Visto che in tanti gli sono andati dietro quando riduceva l’Antico Testamento a un commentario bellico, Mauro Biglino si è spinto oltre e ha preteso di “svelare l’inganno” sotteso anche al Nuovo Testamento. Per farlo (poiché la tesi è assurda) ha dovuto compiere notevoli forzature, delle quali cominciamo qui a dar conto: dalla mistificazione del cristianesimo ortodosso col marcionismo al silenzio sulle fonti storiografiche extra-bibliche che confermano i dati dogmatici dei testi scritturistici. Dice di essere saltato oltre lo “steccato dottrinale”: in verità è saltato fuori dalla storia e dalla realtà.
Il capitolo 5 di Antico e nuovo testamento, libri senza Dio si apre con una biliosa tirata contro
un libro di guerra pieno di eccidi e stermini, sotterfugi, inganni, uccisioni e tradimenti, atti assolutamente inaccettabili e immorali.
(p. 133)
Addirittura – come se una boutade fosse una grande idea – Biglino richiama la proposta di citare in giudizio in una Norimberga 2… “Dio” (o chi per lui). Transeamus.
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Partendo da queste premesse – che sono coartatamente e faziosamente estrapolate scartando innumerevoli passi contrastanti (il Tanak non parla esclusivamente di guerre e di conquiste territoriali…) – Biglino afferma che «il Dio della teologia» sarebbe stato “inventato” per giustificare l’ingiustificabile cronaca di antichi massacri. E Biglino dovrebbe decidersi, una buona volta:
- o la Bibbia è l’inganno ordito per soggiogare le coscienze,
- o essa è il mezzo per svelare l’inganno.
Se si vorrà affermare che essa è l’una e l’altra cosa insieme, bisognerà spiegare:
- come mai persone tanto sagaci come “gli ideatori delle religioni” non abbiano pensato di mantenere la “religione” (dei cui proventi dovevano vivere) e di eliminare “il corpo del delitto” (cioè le Scritture); o in alternativa
- come mai “la religione”, che Biglino di tanto in tanto definisce la più grande e raffinata invenzione intellettuale dell’umanità (o parole simili) possa essere smantellata pezzo a pezzo da un uomo senz’altro mediamente intelligente ma completamente ordinario come lo stesso Biglino.
Marcione, i Testamenti e le prime bugie su Gesù
Il quale afferma che chi ha compreso «la natura del Vecchio Testamento» (cioè – stando a Biglino – l’essere un ricettacolo di nefandezze) affermerebbe che il Nuovo Testamento avrebbe natura completamente differente. E questo è quanto mai errato: Marcione e i suoi seguaci hanno professato una simile dottrina. Non la Chiesa cattolica. Anzi Marcione fu, a quanto ne sappiamo, il primo eretico a essere condannato dalla Chiesa (non fu ucciso: checché ne dica Biglino, il primo eretico a essere condannato alla pena capitale passò per le mani di un imperatore, e contro il parere dei Vescovi…).
L’affermazione «semplicistica e immotivata» (134), come la definisce Biglino, non è quindi contenuta nella dottrina cattolica, bensì nella copia di mille riassunti che Biglino fa del marcionismo.
Gingillandosi in oziose amenità linguistiche («bisognerebbe dire, correttamente, Giosuè il Messia e non Gesù il Cristo» – transeamus), il Nostro elenca tre dati dogmatici cristiani – il terzo impreciso al limite della falsità – e lascia intendere di volerli smontare. Vediamo quali sono: Gesù
- è il figlio unigenito di Dio;
- è stato mandato per liberare per sempre l’umanità dalla macchia del peccato originale che genera la morte;
- il Dio padre è quello dell’Antico Testamento (Yahweh).
Dunque, dicevamo che il terzo asserto risulta pesantemente condizionato dalla dottrina marcionita che (spero non in buona fede – sarebbe indice di grave ignoranza) Biglino ha spacciato per dottrina cattolica: l’Antico Testamento non è, per la dottrina cattolica, “il libro di Dio Padre”, come il Nuovo non è “appannaggio del Figlio”. La dottrina cattolica professa l’unitrina deità che si manifesta in un’unica e costante rivelazione: Ireneo vedeva il Figlio e lo Spirito già nelle due mani di Elohîm creatore; Origene afferma che alle querce di Mamre fu il Figlio, in compagnia di due angeli, ad apparire ad Abramo (e una simile esegesi si trova già esposta nell’ebreo Filone…).
Biglino è certamente libero di non condividere queste impostazioni ermeneutiche, ma resta nondimeno tenuto a rispettare l’integrità del testo: che la “teologia” – come dice lui – sia una sovrastruttura concettuale della Scrittura lo dice lui, appunto – e per dirlo ha molte meno prove di quante ne abbia per sostenere le strampalate tesi paleoastronautiche di Peter Kolosimo e Zecharia Sitchin (e queste ultime stanno a zero prove, zero reperti, zero evidenze… solo tanta fantasia).
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La fallacia dell’approccio di Biglino ai testi risulta evidente già nei tre punti che ha indicato, perché – escludendo il terzo, che come ho detto non corrisponde alla dottrina cattolica ma alla prima eresia ufficialmente condannata dal cristianesimo, e riconoscendo che la categoria di “peccato originale”, come pure quelle di “trinità” e di “incarnazione”, è un’elaborazione dogmatica posteriore all’epoca testamentaria – entrambi gli altri si giustificano con dirette e chiare citazioni bibliche. Quanto al “figlio unigenito di Dio”, si legge nel Vangelo secondo Giovanni:
Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Gv 1, 18
Quanto al fine della missione di Gesù, leggiamo nel Nuovo Testamento che
il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo.
1 Gv 3, 8
e nell’Antico che
la morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo.
Sap 2, 24
Eh, già: pare che la Bibbia non parli solo di guerre. Spero che Biglino non protesti dicendo che il libro della Sapienza non figura nella Tanak, perché non farebbe che aggravare la propria posizione – quella di chi parla di Bibbia impugnando un testo del IX secolo d.C. (il Testo Masoretico della Bibbia ebraica) contro uno del II secolo a.C (la traduzione alessandrina detta “dei LXX”).
Dopo questa prima raffica di dolose (speriamo per lui…) inesattezze e omissioni, Biglino torna alla consueta manipolazione concettuale: invece di far emergere dai testi i concetti nativi delle Scritture (cosa lecita per un biblista anche quando i risultati vadano momentaneamente contro “la dottrina”), egli assume dallo status quo della dottrina consolidata gli articoli che gli sembrano utili al proprio fine e li ritorce contro le Scritture, con un procedimento del tipo “se davvero questa quercia è nata da una ghianda bisognerà pur riuscire a rificcarcela dentro, altrimenti è evidente la totale estraneità dell’una all’altra”. Al capitolo 5 ormai Biglino è lanciato e si permette qualche bluff:
Nell’Antico Testamento non c’è traccia alcuna di un presunto Dio padre (spirituale, trascendente, onnipotente…) […].
p. 135
A me sembra di ricordare innumerevoli passi veterotestamentari in cui Dio è detto “padre” (soprattutto del popolo, o degli orfani come in Sal 68, 5, ma anche in contesti tradizionalmente letti come profezie messianiche – Sal 2, 7; 2 Sam 7, 1-7); quanto alla trascendenza, se Biglino disdegna i libri dei Maccabei – che tracimano trascendenza divina da tutti gli iota – potrà sempre richiamarsi a passi eucologici come la preghiera di Salomone in 1 Re 8, 23-30. Non sia frettoloso, Biglino, nell’attaccare il disco delle astronavi appena legge “cieli”: dovrebbe saperlo bene, che in ebraico espressioni come “i cieli dei cieli” indicano precisamente uno spazio che è al di là dello spazio – e allo stesso modo, malgrado le pagine dedicate a illustrare il contrario, “gli olàm degli olàm” sono la perifrasi ebraica per “l’eternità”. Quanto all’onnipotenza, Biglino non ce ne vorrà se riporteremo una breve pericope dalla Sapienza (ce ne sono anche altre, ma questa è letterariamente più bella):
Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so,
poiché mi ha istruito la sapienza,
artefice di tutte le cose.In essa c’è uno spirito intelligente, santo,
unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
libero, benefico, amico dell’uomo,
stabile, sicuro, senz’affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
È un’emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria dell’Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s’infiltra.
È un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell’attività di Dio
e un’immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova
e attraverso le età entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.Sap 7, 21-27
A Biglino non piace perché è scritto in greco e non in ebraico? È un problema che dovrà affrontare: questa è la Bibbia. E parla di Dio, creatore e salvatore.
L’antipatia di Biglino per i LXX traspare in questo passaggio stizzito sui testi del Nuovo Testamento:
[…] il problema del Nuovo Testamento non risiede tanto nelle traduzioni forzate (anche se sono ben presenti) o nelle interpretazioni di un testo scritto in greco, bensì in ciò che hanno deliberatamente inventato quando l’hanno scritto.
p. 135
Ecco il capolavoro: quando avverte che i testi – proprio quelli che aveva invocato fino a un attimo prima – stanno per sconfessarlo, Biglino mette in guardia dalla malafede degli agiografi:
Quali che siano stati gli autori dei Vangeli, essi hanno scritto con lo scopo di fabbricare la figura di un personaggio che potesse essere accettata soprattutto nel modo [sic!] greco-romano e per farlo hanno attinto ai racconti delle vicende che caratterizzavano la vita e le opere di altre cosiddette divinità molto diffuse al tempo in quei territori (da Dioniso ad Attis, da Horus a Mitra…).
Hanno scritto tutti dopo che Paolo di Tarso aveva già elaborato/inventato la sua figura critica, non a caso duramente osteggiata da quei seguaci di Giosuè/Gesù – compreso il fratello Giacomo che lo aveva sostituito a capo del gruppo – che lo avevano conosciuto e seguito quando era in vita e dunque sapevano bene che le affermazioni di Paolo erano assolutamente false, prive di fondamento e inaccettabili.
(p. 135-136)
Il cristianesimo a Roma prima di Paolo
A parte la solita (ormai noiosissima) bufala su Gesù omologo di Dioniso, Attis, Horus e Mitra (per la quale rimando alla già buona raccolta di Cattonerd, ma basterebbe anche Wikipedia a scoprire certe imposture), Biglino riscalda un altro Leitmotiv della propaganda anticristiana dall’Ottocento in qua: Paolo inventore del cristianesimo, Paolo influencer di tutti gli altri scrittori sacri del Nuovo Testamento. In questo Biglino, come i suoi epigoni prima di lui, si rivela perfettamente antimarcionita (dato che il marcionismo, per qualche motivo, è la sua idea di cristianesimo): Marcione avrebbe buttato a mare tutto l’Antico Testamento, e del Nuovo avrebbe conservato solo Luca (Vangelo e Atti) e Paolo (neanche tutte e 14 le lettere); Biglino vorrebbe usare l’Antico Testamento, e quanto del Nuovo giudica conforme alla sua personalissima lettura dell’AT, per buttare a mare Luca, Paolo e derivati… cioè tutto (perché secondo lui tutto deriva da Paolo per il semplice fatto che le epistole paoline sono i documenti più antichi del NT – il che è un asserto evidentemente discutibile…). Addirittura Biglino arriva a sostenere – avvalendosi del libro di tale David Donnini (sconosciuto in ogni contesto di ricerca seria, ma anche lui pubblicato dalla stessa editrice di Biglino…) – che
La stessa vicenda della cattura, del processo, della crocifissione e della presunta resurrezione non sono altro che la rielaborazione in chiave paolina di racconti di morte e resurrezione di altre divinità che avevano molti seguaci nel mondo ellenistico presso il quale Paolo di Tarso intendeva accreditare quel predicatore giudeo, probabile ribelle antiromano che fu processato e condannato per motivi esclusivamente politici.
ibid.
Sulla base di quali fonti (extrabibliche, poiché quelle bibliche le ha già diffidate) Biglino dice questo? Vogliamo tralasciare il Testimonium Flavianum, ancora controverso? E prendiamo Tacito, Svetonio, il rescritto di Plinio a Traiano e tutto quello che volete: niente, nelle fonti storiche su Gesù, dice di capi d’accusa politici. Anche la notizia dell’editto di Claudio – iudæos assidue tumultuantes impulsore Chresto –, non può essere letta in termini di sobillazione politica, poiché lo zelotismo è movimento giudaico palestinese, non della diaspora: anzi, a ben vedere vi si può leggere come il potere politico romano abbia registrato con infastidita distrazione la rumorosa fede dei discepoli di Cristo nella presenza viva e operante del maestro risorto. Attenzione: nel 49 Paolo non era ancora arrivato a Roma, e difatti gli Atti ci fanno sapere che l’Apostolo era a Corinto quando incontrò Priscilla e Aquila, esuli da Roma per via di quell’editto. Dunque, a ben vedere, la storiografia extrabiblica di Svetonio mostra che il racconto lucano è fededegno… e pure che i cristiani credevano nella risurrezione di Gesù anche dove Paolo non era in alcun modo ancora arrivato. Rifletta Biglino.
A quanto detto – cioè che la Chiesa nascente mostra la fede nella risurrezione di Cristo prima della benché minima attività paolina in loco, e da fonti indipendenti – si aggiunge che:
- in nessun modo si è necessariamente dipendenti da una fonte per la sola anteriorità cronologica (non vale per i codici, che hanno coordinate ben precise… figuriamoci per le ipotesi!);
- il Nuovo Testamento pullula di cristologie altissime (per certi versi più alte della stessa cristologia paolina – penso a quella giovannea, ma anche a quella della Lettera agli Ebrei) che nulla hanno a che fare con i theologoumenoi di Paolo, e che per giunta sono state sviluppate da autori e contesti in forte polemica con quelli paolini (si pensi anche solo alla polemica antipaolina nell’Apocalisse).
Con queste premesse – la cui falsità abbiamo già smascherato – Biglino si appresta a
uscire dallo steccato teologico che la Chiesa ha costruito sulle dottrine paoline (il fondamento “inventato” del cristianesimo) e ipotizzare una chiave di lettura diversa, più concreta e maggiormente rispondente a quanto è narrato nell’Antico Testamento.
(p. 136)
Come abbiamo visto, dopo aver mostrato di ignorare (se non di voler mistificare) il contenuto dottrinale della fede cristiana, Biglino è uscito non da un qualche “steccato dottrinale”, ma unicamente dalla storia, diremmo pure dalla realtà. Sarà opportuno dedicare altre puntate a svelare punto per punto le procedure con cui questo prestigiatore delle Scritture produce le sue mistificazioni: anticipiamo che nella prossima si offrirà un tale saggio della flagrante disonestà intellettuale del Nostro… che pure quanti non sanno leggere né l’ebraico né il greco dovranno prenderne atto.