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5 santi che avevano abitudini sane

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padre Michael Rennier - pubblicato il 10/11/17
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Prendersi cura del proprio corpo e della propria salute… è cosa sacrosanta! La prova? Ve la danno cinque santi, da san Luca a san Giovanni Paolo II, passando per Ildegarda di Bingen…

Spesso c’immaginiamo i santi come creature di un altro mondo, eteree, che non pensano se non al Cielo, si privano costantemente di cibo e non vedono mai la luce del giorno perché passano la miglior parte del loro tempo a pregare in oscure celle rischiarate appena da una minuscola feritoia. Del resto è per questo che vengono rappresentati sempre con un’aria pallida e smagrita… E per un certo numero fra loro è sicuramente vero.

Altri santi, però, hanno manifestato una grande gioia nel godere della loro salute e della loro buona condizione fisica – sia facendo escursioni nel verde, sia facendo sport o interessandosi all’arte di curare il prossimo. Questi cinque santi sono la prova che si può essere persone spirituali e non dimenticare il proprio corpo. Si direbbe che buona salute fisica e salute spirituale siano intimamente legate.

Giovanni Paolo II, il Papa sportivo

Giovanni Paolo II è un Papa tanto amato, celebrato per essersi sollevato contro il comunismo e per aver galvanizzato folle immense a ogni latitudine, durante le GMG. Ma nessuno ignora che egli fosse pure un atleta fatto e finito, che niente amava come partire con lo zaino in spalla ad accamparsi in montagna (dove un kayak rovesciato serviva alla bisogna come altare per la messa), o come scendere lungo le pendici innevate dei monti con gli sci. Amava così tanto lo sport che spesso indirizzò discorsi a differenti squadre sportive (per la maggior parte sono accessibili sul sito internet del Vaticano, perché l’argomento non era il parlare delle sue squadre preferite o della gioia della vittoria, ma di meditare in profondità sul senso dell’attività fisica).



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Giovanni Paolo II era convinto che nell’uomo corpo e anima fossero intimamente legati. È quanto si applicò a mettere in luce nel discorso alla nazionale italiana di calcio, che si può considerare uno dei migliori del genere, per quanto è intellettualmente stimolante. Parlò ai giocatori in questi termini:

Quando l’attività sportiva viene esercitata in buona maniera, essa tende a sviluppare la forza, la competenza, la resistenza e l’armonia, sempre favorendo la crescita interiore. Essa diviene allora una scuola di lealtà, di coraggio, di perseveranza, di tenacia e di fraternità.

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Pier Giorgio Frassati, il montanaro

Pier Giorgio è nato a Torino nel 1901. È morto prematuramente dopo aver contratto la poliomelite. Fu un duro colpo, per quanti lo circondavano, perché prima di questa malattia improvvisa era l’immagine stessa del giovane che scoppia di salute. Amava in particolare gli sport all’aria aperta e passava numerose giornate a camminare, a sciare e a scalare montagne. In particolare era un ottimo scalatore e stava quasi sempre un bel po’ più avanti dei suoi compagni.



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Partiva sempre con un rosario in una tasca e una pipa carica, pronta da accendere in alta quota. C’è quindi una foto molto nota di Pier Giorgio nella quale lo si vede scalare una montagna un mese prima della morte. Sul retro aveva scritto queste parole: “Verso l’Alto”. Che bello slogan! Si applica allo sport, alla ricerca del benessere, alla spiritualità, alla gioia… in tutto quello che fate, aspirate a salire verso le altezze.

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Pier Giorgio Frassati | Facebook

Ildegarda di Bingen, la fitoterapista

Ildegarda è nata sul tornante del XII secolo. È considerata la prima donna medico e botanica tedesca. Quando era ancora giovane, Dio la fece partecipe di visioni mistiche che il Papa le chiese di rivelare perché potessero essere condivise con gli altri – cosa che la rese molto celebre. Questa donna di grande intelligenza scrisse pure un certo numero di opere su argomenti che spaziano tra molti argomenti. Uno, in particolare, è molto noto e tratta di piante medicinali e di naturopatia.

Conosciuto col titolo di Liber subtilitatum (o “Libro delle sottigliezze delle creature divine”), quest’opera è un trattato che descrive piante e animali, nonché i loro usi medicinali. La santa preconizzava per esempio il consumo di tanaceto per «lottare contro l’eccesso di umori fluidi: chiunque soffra di catarro o di tosse dovrebbe prendere del tanaceto».


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Evidentemente, nessuno desidera tornare a un’epoca in cui la medicina era meno sviluppata di quanto essa sia oggi. Ma i metodi di Ildegarda costituiscono i fondamenti di una conoscenza, in materia di salute e di cure, che allora era in piena espansione. Ancora oggi, molti si appoggiano sulla sua conoscenza delle piante medicinali per curarsi. Ildegarda non si contentò di avere delle visioni e di esperire stati di estasi: si interessò pure alle scienze naturali, alle questioni di salute e di benessere, e in questo fu una donna veramente straordinaria.

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San Luca, il medico

Con gli Atti degli Apostoli e il suo Vangelo, san Luca ha partecipato alla composizione del più grande libro di tutti  tempi. Ma scrivere non era la sua attività principale, perché invece faceva il medico… La sua professione non era un segreto, e anche se questo non traspare chiaramente nel Vangelo, alcuni indizi vi fanno riferimento.



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Ad esempio, quando racconta la celebre storia del cammello che deve passare per la cruna di un ago, utilizza un termine che designa specificamente un ago utilizzato dai chirurghi, non un ago qualunque. Quando descrive una donna sofferente che viene a domandare la guarigione a Gesù, non esita a rifilare una staffilata ai suoi colleghi, chiosando in inciso che la donna «aveva speso tutti i suoi beni girando tra medici, senza che alcuno potesse guarirla». Ancora una volta ironizza sui medici quando ricorda che Gesù citò un celebre proverbio: «Medico, cura te stesso!».

L’interesse di san Luca per la medicina e per le questioni di salute è evidente. Ma egli comprese che la salute va al di là di quella della scienza medica. Quando parla di guarigione, è chiaro che parla al contempo di guarigione fisica e spirituale.

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Cosma e Damiano, i medici gemelli

Cosma e Damiano sono dei gemelli che vissero nel III secolo. Tutti e due studiarono la medicina e si misero a esercitarla per la Siria, in modo decisamente avveniristico. In effetti, la leggenda racconta che applicarono una nuova gamba a un paziente per sostituire la sua gamba malata, e questo viene considerato il primo trapianto di organo.



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Praticando la medicina, i due fratelli desideravano essere strumenti di guarigione per quanti soffrivano. Il denaro non aveva importanza per loro, venivano chiamati “gli anargyroi” (quelli senza soldi), perché non accettavano alcun pagamento per le loro prestazioni. Vengono considerati oggi come i santi patroni dei donatori di organi e dei chirurghi. Sono la prova che l’attenzione agli altri passa in via speciale per l’attenzione al loro benessere fisico.

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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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