Gli aneddoti raccontati dai suoi familiari e dai collaboratori più stretti trasmettono brividi. Il 20 aprile l’omaggio di Papa Francesco nella sua Molfetta e l’annuncio della beatificazione
E’ arrivato il giorno di Don Tonino Bello. Il 20 aprile Papa Francesco è a Molfetta per una visita pastorale sui luoghi in cui ha vissuto l’ormai prossimo beato pugliese, vescovo della gente, sacerdote che amava scavare in quelle “periferie esistenziali” tanto care a Bergoglio.
La grande croce di Don Tonino
La celebrazione si svolge in mattinata nella cittadina in provincia di Bari, su un palco circolare per favorire una migliore partecipazione agli oltre 30mila presenti attesi. Sullo sfondo del palco campeggerà una grande croce in acciaio che riproduce il crocifisso stilizzato della croce pettorale di Don Tonino. Come sede per il Santo Padre è stata scelta la cattedra in legno che si trova nella Concattedrale di Ruvo. L’altare e l’ambone sono stati realizzati da due giovani di Molfetta.
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Il fiore alla Madonna dei Martiri
Accanto all’ambone arderà il cero simbolo di Cristo Risorto. Sull’altro lato, invece, sarà collocata la statua della Madonna dei Martiri realizzata dal Verzella e presso la quale Papa Francesco porrà un fiore d’oro realizzato attraverso la fusione di alcuni ex voto conservati dai frati» (Molfetta Viva, 17 aprile).
Don Tonino Bello è uno di quei sacerdoti che hanno lasciato un segno indelebile tra i suoi fedeli di Molfetta, e anche tra quelli che lo hanno semplicemente conosciuto o ascoltato.
La straordinaria “carica profetica”
Ricorda ad Agensir (19 aprile) il segretario Gianni Fiorentino:
«Penso alla straordinaria esperienza degli incontri di Quaresima e di Avvento che viveva con i giovani. La Cattedrale si riempiva per ascoltare le sue parole vibranti. Era in quelle occasioni che toccavamo tutti con mano il suo cuore contemplativo e la sorgente della sua carica profetica, della sua passione per la giustizia, del suo impegno per la pace. Perché la preghiera quando è autentica ci umanizza di più, ma soprattutto non ti avvicina soltanto a Dio, ma anche agli uomini e ai suoi drammi».
“Questo papa la pensa come lui”
«Sono sicuro che Tonino è contento di questa visita, contento per la gente, contento per la Chiesa per la quale stravedeva. Contento perché questo Papa la pensa come lui», dice a Famiglia Cristiana (19 aprile) Trifone Bello, fratello di Don Tonino.
La famiglia Bello è ricorda con grande affetto Don Tonino. «Era molto attaccato a noi anche se era sempre a disposizione di tutti. Non perdeva tempo, quasi sapesse che la sua vita sarebbe stata breve».
“Ci ha insegnato a nuotare!”
Quando il telefono squillava in casa di Trifone, alle 7.15 del mattino, le piccole Francesca e Raffaella si precipitavano nella stanza dei genitori, dov’era l’apparecchio principale, per parlare con «lo zio Tonino». La telefonata arrivava puntuale ogni giorno, a meno che «lo zio» non fosse all’estero o impegnato in qualche ritiro.
E anche se il fratello del papà di cose da fare ne aveva tante, «non si dimenticava mai della sua famiglia e della sua terra». Non tralasciava i suoi quattro nipoti, con “Checca” e “Lella”, anche i figli di Marcello, (l’altro fratello di Don Tonino), Stefano e Federica. «Ci dedicava poesie, ci portava al mare. Ha insegnato a nuotare a noi e a tutto il nostro gruppo. Aveva un dono speciale con noi ragazzi», ricorda Francesca.
A Sarajevo con il cancro
Nell’album dei ricordi di Trifone ce ne è uno sicuramente indelebile. Quando già la malattia che lo aveva colpito – un terribile cancro – era avanzata aveva voluto mettersi in marcia per Sarajevo, il 7 dicembre 1992. «Quella volta mi chiese di accompagnarlo, sapeva che aveva bisogno di sostegno», rammenta Trifone.
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Nessun privilegio, nonostante la malattia
«Quando arrivammo a Sarajevo c’era la possibilità di restare a dormire un po’ più riparati. Io ero tentato, lo ammetto, ma lui mi disse che dovevamo stare con gli altri. E anche quando ci mettemmo a dormire, io che avevo lavorato nelle costruzioni, cercai il posto che potesse resistere meglio ai bombardamenti. Mi venne a cercare per riportarmi con gli altri. Questo era mio fratello: bisognava condividere la stessa condizione di tutti, non c’erano privilegi. E noi», conclude Trifone, «siamo stati contenti che, dopo 25 anni da sacerdote e 10 da vescovo, Tonino sia morto senza una lira. Questa è la cosa più bella che a noi dà gioia e soddisfazione».