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Quando ci sono polemiche e turbamenti? Fare discernimento e chiedere scusa

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 04/05/18
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30 anni fa Bergoglio faceva alcune riflessioni sulla “dottrina della tribolazione”, che oggi spiegano il suo comportamento nei confronti delle vittime dei pedofili in Cile.

«Riconosco, e voglio che lo trasmettiate fedelmente, che sono incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, in particolare per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate. Fin da ora chiedo scusa a tutti quelli che ho offeso».

Mercoledì 11 aprile Papa Francesco aveva inviato una lettera ai vescovi cileni per tentare di mettere fine al “caso Juan Barros”, un ginepraio di coperture a pedofili che prende il nome del vescovo della città cilena di Osorno, messo sotto accusa da tre ex ragazzi per avere dato protezione, durante gli anni degli abusi, ad un prete pedofilo seriale, Fernando Karadima (Il Messaggero, 11 aprile).



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Il caso Barros

Il papa aveva difeso a spada tratta monsignor Barros, sostenendo che occorrevano le prove prima di condannare il suo atteggiamento a copertura di Karadima.

Nei giorni scorsi, il papa ha anche ricevuto a Roma le vittime del prete pedofilo e della sua rete di coperture: James Hamilton, Juan Carlos Cruz e José Andrés Murillo, già definiti da Bergoglio delle vittime crocifisse «e questo mi crea dolore e vergogna», aveva sottolineato il papa.


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La reazione di Francesco, in un momento di grande caos generato dall’atteggiamento iniziale di difesa di Barros, non è stata casuale. Né è stata un’operazione di marketing per riprendersi le simpatie dell’opinione pubblica.

Piuttosto si spiega leggendo una riflessione inedita, da lui vergata più di trent’anni fa: il 25 dicembre 1987. La Civiltà Cattolica – nel quaderno 4029 (5 maggio) – ha pubblicato per la prima volta in italiano il testo a firma di padre Jorge Mario Bergoglio.

La dottrina della tribolazione

In esso si delinea quella che l’attuale pontefice ha definito una “doctrina sobre la tribulación“. Un testo di poco più di 2.000 parole – metà delle quali in nota a pié di pagina – al quale il Pontefice non ha mancato in questi anni di far riferimento. Di recente ne ha parlato anche ai sacerdoti e ai consacrati a Santiago del Cile, il 16 gennaio 2018 e poi nell’incontro privato con i gesuiti del Perù.

L’ombra delle tentazioni

Come affrontare tempi di desolazione, di turbamento e di polemiche? In tali momenti – scriveva padre Bergoglio – quando si solleva un polverone di tribolazioni e dubbi, non è facile trovare la via da seguire. Emergono varie tentazioni: perdersi in discussioni, non dare la debita importanza alle questioni, rimuginare la desolazione, fare la vittima, cercare una facile via d’uscita.

In questi casi, invece, senza accusare gli altri, bisogna chiedere «vergogna e confusione» per i propri peccati ed errori. È così che, secondo Bergoglio, «ci si pone nella migliore disposizione per fare discernimento».


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La soppressione dei gesuiti

Padre Bergoglio scriveva queste riflessioni come prefazione ad una raccolta di 8 lettere di due Prepositi generali della Compagnia di Gesù. Sette sono del padre Generale Lorenzo Ricci, scritte tra il 1758 e il 1773, e una del padre Generale Jan Roothaan, del 1831. Le lettere, scrive Padre Antonio Spadaro, parlano di una grande tribolazione: la soppressione della Compagnia di Gesù. Infatti, con il breve apostolico “Dominus ac Redemptor” (21 luglio 1773) papa Clemente XIV aveva deciso di sopprimere l’Ordine come risultato di una serie di mosse politiche.

Successivamente, nell’agosto 1814, nella cappella della congregazione dei nobili a Roma, papa Pio VII fece leggere la bolla “Sollicitudo omnium ecclesiarum”, con la quale la Compagnia di Gesù veniva ricostituita a tutti gli effetti.

“Confusione”, non “menzogna”

«Queste lettere – affermava Bergoglio nella sua riflessione – intendono dare elementi di discernimento ai gesuiti in tribolazione (per la soppressione della Compagnia del Gesù ndr). Sicché nella loro impostazione preferiscono – piuttosto che parlare di errore, ignoranza o menzogna – riferirsi alla confusione. La confusione si annida nel cuore».

Il discernimento

Prosegue il futuro Papa Francesco: «La verità o la menzogna, in astratto, non sono oggetto di discernimento. Invece lo è la confusione. Le lettere che seguono sono un trattato di discernimento in epoca di confusione e di tribolazione. Più che argomentare su idee, esse ricordano la dottrina e – per suo mezzo – conducono i gesuiti a farsi carico della loro vocazione».


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Alla ricerca della volontà di Dio

«Davanti alla gravità di quei tempi, all’ambiguità delle situazioni che si erano create, il gesuita doveva discernere – ammoniva Bergoglio – doveva ricomporsi nella sua appartenenza (..) Doveva “cercare per trovare” la Volontà di Dio, e non “cercare per avere” una via d’uscita che lo lasciasse tranquillo».

Il segno di aver fatto un buon discernimento, concludeva Bergoglio, il gesuita «l’avrebbe avuto dalla pace (dono di Dio), e non dall’apparente tranquillità di un equilibrio umano o di una scelta in favore di uno degli elementi in contrapposizione».