E rialzarci in fretta, senza stare troppo a pensare a come siamo stati sciocchi o a quanto male ci fa. Come fanno i bambiniLettere a una moglie #2 (ovvero l’esodo del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif)
di Giuseppe Signorin
Inciampare non è il problema, amore mio. Neppure cadere.
Abbiamo la grazia, mai contemplata abbastanza, di credere alla religione “che non permette niente, ma perdona tutto”, come direbbe il nostro amato Chesterton. Il mondo, invece, “permette tutto, ma non ti perdona niente”.
Quindi nessun problema se in una camera – la nostra, per inciso, che dovresti conoscere a memoria – illuminata a giorno, con un lettone matrimoniale mastodontico a causa dell’altezza del tuo sempre più stupito marito, tu riesca, con nonchalance da vera diva, a sbattere non con lo spigolo ma con il centro (ok, non era proprio il centro, ma quasi) e volare, a mo’ di Pippo Inzaghi dopo un contatto in area di rigore, a qualche metro di distanza dall’impatto.
Leggi anche:
Lo dice S.Teresina: per i piccoli le braccia di Gesù saranno un ascensore!
Lì per lì mi è preso un colpo. Avevo paura ti fossi rotta tibia e perone. Dopo qualche secondo non ho resistito e sono scoppiato a ridere, ti chiedo ancora perdono, ma avevo capito che era solo un dolore passeggero. Poi ti sei rialzata, non ricordo bene se te la sei presa con me (probabile), e la vita è ricominciata.
Il punto infatti non è cadere. Escluso il tuo santissimo umilissimo marito, chi non cade? Il punto è rialzarsi. Stare lì a pensare troppo alla caduta, al male che ci ha fatto, a quanto siamo stati sciocchi (non è il caso del tuo tuffo, ci mancherebbe: non era affatto semplice schivare il mastodontico lettone matrimoniale che abbiamo in camera), o deboli, pensare troppo a sé stessi, insomma, non è utile per niente.
Probabilmente quando non ci stupiremo più di tanto dei nostri scivoloni, allora sì avremo fatto un passetto avanti sulla via della santità. Del ritornare bambini. I bambini sono come te, amore mio. Li vedi volare per casa come tanti piccoli Pippo Inzaghi in area di rigore e poi si rialzano subito. Senza reclamare rigori. Cadere è normale. Rialzarsi è divino, nel senso che ci si rialza tranquilli solo perché si confida nel Divino, in Gesù Misericordioso.
E si va avanti. L’importante è munirsi di parastinchi, ginocchiere, gomitiere, caschetto, tutto quello che serve per evitare l’evitabile, insomma, e poi procedere spediti. Rivestirsi dell’armatura di Dio: preghiera, penitenze, sacramenti. Parola con la “P” maiuscola. Così si cade di meno e quando si cade ci si rialza senza dannarsi troppo l’anima. Feriti. Dispiaciuti.
Leggi anche:
Ridi e falla ridere, scaccerai il demonio dal tuo matrimonio
Ma il tempo che serve per riprendere il cammino. Invece quante persone incastrate nella deprimente logica del mondo che non conosce peccati e tutto permette, soprattutto l’ansia da prestazione, che se non ti realizzi, non raggiungi certi obiettivi, non sei efficiente, non rispetti gli standard anti-stereotipati, allora è meglio che muori ammazzato. Da te stesso, dagli altri. La vita è tua. Il corpo è tuo. Tutto finisce qui. Che pesantezza. Che Dio ci continui a donare senza meriti la leggerezza di prendere dentro il mastodontico lettone matrimoniale che abbiamo in camera, volare a mo’ di Pippo Inzaghi e poi rialzarci come se niente fosse. Che lo faccia tu o io, poco importa. Per definizione evangelica siamo la stessa cosa. Ti amo.