i frutti però sono guasti, da un piccolo “resto” si può cominciare a scrivere una storia diversa. Amare è il verbo umano per eccellenza. Perderlo è perdere l’umanità stessa. Non è un’azione istintiva, è una mossa spirituale dentro la parentesi carnale che siamo. Ringraziamo queste giovani studentesse, e i loro compagni, che lo hanno messo nero su bianco una volta in più:

Questi contenuti umilianti e spesso violenti incoraggiano gli utenti a ricercare il piacere egoistico personale, considerandolo superiore allo sviluppo di relazioni impegnative. Fanno credere alla gente che le connessioni umane siano fatte di rapporti sessuali fugaci, che si possono chiudere in fretta come un pc.  Quindi, ci sottraggono essenzialmente la capacità di amare. (Ibid)