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Alcuni nodi da sciogliere nel pontificato di Papa Francesco

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 23/11/17
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Dal caso dei manifesti alla questione argentina. Tutte le trame che provano a indebolire il Santo Padre

Chi fa la guerra a Papa Francesco? Il giornalista Francesco Antonio Grana in “Sedevacantisti” (Tau editrice) fa una carrellata delle situazioni più spinose per il pontefice, causate da chi prova a metterlo in cattiva luce.

Dai manifesti alle critiche dei vescovi “dubbiosi”

Grana evidenzia che la Pasqua 2017 è stata segnata dai 200 manifesti anti papali affissi nelle strade di Roma, il finto Osservatore Romano irridente il Papa, le critiche di vescovi e cardinali come Francesco Cavina di Carpi, Luigi Negri emerito di Ferrara-Comacchio e Carlo Caffarra emerito di Bologna (scomparso di recente), quest’ultimo uno dei quattro porporati, tra cui lo statunitense Raymond Leo Burke, che hanno rivolto i loro “dubia” al Papa sulle sue aperture ai divorziati risposati.

«Non può essere presuntuosa l’evangelizzazione – ha sottolineato il Papa nella messa crismale nella Basilica di San Pietro – non può essere rigida l’integrità della verità, perché la verità si è fatta carne, si è fatta tenerezza, si è fatta bambino, si è fatta uomo, si è fatta peccato in croce. Lo Spirito annuncia e insegna tutta la verità e non teme di farla bere a sorsi».



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“Spiacevole parentesi”

Eppure, scrive Grana, c’è chi, soprattutto nella Chiesa, vorrebbe sedare questo pontificato archiviandolo come una spiacevole parentesi e invocando il ripristino di una “tradizione” che nulla ha a che fare con il Vangelo di Gesù. La povertà incarnata da Francesco, che rende credibile il suo annuncio, che altro non è che la buona notizia che i cristiani professano da duemila anni, infastidisce principi carrieristi cresciuti e pasciuti tramando e organizzandosi in cordate per spartirsi le sedi ecclesiali migliori.

“Flop annunciato”

Sul tavolo del Papa in questi ultimi mesi ci sono stati tanti dossier importanti a partire da Roma dove Francesco ha nominato il suo nuovo vicario, monsignor Angelo De Donatis, dato che il 17 aprile 2017 il cardinale Agostino Vallini ha compiuto 77 anni, oltre due in più dei 75 previsti dal Codice di diritto canonico per le dimissioni. Alla sua diocesi Francesco, ripristinando un’antichissima tradizione della Chiesa delle origini dove i fedeli sceglievano i loro pastori e i loro santi, spesso per acclamazione, aveva chiesto un sussulto di dignità e orgoglio con un sondaggio che a tutti i livelli, sia del clero sia del laicato, indicasse profilo e nome del nuovo vicario.

Un flop forse persino annunciato e la prova di un’immaturità per la Chiesa italiana di rendersi partecipe della scelta dei suoi pastori.



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La svolta dei tre pastori

Una Chiesa chiamata a una scelta importante e inedita con l’elezione di una terna di vescovi diocesani all’interno della quale il Papa ha scelto il nuovo presidente della Cei, il cardinale di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti. Così come significativa è stata la scelta di monsignor Mario Enrico Delpini come nuovo arcivescovo di Milano. Bergoglio ha nominato l’ex vicario generale del cardinale Angelo Scola che è andato in pensione pochi mesi dopo aver compiuto 75 anni.

Il caso Napoli

Secondo l’autore di “Sedevancatisti” rimane anche abbastanza scottante la situazione di Napoli con il cardinale Crescenzio Sepe, che il 26 aprile 2017 ha celebrato – con forse poca sobrietà – il doppio giubileo per i 50 anni di sacerdozio e i 25 di episcopato. Ma le inchieste – ricorda Grana -, canoniche e penali, su festini gay, giri di prostituzione e perfino, stando ad alcune denunce, di casi di pedofilia che coinvolgerebbero alcuni sacerdoti di Napoli e di diocesi vicine, inondano di giorno in giorno le cronache locali rimbalzando inevitabilmente anche sui quotidiani nazionali. Per Sepe, che il 2 giugno 2017 ha compiuto 74 anni, sentenzia Grana, è iniziato il conto alla rovescia per le dimissioni.



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Fatima e i viaggi

Così come resta delicato lo scenario geopolitico all’interno del quale si muoverà Francesco in questo 2017 dopo il delicato viaggio in Egitto, il 28 e 29 aprile, la canonizzazione dei pastorelli a Fatima il 13 maggio nel centenario delle apparizioni, e il viaggio in Colombia, dal 6 all’11 settembre, per sancire l’accordo del governo con le Farc. Tanti anche i viaggi in Italia dopo lo stop per il Giubileo straordinario della misericordia: Milano, Carpi, Genova, Bozzolo, Barbiana, Cesena e Bologna.

La rimozione di Zecca

Nemmeno per il 2018, salvo sorprese, il Papa tornerà nella sua patria, in quella Argentina corrotta a ogni livello dove anche con il barbaro omicidio di padre Juan Viroche, un santo sacerdote che difendeva i ragazzi della sua parrocchia dai tentacoli dei narcotrafficanti, si è voluto mandare a Francesco un messaggio mafioso per evitare un suo viaggio nel Paese che gli ha dato i natali. Situazione che ha portato alla rimozione del vescovo di Tucuman, monsignor Alfredo Horacio Zecca, che il Papa ha pensionato sulla soglia dei 68 anni assegnandogli la sede titolare di Bolsena. Per Francesco, infatti, il presule non è degno nemmeno di assumere il titolo di vescovo emerito di Tucuman, secondo la prassi decisa dal beato Paolo VI.


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La pedofilia e il Bambin Gesù

Nell’agenda di governo restano due nodi da sciogliere: la pedofilia con le polemiche dovute alle dimissioni delle due ex vittime di abusi, Peter Saunders e Marie Collins, che facevano parte della Pontificia Commissione per la tutela dei minori voluta da Bergoglio; e la corruzione stigmatizzata con forza da Francesco nel suo discorso alla comunità dell’Ospedale pediatrico della Santa Sede Bambino Gesù dopo gli scandali della gestione di Giuseppe Profiti benedetta dall’allora Segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone.

“Pagina nera”

Una pagina nera per la Chiesa, sottolinea Grana, che, come ha spiegato l’attuale presidente del nosocomio pediatrico Mariella Enoc, ha visto la restituzione da parte del porporato salesiano di 150mila euro in due rate (dicembre 2015 e gennaio 2016)20. Bertone sperava così di mettere finalmente la parola fine a una vicende a dir poco imbarazzante. Ma il 13 luglio 2017 la Santa Sede ha reso pubblico il decreto di rinvio a giudizio chiesto dal pm vaticano per Profiti e Massimo Spina, rispettivamente ex presidente e tesoriere della Fondazione Bambino Gesù. Per entrambi l’accusa è di aver “utilizzato in modo illecito, a vantaggio dell’imprenditore Bandera, denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù, denaro del quale entrambi avevano la disponibilità in ragione delle funzioni dagli stessi ricoperte.