Anche i social a volte smettono di essere alibi e diventano il luogo di una condivisione reale, dove l’umano si impasta con l’umano e la potenza della vita viene ad esigere il nostro tremante inchino«It’s been a blur», effettivamente è difficile da tradurre; ogni lingua ha delle parole così uniche da non trovare equivalenti nelle altre. C’è dentro l’idea della nebbia e del buio, dei contorni che si sfumano, dello spaesamento inerte. Ed è stato attraverso la parola «blur» che Chiara Ferragni, con le sue foto sempre bellissime, nitidissime, perfette, ha annunciato pubblicamente che la sua gravidanza sta conoscendo un momento imprevisto di incertezza. Puoi avere a disposizione un autista in ogni città del mondo, puoi essere la più grande influencer di moda, puoi essere bellissima e felicemente fidanzata, puoi fare una vita da sogno eppure non si sente di meno la botta allo stomaco quando il ginecologo ti dice che il figlio che porti in grembo non cresce bene perché la placenta ha dei problemi.
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Non esiste la regola «sei famosa e ti andrà bene» ed è riprovevole che molti abbiano gongolato o speculato su questa notizia divenuta subito virale. La scelta di condividere con milioni di fan la propria vita privata su Instagram suscita una caterva di giudizi negativi: è una forma estrema di vanità, è fonte di guadagno, è mancanza di pudore. Una semplice foto con didascalia può scatenare uno sciame di reazioni incontrollabili, perché dietro l’anonimato virtuale le viscere dell’umano danno il peggio di sé. La foto in cui Chiara ha raccontato il momento difficile della sua gravidanza ha ricevuto oltre diecimila commenti, in crescita. Tra questi: «Che scarpe orrende hai in questa foto»; «Pensavi forse di partorire in aereo tra una sfilata e l’altra?» (epurato dalle varie parolacce); «Hai visto cosa succede se non mangi per essere magra?». Contemporaneamente il mondo dell’informazione si strofinava le mani all’idea di poter titolare a lettere cubitali «Ferragni, gravidanza a rischio», spingendo sull’acceleratore del sensazionalismo.
Si sa, gli avvoltoi svolazzano a tempo pieno e stomaco vuoto. Hanno fame, si saziano, hanno fame di nuovo. Ci si può fermare qui, fare spallucce e pensare ad altro. Oppure si può rovistare meglio in questo mercatino sovraffollato dei social networks e vedere se il benedetto e abusato nome di condivisione fa davvero il suo mestiere. Ed è così.
È tra quei diecimila e più commenti che si trova il volto umano della realtà virtuale. Perché, volenti o nolenti, l’umano c’è davvero dietro le tastiere e se si mostra con autenticità anche solo per un frammento di secondo è bene non ignorarlo.
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«Blur» è una parola che un po’ fa tremare, è sentirsi persi in mezzo alla nebbia senza nessun navigatore. Ed è una delle parole migliori per descrivere l’impotenza (tutt’altro che passiva) di una madre durante una gravidanza, soprattutto se insorgono problemi. Ma come? È qui dentro la mia pancia, possibile che non possa aiutarlo io?
I contorni si offuscano, anzi il tuo selfie di donna-quasi-madre non è per niente a fuoco; perché il centro della fotografia è qualcos’altro. Lo dice bene il commento di una fan di Chiara che scrive:
«Sei dinamica, sei perfezionista, stacanovista e piena di energie, finché non diventi madre. Poi tutto cambia».
Il tipo di energia personale di cui una donna fa esperienza in gravidanza è paradossale, passa attraverso una fase proficua di umiliazione: è protagonista nel momento in cui si abbandona a un’avventura che non può comandare, anche se accade dentro la sua pancia. Il verbo «fare» (… e tutti i suoi orgogliosi sinonimi «fare bene», «eccellere», «ottenere») va in ferie ed entra in scena a tempo indeterminato il nudo e puro verbo «esserci», cioè partecipare con la propria presenza alle mosse di un miracolo vertiginoso che non dipende dalle proprie sacrosantissime voglie.
Il paradosso è che in questo offuscamento del proprio io, la persona si mette a fuoco meglio; perché non è più Ego ma relazione con l’Altro. Sì, dentro la pancia c’è nostro figlio, ma ci sono momenti in cui è chiarissimo che quel frugoletto grande come un fagiolo è il messaggero di chi comanda l’universo intero con una creatività incontenibile dalle nostre categorie mortali.
Durante la gravidanza, la madre è testimone attendibile del mistero vitale e affettivo che tiene in piedi il mondo dal giorno della Creazione. Possiamo testimoniare piccole cose grandiose, dolorose, inaspettate, strampalate. Spulciando tra i commenti postati sotto la foto di Chiara che abbraccia Fedez, consapevole del momento critico che stanno vivendo, si trovano piccole storie comuni, tanto semplici quanto straordinarie.
È cocciuta la vita. Smentisce le statistiche e fa a modo suo. Ci catapulta in un regno di coraggio che non avremmo pensato di avere, forse non è completamente nostro. L’egocentrismo ci farebbe forse svicolare su sentieri più nitidi e pavidi, per mantenere l’autocontrollo. Ma chi l’ha detto che se il timone non è in mano mia la nave naufraghi?
«Dopo una settimana di contrazioni, quando ero di soli 5 mesi, fui ricoverata per stare a riposo forzato a letto. Quando la situazione migliorò fu dimessa, e due ore dopo ero di nuovo in ospedale. Mia figlia nacque l’indomani mattina. Le avevano dato il 5% di probabilità di sopravvivenza, ma la mia piccola guerriera ha battuto tutte le statistiche e ora è un’adorabile ragazza di 21 anni che ti ammira, cara Chiara».
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Quante parole sacre, dimenticate dai giornali blasonati, si trovano in questi messaggi, parole di gente comune alle prese con faccende così tremendamente reali da sapere lo spazio che la categoria dello stupore si merita nella vita. C’è addirittura chi osa alzare gli occhi e fare il gesto più spudorato e sano che una madre può fare, affidarsi.
«Tu che porti il nome di una Santa eccezionale come S. Chiara d’Assisi, affidati a Lei e a Lei affida il vostro Leo: sicuramente sarà protetto e colmerà te e Fedez non solo della gioia propria di tutti i genitori che realmente si amano (e che vedono benedetto il frutto del proprio Amore) ma anche di quello speciale raggio luminoso, segno potente e confortante di Dio Padre che sempre veglia e accompagna ogni suo figlio».