Di tutto ciò che possiamo fare per le anime del Purgatorio, non c’è nulla di più prezioso che offrire per loro il santo sacrificio della Messa. Ecco perchéDi tutto ciò che possiamo fare per le anime del Purgatorio, non c’è assolutamente nulla di più prezioso dell’immolazione del nostro Divin Salvatore sull’altare. Oltre ad essere dottrina espressa della Chiesa, manifestata nei suoi Concili, molti fatti miracolosi, debitamente autenticati, non lasciano alcun margine di dubbio al riguardo.
Tra i discepoli di San Bernardo, che profumavano la valle di Chiaravalle con l’odore della loro santità, ce n’era uno la cui negligenza contrastava tristemente con il fervore dei suoi fratelli. Nonostante la sua doppia funzione di sacerdote e religioso, si permetteva di cadere in un deplorevole stato di tiepidezza.
Arrivò per lui il momento della morte, e comparve davanti a Dio senza mostrare il minimo segno di pentimento. Mentre veniva celebrata la Messa di Requiem, un religioso venerabile e dalla virtù fuori dal comune ricevette un’illuminazione interiore e scoprì che anche se il defunto non si era perso eternamente, la sua anima si trovava in una delle condizioni più miserevoli.
La notte successiva gli apparve l’anima del suo confratello in uno stato infelice e deplorevole. “Ieri”, disse, “hai scoperto qual è stato il mio destino. Osserva ore le torture a cui sono condannato come punizione per la mia tiepidezza colpevole”.
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Condusse allora l’anziano sul margine di un grande pozzo, dalle cui profondità, piene di fiamme ardenti, uscivano nuvole di fumo. “Guarda questo luogo”, disse, “in cui i ministri della Giustizia Divina compiono l’ordine di tormentarmi. Non cessano di lanciarmi in questo abisso, e me ne tirano fuori solo per gettarmici di nuovo, senza che mi venga dato un solo attimo di riposo”.
La mattina dopo il religioso andò da San Bernardo per riferirgli della visione che aveva avuto. Il santo abate, che aveva ricevuto una visione simile, ascoltò tutto come un avvertimento del Cielo alla sua comunità. Convocò allora un capitolo, e con le lacrime agli occhi raccontò entrambe le visioni, esortando i suoi religiosi a soccorrere con suffragi generosi quel povero fratello defunto e a imparare dal suo triste esempio a conservare il proprio fervore, evitando la benché minima negligenza nel servizio a Dio.
Il santo abate e i suoi discepoli pieni di fervore si affrettarono a offrire preghiere, digiuni e Messe per il povero fratello defunto, che venne rapidamente liberato e apparve, pieno di gratitudine, a un religioso più anziano della comunità che si era dedicato in modo particolare alla sua causa. Interpellato sul suffragio che gli era stato più utile, anziché rispondere prese l’anziano per mano, e conducendolo in una chiesa in cui veniva celebrata la Santa Messa disse, indicando l’altare: “Osserva il grande potere redentore che ha spezzato le mie catene, contempla il prezzo del mio riscatto: è l’Ostia consacrata, che toglie i peccati del mondo!”
Ecco un altro episodio raccontato dallo storico Fernando di Castiglia e citato da padre Rosignoli. A Colonia, tra gli studenti delle classi più avanzate dell’università, c’erano due religiosi domenicani di grande talento, uno dei quali era il beato Enrico Suso. Gli stessi studi, lo stesso stile di vita e soprattutto la stessa predisposizione alla santità fecero sì che i due stringessero una stretta amicizia, condividendo i favori che ricevevano dal Cielo.
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Quando terminarono gli studi, vedendo che stavano per separarsi e per tornare ciascuno al proprio convento, i due amici si promisero che il primo che fosse morto avrebbe dovuto essere assistito dall’altro per un anno intero con la celebrazione di due Messe a settimana, una di Requiem il lunedì, com’era abitudine, e una il venerdì quando fosse stato possibile. Stabilirono questo, si diedero il bacio della pace e lasciarono Colonia.
Per molti anni continuarono entrambi a servire Dio con il massimo fervore. Il religioso il cui nome non è menzionato fu il primo ad essere chiamato da Dio, ed Enrico ricevette la notizia con i sentimenti più perfetti di rassegnazione alla volontà divina. Il tempo fece sì che il beato dimenticasse l’accordo che avevano stretto. Pregò molto per l’amico, fece penitenze e molte altre buone azioni per lui, ma senza ricordarsi di offrire le Messe che aveva promesso.
Una mattina, mentre meditava in cappella, il beato vide apparire all’improvviso davanti a lui l’anima del suo amico scomparso, che guardandolo con tenerezza gli rimproverò il fatto di essere stato infedele alla parola data, nella quale aveva tutto il diritto di confidare. Enrico, sorpreso, cercò di scusare la sua dimenticanza enumerando le preghiere e mortificazioni che aveva offerto e continuava ad offrire per il suo amico, la cui salvezza gli era tanto cara. “Possibile, mio caro fratello”, aggiunse, “che tante preghiere e buone azioni che ho offerto a Dio non siano ancora sufficienti?”
“No, fratello mio”, replicò l’anima sofferente, “non bastano. Solo il Sangue di Gesù Cristo potrò estinguere le fiamme dalle quali sono consumato. È il santo sacrificio della Messa che mi libererà da questi tremendi tormenti. Ti imploro di mantenere la tua parola e di non rifiutarmi quello che giustamente mi devi”. Il beato si affrettò a esaudire i desideri dell’anima sofferente, e per riparare alla sua mancanza celebrò e fece celebrare ancora più Messe di quelle che aveva promesso.
Il giorno successivo, su richiesta di Enrico, vari sacerdoti si unirono a lui nell’offerta del santo sacrificio della Messa per i defunti, ripetendo quell’atto di carità per vari giorni. Dopo qualche tempo, l’amico del beato gli riapparve, ma ora in una condizione ben diversa: il suo aspetto era gioioso, ed era circondato da una luce meravigliosa. “Grazie di cuore, mio fedele amico”, disse. “Vedi, per il Sangue del mio Salvatore sono stato liberato dalle mie sofferenze. Ora sto andando in Cielo per contemplare Colui che adoravamo tanto spesso sotto il velo del Sacramento.”
Enrico Suso si prostrò per ringraziare Dio, che è misericordioso, e comprese più che mai il valore inestimabile del santissimo sacrificio dell’altare.
Tratto e adattato dall’opera Purgatory: Explained by the Lives and Legends of the Saints (p. I, c. XXXIII; p. II, c. XII), Londra, Burns & Oates, 1893, pp. 101; 155-157. Il libro di padre Rosignoli che parla dell’argomento è Maraviglie di Dio nell’anime del Purgatorio.