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5 motivi per rivedere La Passione di Cristo (o per vederla per la prima volta…)

Catholic Link - pubblicato il 23/03/16

di Kenneth Pierce

C’è stata una notte che è stata diversa da tutte le altre. Delle ore che non si sarebbero mai più ripetute in tutta la storia dell’umanità. Le celebreremo presto nella Settimana Santa, e forse è una buona occasione per rivedere – o per vedere per la prima volta – La Passione di Cristo, il film diretto da Mel Gibson che racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù.

Sappiamo che si tratta di una produzione che, rappresentando in modo assai grafico le sofferenze alle quali è stato sottoposto il Signore, può urtare delle suscettibilità, forse ancor di più in un’epoca come la nostra che ci abitua alle cose edulcorate. Ciascuno potrà giudicare in base alla propria sensibilità se sia o meno un film molto violento (non è sicuramente adatto ai bambini).

Non per questo, ad ogni modo, smette di essere una rappresentazione verosimile – anche in tutta la sua crudezza – di quello che ha dovuto vivere Gesù in quelle ore cruciali per la nostra salvezza.

1. Uno sguardo all’aspetto più profondo della storia dell’umanità

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Quelle dodici ore sono state, in più di un senso, specchio dell’umanità, nel suo lato più oscuro ma anche nella sua ora più luminosa. Specchio in cui si condensa tutta la storia dell’umanità e anche del peregrinare terreno di ciascuno. Per questo uno dei più grandi meriti del film è forse – rispettando quello che ci è stato trasmesso su quelle ore – il fatto di rappresentare quella lotta tra il bene e il male iniziata agli albori dell’umanità e che continua nel cuore di tutti e di ciascuno degli esseri umani. Una lotta che, come sappiamo, Cristo ha già vinto per noi ma che ciascuno deve far propria.

2. Capire che l’amore è l’essenza della vita di Gesù

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Le scene che si intervallano in queste dodici ore e che si riferiscono brevemente ad altre scene della vita di Gesù sono particolarmente rilevanti. Vedere, come hanno fatto molti critici, solo la violenza in questo film è un errore. Proprio le scene più dure si comprendono bene solo in relazione a tutto ciò che la fede ci insegna sul progetto d’amore che Dio ha nei confronti dell’umanità. Importanti quanto il racconto stesso della Passione sono le scene che rimandano al passato della vita di Gesù, che ci ricordano come tutto nella sua vita sia profondamente unito in una stessa esistenza che ha come nucleo l’amore di Dio per l’umanità. Lo vediamo come falegname, nel suo rapporto filiale con Santa Maria, e forse sono queste le scene che ci suonano più familiari. Lo vediamo anche nel suo rapporto con i discepoli, nella testimonianza della sua amicizia con loro, nel profondo amore che nutre nei loro confronti e nei suoi insegnamenti, che cercano di portare alla luce l’aspetto più bello dell’umanità. Sono tutto un insegnamento per una vita cristiana incarnata nella vita quotidiana.

Forse l’aspetto più importante è sempre lasciarsi toccare dal mistero dell’amore di Dio per l’umanità. Dio trasforma tutte le ingiustizie del mondo. Arriverà il giorno in cui la luce del suo sguardo spianerà tutte le disuguaglianze che il peccato ha causato nella vita di ciascuno di noi. Il momento in cui – come dice a sua Madre mentre va ad essere crocifisso – Egli farà nuove tutte le cose.

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3. Una storia in cui c’è un ruolo per ciascuno di noi…

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In questo dramma c’è un ruolo per ciascuno di noi, o meglio un riflesso in cui guardiamo faccia a faccia l’aspetto più bello nel nostro cuore così come il più oscuro. Non è fortemente rappresentato nelle scene che alternano i momenti dell’ingresso trionfale di Gesù la Domenica delle Palme e il cammino doloroso e di rifiuto che soffre sulla Via della Croce? Non manifestano tutte le contraddizioni di cui è capace il cuore dell’uomo, o meglio il nostro cuore? Forse vedendo questo film impareremo questa volta a non avere paura della debolezza o della fragilità. Anche Cristo ha sofferto, ha avuto paura, ha sperimentato il rifiuto, il dolore e la sofferenza. Non dobbiamo vergognarci di provare a volte questi stessi sentimenti. La fragilità ci aiuta senz’altro a sperimentare la grande necessità che abbiamo del suo amore.

Dall’altro lato, è possibile che stavolta ci tocchi maggiormente l’atteggiamento del cireneo, che quando si vede costretto a prendere su di sé la croce dice “Io sono innocente” per poi comprendere che l’unico innocente è Cristo e che tutti siamo, in misura maggiore o minore, peccatori. È così che siamo noi esseri umani, che vediamo la pagliuzza nell’occhio altrui e non la trave nel nostro.

Quante volte siamo stati come i farisei, predicando con la parola ma non con l’esempio, credendoci superiori o lasciandoci consumare dall’invidia, dall’orgoglio o dall’ira? Quante volte siamo come Giuda, non solo quando ci allontaniamo da Dio, ma anche quando ci chiudiamo alla ricerca del perdono di Dio e alla capacità di perdonare noi stessi? Quante volte siamo come Pilato, ascoltando il mondo e vivendo solo per compiacere le aspettative altrui, senza impegnarci con chi ha più bisogno di noi e dando spazio alle ingiustizie?

4 …e in cui possiamo anche cambiare ruolo (perché c’è sempre speranza)

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Forse ci identifichiamo con un protagonista nel quale riconosciamo i nostri limiti e il nostro peccato. Se c’è qualcosa che caratterizza la vita terrena di Gesù è il suo invito costante alla conversione e il suo impegno con noi. Se siamo stati Giuda, possiamo essere il Buon Ladrone e sperimentare il perdono. Se siamo stati farisei, possiamo essere Pietro e vivere la sincerità che riconosce la fragilità e cerca l’autenticità. Se siamo stati Pilato, possiamo cambiare ed essere come il soldato che alla fine riconosce la divinità di Gesù. Se siamo stati un cireneo ipocrita, possiamo alla fine essere un cireneo al servizio di Dio, che unisce i propri dolori a quelli del Salvatore. Dio ci offre sempre la sua grazia, che ci trasforma perché alla fine possiamo raggiungere il ruolo a cui tutti aneliamo: assomigliare sempre più a Lui.

5. Stare attenti al male… e lottare contro di esso tenendo la mano di Santa Maria

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Ci sono due personaggi la cui presenza intesse in qualche modo la trama di tutto il film e che richiedono un’attenzione particolare. Uno è il demonio, che dall’inizio alla fine orchestra con la sua presenza sottile ma efficace tutta la violenza che è capace di scatenare contro il Figlio di Dio. L’altra figura è quella di Santa Maria, con tutta la sua forza, la sua integrità, e anche con la sua dolcezza, pur nei momenti più duri. È soprattutto una madre, ed è lei che, com’è stato immortalato in tante opere d’arte, pesta con il tallone la testa del serpente.

Se in questa Settimana Santa rivediamo questo film, è forse un’occasione per considerarlo un invito rinnovato a lasciarci interpellare dal messaggio che contiene. Le ore della Passione di Cristo non possono lasciare indifferente nessuno, e ciascuno dei momenti ci dice qualcosa di nuovo, anche se abbiamo già visto la pellicola.

Forse qualcuno ha qualche buon motivo per non vederla e vorrà leggere con raccoglimento i racconti della Passione direttamente dal Vangelo e partecipare alle liturgie della Settimana Santa. È senz’altro molto meglio!

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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