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Chi ha inventato gli Esercizi Spirituali? E perché sono stati scritti?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 24/01/18

Sant'Ignazio ha avuto un ruolo decisivo ma le origini di queste pratiche spirituali non risalgono a lui

Come sono nati gli Esercizi Spirituali? Chi li ha inventati? Mark Rotsaert inEsercizi Spirituali di Sant’Ignazio” (edizioni San Paolo) indaga su questo interessante tema.

In molti, infatti, pensano che gli Esercizi siano nati per mano di Ignazio di Loyola. Il santo gesuita ha avuto sicuramente un ruolo decisivo nella scrittura e nella redazione di essi. Ma lui stesso ha appreso queste tecniche, utili a far accrescere la propria spiritualità, da tre ordini di frati che li hanno diffusi per primi.

Ebbene sì: i primi a gettare le basi per gli Esercizi sono stati, nell’ordine, francescani, benedettini e domenicani. Vediamo in che modo.




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I francescani a La Salceda

Alla metà del XV secolo nasce in Spagna un vasto movimento di riforma degli ordini religiosi. Il primo e il più influente sorge tra i francescani. Il loro convento di La Salceda in Castiglia è di gran lunga il più importante per questo cambiamento.

La spiritualità di questi religiosi si distingue per alcune caratteristiche: preghiera interiore e affettiva, importanza della solitudine, vita secondo l’esempio di Cristo povero e umile.

Pur insistendo sull’interiorità, i francescani non sono favorevoli a una dimensione troppo intellettuale; di qui la loro diffidenza nei confronti di un’eccessiva formazione filosofica e teologica.




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I benedettini a Valladolid

Un movimento simile di riforma si delinea nei benedettini. Il suo centro si situa nel monastero castigliano più austero: San Benedetto a Valladolid. Questi monaci, che già passano la vita intra muros, spingono all’estremo l’esercizio della solitudine: alcuni fanno persino voto di clausura perpetua… Così la lectio divina – lettura meditata della Bibbia – e la preghiera personale prendono il sopravvento sull’ufficio del coro, tempo in cui la comunità si riunisce diverse volte al giorno per recitare i salmi.

Come i francescani, essi mettono l’accento sulla devozione interiore e personale. Nelle biblioteche dei monasteri benedettini si trovano, d’altra parte, numerose opere di spiritualità francescana, in particolare opere di san Bonaventura. Facendo una sintesi della teologia agostiniana e della teologia contemplativa medievale, quest’autore sostiene, nelle sue opere sulla preghiera, una contemplazione che, nutrita dall’amore, apre all’amore.




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La prima pubblicazione di Garcia

Vi è un altro segno di questo legame fra benedettini e francescani. Nel 1488 García Jiménez de Cisneros è nominato vice priore dell’abbazia di San Benedetto a Valladolid, mentre suo cugino Francisco Jiménez de Cisneros – futuro cardinale di Spagna – è il guardiano del convento dei francescani a La Salceda. Un affare di famiglia, dunque!

Nel 1493, su proposta dei Re cattolici, Garcia è nominato priore dell’abbazia di Montserrat, dove introduce la riforma. Sette anni più tardi, pubblica il suo Exercitatorio de la vida espiritual (“Esercizi della vita spirituale”), in cui presenta un metodo di approfondimento della vita spirituale attraverso alcuni esercizi.

I domenicani a Salamanca

Da Valladolid parte anche la riforma dei domenicani, i “Frati Predicatori”. Tuttavia è il convento di Santo Stefano a Salamanca, famoso per la sua austerità, che diventa il più influente in Castiglia. Come i francescani e i benedettini, questi religiosi insistono su una spiritualità più interiorizzata e su un ritorno alle origini, cioè alla regola primitiva del fondatore. Fedeli alla loro tradizione, essi continuano tuttavia a prestare grande attenzione a una seria formazione intellettuale.




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Eremiti e “case di esercizi”

Se ciascuno di questi grandi ordini religiosi intende ispirarsi alla propria regola originaria, tuttavia, in questo movimento di riforma generalizzata, un certo numero di tratti comuni caratterizza la nuova spiritualità che compare verso il 1500. All’inizio si manifesta nei religiosi il desiderio di una più grande solitudine, per incentrare maggiormente la propria vita in Cristo.

Così, al principio del XVI secolo, si delinea nei benedettini un movimento eremitico, ad esempio nelle montagne del Montserrat, mentre i francescani aprono le prime “case di esercizi” (i recolectorios), luoghi consacrati alla preghiera, poiché questa spiritualità promuove la preghiera personale. La ricerca dell’interiorità prevale sull’impegno e sull’“apostolato” nella vita della Chiesa e nel mondo.




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L’aiuto del direttore spirituale

Gli autori dell’epoca incoraggiano il ricorso a un direttore spirituale come aiuto a trovare la propria strada. Gli stessi autori raccomandano la pratica quotidiana dell’esame di coscienza, che si presenta come una revisione di vita, una rilettura della giornata alla luce del vangelo. I consigli di un direttore e la pratica della rilettura della giornata manifestano un gusto spiccato per progredire con metodo nel cammino della vita di preghiera e della vita ascetica.




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Umiltà, mortificazione, contrizione

I testi mistici dell’epoca sono pochi.

Gli autori preferiscono descrivere i frutti della preghiera: l’umiltà, che aiuta a trovare la propria autentica collocazione davanti a Dio e agli uomini; la mortificazione, attraverso cui l’uomo muore a se stesso per aprirsi agli altri; la contrizione, che permette di risollevarsi dopo tale o talaltra colpa; la compunzione del cuore, che è quel pentimento che purifica l’uomo interiore; la conversione, che riorienta la vita verso Cristo e il suo vangelo; la povertà e la carità.

Somigliare a Cristo

Secondo questi autori, lo scopo della vita spirituale è di somigliare a Cristo, contemplato nella preghiera. E questo stesso desiderio è il motivo determinante dell’ascesi e dell’austerità della vita. Alcuni autori danno direttive precise: dieci livelli di umiltà, dodici livelli di obbedienza, sei livelli di povertà, sei livelli di verginità, due livelli di carità, ecc.


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L’allievo Ignazio

Allo stesso modo altri propongono regole e metodi per trovare il giusto grado di mortificazione, in particolare nel cibo, nel sonno, nel silenzio e nelle penitenze corporali.

L’esperienza spirituale suppone un’ascesi equilibrata in cui l’accento è messo su virtù semplici e solide. È a questo metodo di preghiera che Ignazio di Loyola è stato iniziato al tempo del suo soggiorno a Montserrat.




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