Obesità e anoressia: si tratta di malattie profondamente diverse che, tuttavia, hanno alcuni punti in comune. Ecco perché ne parliamo insiemeAnoressia e obesità. Si tratta di malattie profondamente differenti.
Diversa è la loro frequenza (l’anoressia è una condizione abbastanza rara, mentre l’obesità è molto comune), diversa l’età di esordio, diversi sono il loro livello di complessità e l’approccio terapeutico.
Quello che accomuna obesità e anoressia è il fatto che sono malattie del corpo degli adolescenti, e della loro mente. Corpo e mente, soprattutto in pediatria, non vanno mai considerati come entità indipendenti. Per comprendere davvero lo stato di salute del bambino o dell’adolescente è sempre necessario esplorare anche temi psicologici. Uno di questi temi è la relazione con il cibo. E qui troviamo un’altra chiave di lettura per comprendere l’accostamento di queste due malattie. Una distorta relazione con il cibo è alla base dell’obesità e dell’anoressia.
Ascoltare le storie del rapporto con il cibo della famiglia e del bambino significa, per noi pediatri, poter cogliere precocemente
comportamenti a rischio, proporre un’educazione alimentare corretta, ed effettuare una preziosa azione preventiva.
Cominciamo parlando con i genitori fin dai primi giorni di vita. L’allattamento al seno previene l’obesità, e questo è solo uno dei tanti motivi per i quali deve essere promosso sempre, con passione e tenacia.
Leggi anche:
Tutto quello che vorreste chiedere al vostro pediatra sull’allattamento al seno
Continuiamo a dialogare con i genitori nei mesi e negli anni successivi. Fin da quando il bambino inizia a mangiare cibi solidi, esiste spesso il rischio di favorire l’instaurarsi di una relazione poco virtuosa con il cibo proprio a casa di una mediazione invasiva da parte del genitore e della famiglia.
Mi raccomando finisci tutto quello che hai nel piatto! Niente cioccolata se non ti comporti bene! Oggi sei stato bravissimo, ti sei meritato un gelato! Spesso viene fatta pressione ai bambini perché mangino il più possibile. Il cibo viene a volte utilizzato come premio, o come ricatto.
Inoltre, spesso un biscotto viene scelto senza troppi scrupoli per intrattenere il bambino se è annoiato o per calmarlo se è nervoso. A volte inoltre si è portati, come genitori, a stigmatizzare le differenze di forma fisica o di appetito tra fratelli. Tutto questo può aprire le porte a un rapporto poco equilibrato con il cibo.
Leggi anche:
Lo svezzamento: cosa c’è da sapere
Negli anni successivi, possiamo parlare direttamente con il bambino, e poi con l’adolescente. Approfondire la conversazione ci permette di comprendere meglio le sue abitudini alimentari. Manifestare empatia nel dialogo ci può aiutare a conquistare la fiducia del paziente, requisito fondamentale per provare a correggere abitudini sbagliate o rischiose.
Leggi anche:
Ortoressia, il nuovo disturbo alimentare negli adolescenti
L’osservazione e il dialogo con l’adolescente ci permette inoltre di cogliere delle avvisaglie precoci di Disturbi del Comportamento Alimentare come anoressia o bulimia. L’instaurarsi di comportamenti selettivi nei confronti di alcuni alimenti, l’emergere di aspettative insistenti sulla forma fisica, il cambiamento improvviso del modo di vestire per coprire le forme. L’identificazione precoce del problema ne permette una precoce gestione, con migliori probabilità di successo.