Marito e moglie, dopo altri figli obbedienti e senza particolari problemi, si davano già colpetti sulle spalle di reciproco compiacimento. Fino a che non è nato l’Elfo! E allora si sono scoperti magari non tanto bravi ma parecchio felici!
Ero una brava mamma…
… poi è arrivato L’Elfo.
Quando è nata La Sartina avevo 26 anni e non avevo mai tenuto in braccio un neonato in vita mia. Dalla sera alla mattina, dopo quei nove mesi di nausea e di pancione, sono diventata una mamma. Istantaneamente. Forse allora non me ne rendevo conto come ora, ma in un attimo mi sono scoperta capace di cose che nemmeno immaginavo, viste anche le difficoltà di quel primo allattamento che è partito decisamente in salita. Nonostante qualche momento di fatica, il cui ricordo probabilmente si è sciolto come quello dei dolori del parto, ma che sicuramente ci sarà stato, fare la mamma mi corrispondeva pienamente. La mia bambina cresceva (anche se un po’ lentamente per le tabelle dei percentili…), mangiava, dormiva (tutta la notte nella sua cameretta dopo quelli che ora mi sembrano pochissimi giorni dal parto).
Ricordo perfettamente che il giorno del suo battesimo, aveva circa due mesi, ho pensato: “ma chi dice che i bambini piangono sempre? Questa bambina sorride molto più di quanto non pianga!”. Ecco, ero una di quelle mamme detestabili a cui viene più o meno tutto facile (almeno adesso me lo ricordo così, chissà quando c’ero dentro cosa pensavo!!). Poi sono arrivati tutti gli altri: L’Ingegnere che certo non era così docile come sua sorella, Il Cavaliere che mangiava (spessissimo!) e dormiva, mangiava e dormiva, un piacere di bambino, e così via… con gli altri e i bassi, qualche altro inciampo sugli allattamenti, qualche preoccupazione qui e là. Ma mi sono sempre ritenuta una mamma fortunata: problemi grossi mai, nessuna fatica nemmeno apparentemente insopportabile. Ci sono stati anche i momenti in cui io e il sant’uomo ci siamo compiaciuti: insomma, se i bimbi sono così bravi, sarà anche un pochino merito nostro. Forse siamo dei bravi genitori…
Poi è nato L’Elfo.
Ora, per carità, anche qui nessun problema vero. Una fatica iniziale con l’allattamento, ma niente di insormontabile, e poi mi aspettavo che anche l’ultimo arrivato si sarebbe allineato alle abitudini familiari. Insomma, con tanti fratelli davanti, io che sono sempre la stessa mamma e che posso vantare anni e anni di esperienza con i neonati, immaginavo che la strada sarebbe stata in discesa…
Ma quando mai!
Sono riuscita a documentare anche fotograficamente quello che ogni giorno dobbiamo affrontare (e subire) noi tutti membri della famiglia: parte delle nostre giornate scorrono tra i tentativi dell’Elfo di togliersi la vita (o comunque procurarsi danni gravi e permanenti) e le nostre corse per salvarlo e metterlo al riparo da se stesso. Qui sopra si può apprezzare il suo tentativo di farsi centrifugare nell’asciugatrice insieme al bucato… Ma ne sono successe di peggio!
Meno male che un bambino portato così lungamente in fascia rischiava, a detta di alcuni, di non sganciarsi mai e di stare sempre in braccio… In piedi sul pianoforte, dentro la lavastoviglie (dopo averla aperta e tolto il carrello inferiore), sopra ogni sedia, in bilico sulle poltrone… Qualsiasi luogo su cui sia possibile arrampicarsi per poi sporgersi in modo pericoloso è già stato scovato e sperimentato.
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Il nostro piccolo terremoto, d’altra parte, quando è stanco e ha bisogno di ricaricare le energie, si addormenta in un solo modo: in braccio alla sua mamma (o comodamente avvinghiato alla sua schiena, visto che per fortuna almeno nel peso assomiglia ai suo fratelli e si fa portare ancora senza troppa fatica). Il che significa che per me ormai il dopocena è un momento della giornata che non esiste più: io e LUI, nel lettone, tutti avviticchiati ad aspettare che il sonno lo colga (e la cosa è spesso lunga e tormentata). Una volta raggiunta l’agognata quiete, per la maggior parte delle sere non trovo né le forze né il coraggio di alzarmi, e resto a letto fino alla mattina successiva (ecco, almeno su questo punto abbiamo raggiunto un obiettivo, sarà nel lettone con noi, ma almeno dorme tutta la notte. Non è poco, all’alba dei 16 mesi!).
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Sul capitolo cibo e autosvezzamento ci sarebbe altro che un post da scrivere! Credo con questo figlio di averle provate tutte (e se fosse per lui probabilmente l’alimento prevalente sarebbe ancora il latte di mamma). Ora, tra virus intestinali e raffreddori che, come in ogni casa piena di bimbi che si rispetti, infestano le famiglie, devo dire che un equilibrio è stato faticosamente raggiunto. Ultimamente, dopo aver messo in campo di tutto, considerando che già stare seduto sul seggiolone per più di una manciata di secondi fino a un paio di mesi fa era pura fantasia, è anche accaduto che iniziasse a portarsi alla bocca la forchetta, o il cucchiaino, precedentemente caricati da me o da qualche fratello. Se penso che La Streghetta quando aveva un anno scarso mangiava già con noi, composta e tranquilla a tavola con la sua forchettina…
Insomma, ero una brava mamma o credevo di esserlo, perché i miei bambini dormivano quando dovevano dormire, mangiavano quando dovevano mangiare e così via.
Ora il mio bambino dorme solo con me, si nutrirebbe ancora prevalentemente di latte materno e si mette in pericolo più volte al giorno. Ha un carattere tosto, grida quando non ottiene quello che vuole e nonostante sia il più piccolo, mette in riga tutti i suoi fratelli (per lo più minacciandoli con le loro stesse spade giocattolo, quando non passa – ed è accaduto spesso – alle vie di fatto).
Non lo so più se sono una “brava mamma”, soprattutto quando sono al supermercato e mio figlio inizia a contorcersi e gridare perché vuole uscire, vuole andare sulle macchinine, vuole spingere lui il carrello, vuole qualsiasi cosa, insomma, che non sia quella che stiamo facendo al momento… e comincio a comprendere quelle altre mamme che ho guardato, magari con superiorità, in tutti questi anni.
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Poi vedo quel faccino furbetto che mentre sta facendo un danno irreparabile mi guarda sorridendo, oppure sento quella manina che mi accarezza (o mi strappa… ) i capelli mentre si sta addormentando, e onestamente mi scappa un sorriso, mentre penso: questo figlio doveva proprio nascere, per farmi comprendere che non è mai stato l’essere “una brava mamma” quello che mi riempiva il cuore di gioia.
Essere una mamma è sempre stato più che sufficiente.
Essere una mamma felice, poi, è il massimo.