Il figlio è nato con gli occhi di colore diverso e col labbro leporino; lei ha trovato un gatto uguale e a lui. Alla piccolezza del sopruso si risponde con la generosità dello stupore
Nei giornali italiani questa notizia è finita sulle rubriche dedicate agli animali, questione di punti di vista. Vorrei spostarla in un contenitore più ampio e accogliente, magari legato a quella strana energia caparbia che hanno le mamme.
Partiamo dai fatti. Christina Humphreys vive in Oklahoma con la sua famiglia, ha tre figli di cui uno di nome Madden: è nato con l’eterocromia degli occhi (cioè ha gli occhi di colore diverso) e il labbro leporino. Nessuna patologia grave, insomma; però queste sue caratteristiche che lo distinguono dalla massa sono state sufficienti per essere preso di mira dai bulli della scuola. L’unicità è una qualità che si impara ad apprezzare da più grandi, lo dice una che da piccola avrebbe voluto essere così uguale a tutti da risultare invisibile.
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Mi sono soffermata su questa notizia per una coincidenza. Di recente è capitato un piccolo caso che mi ha fatto sorridere e pensare: la mia figlia più piccola ha uno strabismo spiccato che stiamo curando, nulla di tragico. Tutte le volte che andiamo al parco, gruppetti di bimbi un po’ più grandi di lei la guardano e dicono ad alta voce: «Guardate, una bambina con gli occhi tutti storti!».
La favola del re nudo si ripete, e non mi dà fastidio; il bambino confessa candidamente ciò che lo incuriosisce ed è più onesto degli adulti che stanno zitti e poi sparlano alle spalle. Però quando un difetto o una diversità diventano il pretesto per umiliare, insultare, svilire una persona occorre intervenire.
La mamma di Madden ha avuto un’intuizione geniale, fornitagli da un’occasione propizia. Ha scoperto su un gruppo Facebook che in Minnesota c’era un gatto con le stesse identiche caratteristiche di Madden, eterocromia e labbro leporino; inutile dire che si è mossa per adottare il felino. Moon ora fa bella mostra di sé in braccio a Madden, suscitando stupore in chi vede un umano e un micio così «simili». Mi azzardo a dire che è qualcosa di più della pur buona pet-therapy. È un rilancio al tavolo da gioco.
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È la creatività spicciola e geniale che impegna le mamme di tutte le latitudini: anziché perdere tempo in discussioni eterne, teoriche, inacidite sulla cattiveria dei bulli, ci si rimbocca le maniche per rendere pan per foccaccia. Sì, in origine questo detto aveva un’accezione positiva: si rifaceva alle usanze di buon vicinato quando chi aveva cotto delle focacce, fatte con della farina ricevuta in prestito, ne donava qualcuna al suo vicino il quale ricambiava con del pane, quindi una grande pagnotta per delle piccole focacce.
Alla piccolezza mentale del sopruso si risponde con la generosità dello stupore.
Ancora più importante di far sentire il proprio figlio unico, era fondamentale non farlo sentire solo. La compagnia è il primo luogo in cui si sperimenta il valore di sé: la famiglia di Madden ce lo ha ricordato con un gesto semplice, creativo, attento alla realtà che ospita sempre risposte adeguate alle nostre domande, a patto che sgraniamo gli occhi a cercarle.
Un aforisma bellissimo di Chesterton dice: «Si può concedere ai matematici che quattro sia due volte due, ma due non è due volte uno: due è duemila volte uno». Un abisso separa la solitudine del numero 1 dalla presenza di un amico che ti catapulta nell’essere 2. Non sarà il gatto uguale identico a cambiare la vita di Madden, ma il gatto è un segno visibile di un messaggio chiaro: c’è Chi ti ha pensato dalla notte dei tempi, e non ti lascia solo, si compiace di te.
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Noi mamme dobbiamo avere la grinta della leonessa se serve, ma possiamo tenerla da parte per circostanze davvero serie. Santa Ildegarda suggerì a Federico Barbarossa come dritta per essere un buon imperatore «non devi essere il vertice, sii il centro», cioè: chi guida qualcun altro (sia un regno, sia la prole) non deve ambire a essere sempre la punta di riferimento che sparge giudizi, invettive a destra e manca; è ancora più importante essere punti che riverberano il fuoco da cui spande la luce che ci illumina tutti. Guardare il centro, mettere a fuoco il senso, è più fruttuoso della presuntuosità di mettersi sul trono.
Trovare la chiave di lettura giusta delle circostanze è un miracolo, talvolta. Anche di quelle piccole. Come memento a me stessa terrò questa storia familiare: la reazione istintiva alla cattiveria non genera nulla di buono, c’è qualcosa di creativamente generoso che puoi fare? Ti va di metterti a cercarlo?
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