Il regista dell’operazione era Antonio Stiuso. Il mandante, l’allora presidente Nelson KirchnerC’è una storia di spionaggio che ancora oggi ha dei contorni oscuri. Riguarda il Papa, un agente segreto e la dittatura argentina. Una storia che non è stata mai chiarita fino in fondo.
E’ un filo rosso che collega uno degli episodi di cronaca nera più torbidi della storia argentina, la morte del procuratore Alberto Nisman, con la notizia più felice che Buenos Aires abbia ricevuto negli ultimi tempi: l’elezione di Papa Francesco (La Stampa, 13 febbraio 2015).
Il presidente e l’agente segreto
Questo filo si chiama Antonio Stiuso, il vero nome di un ex agente segreto, a capo del controspionaggio argentino, che per anni ha lavorato con Nisman nell’inchiesta sull’attentato al centro ebraico Amia (1994, 85 morti). Ma è anche il nome dell’uomo che dal ’72 avrebbe spiato, per ordine del governo allora guidato dal presidente Nelson Kirchner, tutti i notabili della società locale, compreso l’allora arcivescovo della capitale, monsignor Jorge Bergoglio.
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Intercettazioni ai “notabili”
Ma pare che l’azione di spionaggio andasse addirittura oltre i “compiti” che gli erano stati assegnati dal presidente, e cioè pedinare gli estremisti islamici. Perché Stiuso utilizzava intercettazioni illecite per ricattare i notabili se questi avessero minacciato la fortuna dei traffici illeciti in cui era immischiato. La sua forza era un archivio dettagliato e ricco di dossier inediti che era riuscito a crearsi negli anni (Libero quotidiano, 13 febbraio 2015).
Bergoglio e la figlia di Martins
Il futuro pontefice aveva infatti protetto la figlia di un criminale argentino, Raul Martins, noto socio di affari illegali di Stiuso. Martins aveva istituito una rete di bordelli dall’Argentina al Messico.
Sua figlia denunciò il giro d’affari ed entrò nel mirino del padre e delle bande che lo proteggevano. Bergoglio, a sua volta, la protesse da un tentato omicidio entrando così nella lista nera di Stiuso (Clarin, 2 febbraio 2015).
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“Attento a quel che dici”
Il legislatore e politico argentino, amico personale del Papa, Gustavo Vera ricorda le sue visite in Curia come scene da film: «Capitava che andassi a trovare Francesco all’arcidiocesi e lui accendesse la radio per disturbare le cimici». Vera racconta anche degli avvertimenti di Bergoglio al telefono: «Attento a quel che dici, la linea è intercettata, ci sono microfoni dappertutto».
Il male della democrazia argentina
Vera, depositando una denuncia per illeciti (arricchimento illecito, riciclaggio di denaro sporco, traffico d’influenza e corruzione) contro Stiuso ed altri ex agenti del controspionaggio argentino, ha affermato che Bergoglio «conosceva bene» le loro attività ed era consapevole che il loro agire «aveva fatto molto male alla democrazia in Argentina», riporta il quotidiano argentino Cronista.com (3 febbraio 2015).
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