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Cos’è lo spirito di penitenza? E cosa c’entra con l’allegria?

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Giuseppe Corigliano - pubblicato il 12/09/18
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Dobbiamo abituarci ad offrire a Gesù le piccole sofferenze della giornata per non lasciarci cogliere dalla tristezza e non interrompere il nostro dialogo con LuiLe persone più allegre che ho conosciuto erano persone che sapevano vivere gioiosamente lo spirito di penitenza. Persone che sapevano godere delle cose belle della vita e mantenere la serenità nei momenti avversi, preoccupandosi degli altri anche in prossimità della morte. La tristezza è l’alleata del demonio. Chi si allontana da Dio porta con sé un fermento d’insoddisfazione: diventa problematico e superficiale, fa discorsi oziosi, percorre itinerari che non portano da nessuna parte. La vita di un uomo di fede, pur in mezzo alle manchevolezze, è come una freccia che viaggia in direzione della vita eterna. Una vita di gioia che incomincia su questa terra.
Più che parlare di mortificazione si dovrebbe parlare di “vivificazione”. Offrire a Gesù le contrarietà della giornata, passare al di sopra delle sgarberie ricevute, lasciare agli altri le cose migliori a tavola e così via… non sono solo un allenamento dell’anima e del corpo, sono una maniera di continuare la mia preghiera che sembra sempre insufficiente. Mortificarsi è amare di più Gesù e amare maggiormente gli altri. Voler bene è divinizzarsi. Gesù dice “siate perfetti” dopo avermi insegnato che devo perdonare come Dio mi perdona. La perfezione è questa: assomigliare a Dio nell’amore. Forse qualcuno non gradisce le mie manifestazioni di affetto: è il momento di voler bene senza riscontri, come Gesù che ebbe incomprensioni e anche il tradimento da chi gli stava più vicino. Signore insegnami a voler bene.


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