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Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down 2017

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Paola Belletti - Aleteia Italia - pubblicato il 07/10/17
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Non c’è fretta, diciamolo sempre per esteso: persone con la sindrome di Down. O chiamiamole per nome, come fa Annalisa Sereni, mamma di Gabry (e altri 6 figli)Ho avuto la possibilità di conoscere Annalisa Sereni di persona. Siamo diventate amiche all’istante. Merito tutto suo! Aperta, salda, sorridente, ironica, preparata, femminile, piena di risorse. Eppure normale. Sì, anche se ha 7 figli (le battute sulla tv che non va o la squadra di calcetto le conosce tutte). Medico. Moglie. Mamma. Ora le tocca uscire dalla regola delle 3 M perché è anche una brillante scrittrice!



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In occasione della Giornata Nazionale per le persone con la sindrome di Down le ho posto alcune domande. Eccole qua, insieme alle sue risposte. Sempre chiare, coraggiose, vere.

Le associazioni impegnate a difesa e promozione della vita delle persone con sindrome di Down promuovono in tutta Italia con varie iniziative Giornata Nazionale per la sindrome di Down. Tu sei mamma di tanti figli . Il tuo penultimo figlio ha quel cromosoma in più.

Prima domanda: perché spendi tanto tempo per queste e altre iniziative?

Perchè sulla sindrome di Down c’è ancora tanta ignoranza. Viene considerata una malattia, una sfortuna , una condanna. Invece è una condizione genetica con diverse sfaccettature, un cromosoma in più che rende la vita più impegnativa ma non impedisce di viverla in pienezza. Mio figlio non è malato. Ha un cromosoma in più ma non è il suo cromosoma in più.

E la gente deve saperlo. Gabri non è un down. Gabri è Gabri …e ha gli occhi marroni, i capelli chiari e, ah già, la sindrome.

Parlando di questo mi auguro fortissimamente di portare la speranza a tutti quelli che hanno avuto questa diagnosi in gravidanza dicendo “ehi, noi l’abbiamo la sindrome e ci viviamo alla grande. Accogliete vostro figlio e ne sarete felici”.

E d’altra parte vorrei rompere tutti i pregiudizi che ancora ci sono sulla trisomia 21 e che limitano la vita di chi ha il cromosoma in più

Questa giornata nazionale che scopo si prefigge?

“Tu lo chiami Mongoloide. Noi lo chiamiamo Down. I suoi amici lo chiamano Paolo”. Trent’anni fa si apriva così la prima Giornata Nazionale.

Fare cultura. Far conoscere. Spiegare cos’è la sindrome a quelli che ancora pensano che sia una condanna all’infelicità. Favorire la conoscenza, speriamo aumenti l’inclusione…e magari eviti che la cassiera al supermercato si giri verso il collega indicando mio figlio e dicendo: “ hai visto? E’ Down”.

Vorrei che mio figlio potesse avere una vita normale e che a me smettessero di chiedere perché non l’ho abortito.

P.S. Non l’ho fatto perché la sua vita ha la stessa dignità della mia e di quella di chiunque altro e quindi è sacra

Autonomia: è un obiettivo spesso sottolineato e messo al centro di attività di sensibilizzazione. Dipende dal fatto che si pensa erroneamente che queste persone, considerate tutte uguali, non abbiano grandi margini di miglioramento a proposito di indipendenza?

Ogni persona è a sé. Ogni persona con la sindrome racchiude in sé delle qualità e delle potenzialità. E’ giusto che possa realizzarsi al meglio come tutti. Quindi coraggio! Non teniamo isolate queste persone, valorizziamo le loro capacità e saremo tutti più ricchi.

Cosa chiedi alla società?

Il rispetto e l’inclusione. E la società a te e a tuo figlio?

Non so…so quello che mio figlio può offrire: una visione profonda della realtà, una maggiore attenzione all’altro perché riesce a cogliere benissimo i sentimenti di chi gli sta davanti, uno sguardo attento su quello che lo circonda. Quello che posso fare io? Parlare, spiegare, raccontare la nostra vita con la sindrome. Fare, nel mio piccolo, cultura

I fratelli: uno,due episodi emblematici del loro rapporto con Gabry

Il loro istinto protettivo nei suoi confronti è altissimo. Guai a chi glielo tocca questo fratello supercromosomico…che poi, però se rompe , non esitano a litigarci come con un altro fratello qualsiasi. Della serie, Gabri è mio e posso urlargli solo io. Ieri una mia figlia mi chiedeva: “ ma perché ha l’insegnante di sostegno a scuola? Se la cava benissimo da solo, toglietegliela…” ecco, vedi…lei lo include, forse anche troppo 😉

Cosa ti ferisce di più

Che venga visto come un errore…”Ancora nel 2000 nascono bimbi così?”. Si, nascono, e ringraziamo Dio che ci permette ancora e da sempre di godere della loro specificità. Se Dio li ama e li crea, chi siamo noi per rifiutarli? Cristo sarebbe morto in Croce anche se mio figlio fosse stato l’unico uomo sulla terra. E quindi il suo valore è infinito. A me questo basta.

A quale “deriva” vuoi (vogliamo! Lo sai che sono con te!) opporti? So che sei una donna positiva, forte, certa. Normale eppure mica tanto. Sono doti che saltano all’occhio. Avendo tanto, tanto da fare su cosa pensi sia più importante concentrarsi per il bene dei tuoi figli? (A ottobre dovrebbe uscire il suo nuovo libro: Le mie ricette e altri guai, per la San Paolo Edizioni)

Il Down 0. l’eliminazione ad oltranza di queste persone.

Hanno la sindrome non sono la sindrome. Non stiamo parlando di eradicare una malattia ma di sterminare persone. E perché poi? La qualità della vita? Per rendere facile e serena la vita dei genitori che così non avranno problemi? Ma avete mai conosciuto un ragazzino con un’adolescenza veramente difficile e problematica? Quindi abortiamo tutti per evitare l’adolescenza? Dai su, nella vita ci vogliono coraggio, speranza ed Amore; un figlio è sempre un misto di questo. Non aver paura è la soluzione per l’accoglienza.

Pensi anche tu che la presenza di bambini e poi adulti feriti nella loro integrità fisica o cognitiva sia un vero guadagno? E che la Chiesa prima di tutto le deve mettere al centro (e lo fa) non come occasione per attività vagamente assistenziali o da “pietosa ONG” come direbbe il Papa? Perché una delle tragiche, perfide obiezioni che fanno a te, a me, a tantissime madri con figli malati o diversi è “ tuo figlio è un costo”? Ma invece, anche dati alla mano, è una ricchezza. A patto però che non facciamo nostra questa mentalità. I figli valgono perché ci sono. Punto. Non perché convengono, non perché rendono.

Esatto. Un figlio è ricchezza sempre, anche con il suo carico di sofferenza. Perché porta in sé il dono gratuito, lo sguardo di Dio, la Speranza, la Fede, l’Accoglienza…tutto. E quindi è comunque sempre conveniente. Arricchisce in Amore e noi siamo nati per Amare. Ed essere Amati. Come dire…riempie la vita, riempie il cuore, dono l ‘apertura sull’Eternità. Perché la contemplazione del dolore o della difficoltà di un figlio spinge a cercare la Verità  e ad accogliere l’Umanità vera quella che non calpesta gli altri ma è fragile , indifesa ed amabilissima.

Non credi dobbiamo tornare ai fondamenti? L’uomo vale per sé. Non solo i ns figli più fragili ma anche gli haters

Il rispetto della persona deve tornare al centro. Il fondamento della propria vita in Dio apre le porte all’accoglienza vera all’Uomo nella sua unicità. Dal concepimento alla morte naturale l’uomo è dono e Dio lo ama. Sempre. E noi possiamo amare Dio anche nell’uomo, soprattutto il più fragile e indifeso. Ma anche tutti gli altri che comunque qualche fragilità hanno sempre. La fragilità è dell’uomo.  Pensa tutti questi paesi dove è ammessa l’eutanasia del malato; sempre di più si uccidono anche i depressi (si fanno uccidere, scusa). Perché? Perché si è perso il senso della vita, quello che contempla anche il dolore e la paura. Non possiamo pensare ad una vita tutta rose e fiori, le spine ne fanno parte…è normale. Bisogna solo saperlo.

Hai paura del futuro? (questa è una domanda quasi retorica: so che in fondo non hai veramente paura per via della tua tempra e della tua conoscenza di fede)

No. Perché il futuro non è dato. Io vivo nel presente e mi basta …anzi spesso è il modo migliore per sopravvivere a tutto quello che si ha da fare.  Faccio tutto, un po’ per volta 😉

Lejeune: cosa ami e cosa rilanci al nostro pubblico di questo grande medico e cristiano?

Un medico con la piena coscienza del valore dell’uomo. Un medico che ha saputo dire un no netto all’aborto. Un medico che cercava la speranza e la cui ricerca scientifica è ancora oggi alla base di tante nuove scoperte sulla sindrome di Down. Sarebbe stato bello che avesse avuto la presunzione di cambiare il nome della trisomia in Sindrome di Lejeune abbandonando il cognome di Down…che non è aggettivo ma solo cognome infatti. Ora nessuno direbbe, per offendere “Sei un Leijeune!”, ti sembra? Ma l’umiltà dei santi non glielo ha permesso (purtroppo).

Vorrei che tutti i medici potessero conoscerlo ed ispirarsi al suo amore per la professione e per il più piccolo. Allora saremmo tutti grandi, grandissimi medici.

Cosa si sta perdendo la società allontanando, ghettizzando, eliminando i più deboli e diversi?

Se stessa. L’Umanità nel senso più ampio del termine.

Una società che colpisce i più deboli ed indifesi non è in grado di proteggere se stessa; chiunque di noi può diventare uno dei piccoli…basta così poco per perdere la propria onnipotenza. Ed allora bisogna che si crei una rete protettiva accanto a chi ne ha più bisogno. Non esiste solo il ricco, sano e potente e non è detto che neanche lui rimanga tale per sempre. Esiste però sempre la Persona. E va protetta ed accolta. Amata, anche quando la sua fragilità spaventa .

Questo si, sempre. Accogliere senza se, forse, ma…

E’ l’unico modo per restare veramente umani.

Amare fino in fondo. Sempre.

Grazie Annalisa! A presto.

(A questo link il blog di Annalisa Sereni. Non perdetevelo!)