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Si può amare il figlio di chi ha violentato tua moglie? Una testimonianza toccante

JEFF

salvarel1.blogspot.com.ar

Religión en Libertad - pubblicato il 06/11/17

“Questi bambini sono un'opportunità unica di redenzione. Sono il cammino di guarigione e una risposta all'incubo”

Il sito Religión en Libertad ha raccolto qualche settimana fa la testimonianza di Jennifer Christie, rimasta incinta dopo essere stata vittima di uno stupratore seriale e che in un articolo ha denunciato, anche con il nome e il volto di altre donne che si sono trovate nella sua stessa situazione, chi vuole usare la tragedia dello stupro per legalizzare l’aborto, mettendo, come dice lei, ai bambini un bersaglio sulla schiena.

Anche il marito di Jennifer, Jeff, ha voluto offrire la sua testimonianza. “Io non sono rimasto ‘incinto’ a causa dello stupro, ma mia moglie sì… e ho la mia opinione al riguardo”, intitola il blog Save the 1.

JENNIFER CHRISTIE
salvarel1.blogspot.com.ar

Jennifer Christie insieme al marito Jeff, autore di queste riflessioni.

Capisco perfettamente le donne quando dicono che gli uomini non possono dire nulla quando una gravidanza deriva da uno stupro. A volte c’è una parte di verità in questa affermazione, ma quando questo è capitato a mia moglie – con la quale sono sposato da 22 anni –, quando è stata brutalmente violentata e picchiata, tutto questo ha influito profondamente e in modo molto intimo anche su di me.

Il nostro splendido bambino di tre anni è stato concepito in quel terribile atto di malvagità, ma è stato un regalo meraviglioso per entrambi che ci ha aiutati a superarlo giorno dopo giorno.

Ho letto molti commenti e ho sentito svariate opinioni. Sono d’accordo sul fatto che non si può pensare o sentire cosa accade in una situazione simile a meno che non lo si sperimenti sulla propria pelle. È una realtà terribile e crudele con cui convivo. Sono consapevole di non poter eliminare il trauma che ha subito mia moglie per quanto ci provi. Riconosco che non posso capire né sarò mai in grado di capire la profondità del suo dolore.

Neanche lei comprenderà il mio. Si suppone che io sia colui che la protegge. Io sono quello che davanti alla nostra famiglia e ai nostri amici ha detto “… nel bene e nel male”, ho promesso di proteggere la sicurezza del suo corpo e del suo cuore. E allora dov’ero quando lei aveva più bisogno di me? Vivo con questo dolore e non smetto di chiedermi: “Che sarebbe successo se…”, e “Perché io non…?” Questi pensieri mi accompagnano sempre.

Prima che lo notasse chiunque altro, ho capito che quella donna che conoscevo da quando avevamo 14 anni e che era una ragazza gioviale, estroversa, il cui brio faceva ridere tutti non sarebbe stata mai più la stessa persona. Ho capito anche che quel piccolo, nostro figlio, non aveva alcuna colpa dell’orrore per cui era passata la madre.

Sapevo che mia moglie non avrebbe mai dimenticato l’atrocità che ha subito, che fosse nato o meno quel bambino innocente. È di un’ignoranza arrogante dire cose come: “Con un bambino, la vittima di una violenza deve vivere costantemente con il ricordo di quello che le ha fatto un mostro”. Lei non ha bisogno di un promemoria. La violenza resterà per sempre impressa nella sua memoria, con o senza il bambino.

Perché… i bambini concepiti in violenze terribili sono “promemoria”? Da parte mia, posso raccontare la mia esperienza personale.

Quei bambini sono un’opportunità unica di redenzione. Sono la via della guarigione e una risposta all’incubo di una crudeltà enorme. Isaia 61, 3 dice che Egli conforterà chi si lamenta e gli concederà “una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto”.

Mia moglie ama dire che nostro figlio le ha dato speranza, un proposito nella vita, quella fiamma d’amore che brillava nel suo cuore, e ho capito che senza quel bambino, nato con la violenza, senza quell’anima pura da proteggere e nutrire si sarebbe per sempre sentita sola nel suo vittimismo. Per tutta la sua vita si sarebbe chiesta perché ha dovuto subire quella tragedia, una creatura amata da Dio. Quello stupratore malvagio ha lasciato non una, ma due vittime dietro di sé: la donna oltraggiata e la vita concepita con la sua azione criminale.

Devo fare una confessione definitiva: anch’io ho iniziato a guarire con la notizia del concepimento di nostro figlio, e dico “nostro figlio” perché la mia amata sposa e io siamo un’anima sola. Se lei è incinta, allora NOI stiamo aspettando un bambino.

Ho trascorso le prime settimane dopo lo stupro essendo il baluardo e la fortezza di cui mia moglie aveva bisogno, distruggendomi le nocche mentre colpivo con rabbia il bordo del lavabo. Nei due decenni del nostro matrimonio non avevo mai messo in discussione il mio ruolo di sposo protettore, ma in quel momento mi sono sentito angosciato. Non riuscivo a resistere all’idea di ritenermi responsabile dell’accaduro e di non averla potuta proteggere.

Non cerco di paragonare la mia esperienza con il suo tormento, ma ritengo mio dovere parlare a nome di quegli uomini che in qualche modo si sono visti coinvolti nell’assalto sessuale subito dalla donna che amano. Siamo feriti. Il danno collaterale è enorme.

Ma il bambino…

Guarisce, insegna e ci dà coraggio. Ci costringe a guardare al di là di noi stessi. È un’opportunità impressionante per noi genitori di portare in questo mondo un’altra anima piena di amore e compassione. Non è il nostro unico figlio, è il più piccolo di cinque. Come gli altri, è arrivato nella nostra vita per volontà di Dio, che ci ha affidato la sua cura.

Come con gli altri figli, il nostro amore per lui è iniziato nel momento in cui abbiamo saputo della sua esistenza. Lo abbiamo accolto nella nostra famiglia con la stessa devozione e la stessa reverenza con cui abbiamo accolto sua sorella e i suoi fratelli. Tutti lo amano e lo considerano un fratello, senza considerarlo diverso. Sanno com’è stato concepito, ma non ne tengono mai conto quando lo guardano o quando giocano con lui. Questa accettazione incondizionata del fratello rafforza me e mia moglie nel nostro compito genitoriale.

Ora mi rivolgo alle donne che hanno abortito dopo una violenza e dico loro che non vogliamo giudicarle. Capiamo più di chiunque altro che la decisione che affronta una donna nei primi mesi dopo il trauma di una violenza, quando ancora si cerca di dare un senso all’accaduto, è schiacciante. La sensazione di provare animosità nei confronti del bambino generato nella violenza è terribile.

Anche noi ci siamo passati. Sappiamo che il futuro si può vedere così nero da desiderare più di ogni altra cosa di ridurre la pressione che si sente in qualsiasi modo. Nel nostro caso, in realtà non c’è stata una decisione. Senza discutere, sapevamo che avremmo onorato Dio e le nostre convinzioni e che avremmo protetto quella piccola anima dal dramma dell’aborto. È possibile che altre donne non abbiano avuto un sostegno di questo genere. Quello che possiamo assicurare loro è che Dio perdona e ci permette di imparare dai nostri errori.

Parte della grandezza della vita umana è che abbiamo sempre la possibilità di cambiare direzione correggendoci nel corso della nostra vita. Dio può cambiarci. Dobbiamo solo chiederglielo e volerlo davvero.

A tutte le donne che sono state oltraggiate e che portano una vita dentro di sé offriamo aiuto e comprensione. Amore e preghiera. Ricorrano a noi. Sappiamo che non lo dimenticheranno, ma con il tempo guariranno.

Mia moglie ama dire che “Non si può tornare indietro, ma c’è sempre una strada davanti”. Esiste la possibilità di accettare quella nuova realtà e di imparare a viverla ogni giorno. Sottolineo il fatto che la persona che cresce dentro di voi è unica, irripetibile. Non siete sole. Sì, la vostra vita ora è diversa, ma questa anormalità è colpa del malfattore che vi ha oltraggiate, non del bambino che cresce dentro di voi. Anche lui è vittima di intenzioni crudeli.

In questi quattro anni, il corpo di mia moglie non è guarito del tutto dopo quell’attacco brutale. Anche a voi potranno restare conseguenze emotive e fisiche durature. Il corpo di una donna non dovrebbe mai subire alcun oltraggio, ma quando vi fermate a pensare vedrete che quel corpo è stato progettato miracolosamente per proteggere e far crescere la vita.

Quello che accade dopo la nascita dipende completamente da voi. Ci sono sempre delle opzioni, c’è sempre gente disposta ad aiutare.

Termino con un tributo alla mia formidabile sposa e alle donne incredibili che ho incontrato da quando ha condiviso questo episodio della nostra vita. Vere eroine. Leggere le loro storie riempie di ispirazione, determinazione e coraggio, e mi lascia sempre senza parole.

È difficile quando sento alcuni affermare che non tutte le donne sono abbastanza forti da portare a termine una gravidanza in circostanze simili o dopo un trauma del genere. Non sono d’accordo. Ho visto mia moglie partorire cinque volte. L’ho vista rimanere serena di fronte a situazioni che farebbero tremare anche uomini d’acciaio. La forza di una donna non dovrebbe mai essere sottovalutata.

So che non sono stato io a rimanere “incinto” dopo la violenza, ma mia moglie sì. Quel giorno anche la mia vita è cambiata per sempre, quindi non mi si dica che la mia opinione non conta. Non mi si dica che non posso aver voce in capitolo nella difesa della vita nel grembo materno, e per favore, non mi si dica che non ho idea di quello che deve affrontare una donna in una situazione di questo tipo, perché so molto bene cosa prova.

Jennifer Christie ha subito gravi lesioni come conseguenze della violenza, e le cure non sono coperte completamente dal servizio sanitario. Per questo il blog Save the 1, dedicato ad aiutare le donne rimaste incinte a seguito di una violenza, ha organizzato una raccolta fondi perché possa essere operata. Se volete contribuire, cliccate qui.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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