Come ho imparato a guardare alla fine del percorso come a un inizio nuovo e gloriosoQuando uscivamo insieme andava tutto bene, ma il periodo del fidanzamento mi ha fatto presagire che il matrimonio sarebbe stato ben diverso. Speravo che in qualche modo sarebbe andata bene, ma le sei settimane successive alla cerimonia di fidanzamento sono state le più lunghe della mia vita.
Quasi tutti i preparativi erano stati ultimati, avevo dato le dimissioni dal lavoro e disdetto l’affitto di casa e a 35 anni non avevo ancora molto tempo per rimandare una maternità. Forse sarebbe stato più semplice ignorare la mia ansia fino a dopo il matrimonio, ma non ci riuscivo.
Ho perso cinque chili, ho iniziato a sostituire gli incontri di lavoro con delle telefonate per evitare che si parlasse di matrimonio e ho mangiato solo pizza surgelata e acqua – le uniche cose che il mio stomaco riusciva a sopportare.
Alla fine ho dovuto ammettere che avrei preferito essere senza un uomo, senza figli, senza una casa e senza lavoro piuttosto che pronunciare dei voti matrimoniali davanti a Dio, alla mia famiglia e ai miei amici… Era il 3 giugno…
Ero in palestra e stavo leggendo la riflessione di Sheryl Sandberg sulla morte improvvisa del marito. Avevano condiviso una vita e avevano due bambini – più di quanto avessi io con il mio fidanzato. Ho cominciato a piangere, capendo quanto potesse essere peggiore la mia situazione. Al confronto, ero quasi grata del fatto che tutto ciò che dovevo fare era porvi fine. La Sandberg ha scritto che voleva “scegliere vita e significato”, e ho capito che dovevo restituire l’anello.
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Quando ho visto il mio fidanzato due giorni dopo ho messo fine a tutto.
Dirlo alla gente mi è sembrata una marcia funebre, anche se considerando com’è andata mi preoccupavo eccessivamente. Con mia sorpresa, infatti, la maggior parte delle persone si è congratulata con me per aver avuto il coraggio di prendere una decisione del genere, e un numero sorprendente di loro mi ha confessato che avrebbe voluto fare lo stesso.
Sei settimane dopo sono dovuta tornare nel luogo in cui avevamo festeggiato il nostro fidanzamento per una conferenza di lavoro. Quei quattro giorni sono iniziati con la receptionist che mi ha visto e ha detto ad alta voce: “Mi ricordo di lei, si è fidanzata qui!” La mia stanza era vicino alla “nostra” (con centinaia di camere disponibili, mi dovevano mettere proprio lì? Ma non intendevo certo tornare alla reception).
Fino a quel giorno non avevo versato una lacrima, ma finito il primo incontro non ero ancora tornata in camera quando ho iniziato a piangere, gridando contro Dio per avermi intrappolata.
Quando mi sono ricomposta, ho scorso Facebook e la prima immagine apparsa diceva “Dio a volte ci porta in acque tormentate non per farci affogare, ma per ripulirci”. Non ero in trappola. Avevo un bagnino che camminava sull’acqua e mi stava aiutando a risalire in superficie, se solo ero disposta ad ascoltarlo.
I tre giorni successivi mi sono divertita un sacco. Il mio devozionale quotidiano tratto da Blessed Is She un paio di giorni dopo aver detto “No” era stato Matteo 5, 13-16, che mi ricordava di non nascondermi sotto il moggio, ma di permettere alla mia luce di brillare. Ha colpito nel segno.
Trovare il coraggio di prendere una decisione difficile ha migliorato tutta la mia vita – mi sentivo invincibile.
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Questa sensazione mi aiutata a portare a New York tutto il dramma e i traumi. Qualche settimana dopo le settimane peggiori della mia vita ho avuto una delle migliori debuttando alla mia scuola di cabaret (me ne ha parlato il mio parroco, giuro!).
Poi, di ritorno da New York, ho contattato una mia vecchia amica che mi ha mostrato come meritassi di meglio, e non mi sono più sentita insignificante. Il mese successivo, il giorno delle mie nozze, una damigella mi ha chiesto di fare da madrina a sua figlia – non ero più senza bambini. Il mese dopo mi sono trasferita – non sarei stata più senza casa –, e un mese dopo ancora ho iniziato una nuova avventura lavorativa, di modo da non essere più senza lavoro.
È facile avere fede quando ci si sente bene. È molto più difficile confidare quando si è frustrati, arrabbiati o confusi, ed è stato proprio in quel momento che ho avuto più bisogno di andare in chiesa e che mi venisse ricordato che c’è UN progetto per la mia vita, anche se non è il MIO. Sto imparando che il progetto spesso ha più senso se si uniscono i puntini al contrario.
Non mi sono mai pentita della mia decisione, neanche una volta, né ho contattato il mio ex fidanzato o sperato di poter cambiare il passato. La rottura mi ha portato ad essere una persona migliore, ma c’è stato bisogno di coraggio, fede e forza.
Se condividere la mia storia rassicura anche solo una persona sul fatto che se pone fine a una relazione andrà tutto bene, spinge una coppia a frequentare un consulente pre-matrimoniale o incoraggia una coppia a cercare aiuto ne sarà valsa la pena.
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Nel messaggio di cancellazione del matrimonio che ho inviato agli ospiti ho citato il dottor Seuss dicendo: “Non piangete perché è finito, sorridete perché è accaduto”, e ho condiviso il fatto che il nostro futuro è ormai su due strade che non si intersecano.
Se si considera una rottura come la via per un nuovo e glorioso inizio, sarà valsa la pena di sopportare tutto quello che si è dovuto affrontare.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]