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Teresa Manganiello: l’amore di un’analfabeta per il Cristo crocifisso

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Flickr.com/Creative Commons/©Lawrence OP

Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 23/09/16

La storia della Beata di Montefusco raccontata sotto forma di romanzo

Nel libro “La beata analfabeta. Teresa Manganiello, la sapienza delle erbe” (San Paolo edizioni) Andrea Fazioli racconta sotto forma di romanzo la storia della beata Teresa Manganiello nata a Montefusco nel 1849 in una famiglia contadina, undicesima di dodici figli, morta a ventisette anni e rimasta analfabeta tutta la vita.

Il protagonista della storia è il professore Matteo Maggi che, a causa del suo licenziamento si trova quasi costretto ad accettare un incarico imprevisto, originale e fuori dagli schemi. Pietro, suo amico ed ex collega di scuola, gli propone un lavoro speciale: recarsi a Montefusco per scrivere la storia della beata Teresa Manganiello. Matteo non è credente e non conosce la vicenda della beata analfabeta, ma decide di partire per cambiare aria e cogliere quest’opportunità. Quindi, un po’ per curiosità e un po’ per necessità, lascia Milano e raggiunge l’Irpinia. Matteo in quest’avventura mette in gioco tutto se stesso, sulle tracce di una donna che ha vissuto nell’ombra del suo ristretto ambito di provenienza guarendo e accudendo malati e moribondi grazie alle erbe selvatiche.

«Ancora oggi, non so precisare che cosa mi portò ad accettare l’offerta, se non il fatto di per sé irrilevante che Teresa non sapesse né leggere né scrivere».

«DEVI IMPARARE COM’È IL SILENZIO»

Durante la permanenza a Montefusco Matteo Maggi fa la conoscenza di molte persone del luogo, tra cui un eremita che gli consiglia il silenzio per cominciare a cogliere la grazia e la profondità racchiuse nell’animo e nella vita di Teresa:

«Se vuoi scrivere della beata Teresa, devi imparare com’è il silenzio. Lei non ha scritto niente, ha detto poco, ha lasciato parlare il suo sguardo e le sue azioni. E quando lo sguardo è rivolto lassù (…) vuol dire che non c’è spazio per la zavorra, per le parole inutili. Devi camminare nei boschi, nei sentieri più lontani dalle case. A lei piaceva andare da sola, con il suo rosario, portare le sue domande al Signore nelle valli più desolate, così come in chiesa. Per tutta la sua vita, di sicuro, Teresa è rimasta in silenzio. E oggi la ricordiamo ancora».


CHI È TERESA?

Il professore milanese, aspirante poeta e neo-disoccupato non sa da quale parte cominciare. Visita i luoghi cari alla giovane, legge ogni documento e testo che parli della sua storia, e respira l’aria di Montefusco per tentare di capire chi fosse veramente Teresa Manganiello.

«È nata in una casa colonica, e il suo mondo si limita al cortile, ai campi, al villaggio e al vicino convento dei cappuccini. (…) figlia di Romualdo e Rosaria, nata il primo gennaio del 1849, lei con la sua faccia e le sue mani e una riserva di pensieri che non riesce a spiegare agli altri perché sono suoi, soltanto suoi. Anche se le fanno male. La madre, nella schiettezza un po’ ruvida del dialetto, le ricorda ogni giorno che la vita è un dono del Signore, e che bisogna ringraziare per ogni momento. Ma lei non è una bambina triste. Semplicemente, ogni tanto le piace stare da sola con i suoi pensieri. Vorrebbe avere le parole per spiegarsi, per raccontare l’attimo in cui ha capito davvero che cosa voglia dire essere Teresa».

LE TRAFITTURE

Teresa è una ragazza semplice che come le sue coetanee aiuta in famiglia, collabora nei lavori domestici, rassetta, cucina, e… prega. Prova un grande dolore di fronte al male, alle malattie, alla morte, sofferenze che sono “trafitture” sanguinanti, che non la fanno riposare…

«Ci sono le trafitture che le procura il mondo: le malattie delle persone amate, la morte, le cattive notizie. Poi ci sono quelle che si procura lei, per offrire la sua sofferenza: le ortiche, il cilicio. E infine c’è quella trafittura senza motivo, che a volte la tiene sveglia di notte, a rigirarsi nel letto. Di solito dorme poco, Teresa. Si alza presto per sbrigare le faccende prima di andare in chiesa. Ma certe notti non dorme per niente: ha la sensazione oscura che le manchi qualche cosa, che stia sprecando tempo».

IN PREGHIERA DAVANTI AL TABERNACOLO

«Le ore davanti al tabernacolo l’avvicinano alla verità, ma Teresa capisce che non basta. Ogni tanto, fra un’incombenza e l’altra, approfitta di qualche minuto vuoto per pregare in silenzio: pensa il nome di Gesù, soltanto quello, lo pronuncia nella sua testa. Si siede con la schiena contro il muro e respira lentamente, ripetendo il nome. Quando le vengono altri pensieri non li scaccia: come si fa a fermare i pensieri? Ma di fronte a ogni distrazione, Teresa decide di ripetere quella semplice azione: dire il nome di Gesù. Anche i lavori di casa, in questo modo, prendono un significato diverso. Tuttavia non basta, non basta ancora…».

«VORREI SERVIRE CRISTO»

Quando nel convento di Sant’Egidio arriva padre Ludovico Acernese, sacerdote cappuccino che istituisce a Montefusco il Terz’Ordine francescano, Teresa si avvicina all’ideale di fraternità del Poverello di Assisi. Gli umori della giovane, divisa tra gli impegni familiari e il suo desiderio di stare con Gesù, vengono rappresentati in questo dialogo al confessionale:

Teresa: «Padre, (…)Io non sono quella che dovrei essere.(…) Non sono onesta».
Padre Ludovico: «Che hai fatto, figliola?»
Teresa: «Quello che faccio sempre, quello che c’è da fare. I lavori di casa, le mie preghiere, le opere di assistenza.(…) È un peccato di omissione(…)».
Padre Ludovico: «Cosa vuoi dire?»
Teresa: «Voglio offrire tutto quello che ho.(…)Mi hanno già chiesta in moglie(…)Non fa per me, io ho già un fidanzato. Ma non so come servirlo».
Padre Ludovico: « Hai un fidanzato?».
Teresa: «No, padre… (…) Non è un fidanzato come gli altri. L’altro giorno Antonio, il figlio maggiore degli Orsino, mi ha detto che chi pensa troppo a Dio non è più capace di seguire le cose del mondo».
Padre Ludovico: «(…)E tu gli credi?»
Teresa: «Sì.(…)Pensare a Dio non basta. Anzi, certe volte è solo una vanità. Occorre che ognuno pensi Dio nel modo giusto per lui».
Padre Ludovico: «E quale sarebbe il modo giusto per te?»
Teresa: «(…)Vorrei andarmene, padre. Vorrei servire Cristo e dedicare i miei giorni alla verità, a comprendere nel mio cuore come essa si manifesta. (…)Ma ci sono i poveri, i servizi in casa, c’è Saveria che ha bisogno di me e i miei fratelli e le bestie… Che cosa devo fare, padre?»

Poco tempo dopo la ventunenne Teresa veste l’abito di terziaria e l’anno successivo compie la professione dei voti prendendo il nome di sorella Maria Luisa. Rinuncia a vivere in convento per accudire la sua famiglia ma conduce una vita monacale dedita alla preghiera, alla cura dei malati, degli orfani, dei moribondi, dei carcerati, infliggendosi dure mortificazioni corporali. Seppur analfabeta si concentra sullo studio delle erbeselvatiche per lenire i dolori dei sofferenti e si confronta – nonostante non abbia studiato – anche con persone colte e nobili, evangelizzando con passione.

L’INCONTRO CON IL PAPA E LA SPECIALE BENEDIZIONE

«Per avere un’approvazione speciale al suo progetto di fondare una Congregazione delle suore terziarie francescane, nel 1873 padre Ludovico la manda persino da papa Pio IX, dal quale Teresa riceve la benedizione e l’incoraggiamento ad andare avanti».

Teresa non riesce però a vedere realizzato il suo progetto perché nel 1876, ventisettenne, muore prematuratamente. Cinque anni dopo la sua scomparsa padre Ludovico «fonda a Pietradefusi, in provincia di Avellino, la Congregazione delle suore francescane immacolatine di cui Teresa è tutt’oggi definita “pietra angolare” e “madre spirituale”». Il 22 maggio 2010 viene proclamata beata in una solenne cerimonia a Benevento.

Come il protagonista della storia, anche noi rimaniamo stupiti di fronte a quanto sia riuscita a muovere questa donna umile, semplice e analfabeta mettendo se stessa e la sua vita nelle mani di Dio. Beata Teresa Manganiello ci insegna che il Signore non cerca uomini dotti, ricchi, importanti, ma si serve dei più insignificanti, degli stolti, degli ignoranti. La sua preghiera incessante durante le faccende della giornata e nei momenti speciali davanti al Santissimo possono essere da esempio per noi uomini “moderni” che ci lamentiamo degli impegni quotidiani, e non troviamo mai il tempo di pregare. Teresa fin da piccola era rimasta sconvolta dal Cristo crocifisso, e si era ritrovata a pregare camminando, cucinando, curando piaghe, accettando umiliazioni, dedicandosi alla sua famiglia, offrendo le sofferenze e riconoscendo in ciascuno dei suoi cari, dei vicini di casa e degli sconosciuti che incontrava il volto di Nostro Signore.

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