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Il paradosso di Melissa Cook, madre surrogata che si rifiuta di abortire

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 13/01/16
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La Corte Suprema di Los Angeles è attesa ad una storica decisione: una madre surrogata chiede di tenere con sé uno dei tre figli che vorrebbe far abortire il padre-committente

Si chiama “riduzione selettiva” ma è l’aborto del terzo gemello non voluto dal padre inseminatore in questo caso. Parliamo di un caso che rischia (anzi si spera) possa fare giurisprudenza e regolare la materia una volta per tutte (Intelligo News, 11 gennaio).

INCINTA “PER CONTO TERZI”

Se il verdetto sarà a favore della madre surrogata, cambierà il commercio di uteri e con loro quello di bambini (frutto di desideri e idee e di non amore puro). I giudici della Corte suprema di Los Angeles erano già stati interrogati su una domanda: Melissa Cook, una 47enne di Woodland Hills, in California, già madre di 4 figlie e incinta di 3 gemelli “per conto terzi” rifiutarsi di abortire il terzo feto così come richiesto da “padre” dei gameti (C. M. un 50enne della Georgia) che sono stati mischiati agli ovuli della donatrice?

RIDUZIONE SELETTIVA

Si chiama “riduzione selettiva” e non solo non viene accettata dalla donna, ma la Cook lo chiama ora in causa per diventare la madre dei tre bimbi che porta in grembo. Tutto “nasce”, ed è proprio il caso di dirlo, alla Surrogacy Utero in affitto: rifiuta l’aborto del terzo figlio e fa causa al padre dei gameti International Inc. dove l’uomo avrebbe pagato 33mila dollari alla donna più 6mila dollari per ogni figlio aggiuntivo rinunciando lei, una volta nati, ai diritti di genitore.

RIFIUTO SECCO

Ma l’impianto di tre embrioni è andato bene: tre su tre hanno attecchito e lui che lavora alle Poste, almeno questa l’accusa della donna, ha chiesto di abortirne uno. Ecco qui che è scattata la richiesta di riduzione selettiva, ossia l’aborto di un feto. E lei ha stupito tutti con questa dichiarazione: “Sono una madre pro-life e non voglio abortire, stanno andando bene tutti e tre”.

DIRITTI CHE VIVONO NELL’UTERO

Il suo caso è finito davanti alla Corte suprema della California e ha riaperto negli Usa il dibattito su questo tipo di leggi che autorizzano una gravidanza delegata a pagamento. Cook ha chiesto che le vengano riconosciuti i diritti sui bambini che attualmente vivono nel suo utero. Melissa non ha affittato il suo utero a terzi: si è messa in gioco come donna a tutto tondo e ha scoperto un modo diverso di essere madre, ma pur sempre una maternità che non sacrifica i suoi figli a nessun titolo (Il Sussidiario.net, 12 gennaio).

CARNE DELLA SUA CARNE

Ci conferma che c’è un senso della maternità molto più forte e radicato almeno nei primi mesi di vita del bambino di quanto non lo sia il senso di una presunta paternità. Questi tre bambini sono in un certo senso carne della sua carne. Il problema che si pone ai giudici è del tutto inedito: una donna che affitta il suo utero può rifiutarsi di abortire quando ciò le sia richiesto dai genitori intenzionali?

CLAUSOLA DI ABORTO

Ora, tutti gli avvocati coinvolti nel caso dicono che l’ipotesi di costringerla ad abortire è fuori discussione, e pare anche che alla fine il committente abbia deciso di prendere tutti e tre i bambini, ma la denuncia ha ancora un senso, perché Cook chiede al tribunale che l’uomo firmi una dichiarazione in cui s’impegna a non denunciarla per essersi rifiutata di avere un aborto. La donna che ha voluto proteggere la vita teme, insomma, di essere citata per danni per non averla “selettivamente ridotta”, secondo quanto indicato dalle clausole di un contratto (Il Foglio, 12 gennaio).

“SCRUTINIO COSTITUZONALE”

Harold Cassidy, avvocato che ha rappresentato una madre surrogata in un famoso caso analogo negli anni Ottanta, dice che i contratti stipulati e le leggi che li legittimano «non resisterebbero a uno scrutinio costituzionale».

DOPPIA CRUDELTA’

L’idea che un uomo possa chiedere a una madre di interrompere una gravidanza, e che poi la ritenga responsabile dei danni se lei si rifiuta di farlo «è crudele nei confronti della madre. L’idea che quando una madre si offre di adottare il figlio che l’uomo voleva che lei uccidesse, ma lui insiste che il figlio venga cresciuto da uno sconosciuto invece che dalla madre che lo ha amato e gli ha salvato la vita, è crudele nei confronti del figlio», ha detto Cassidy.

ACCORDO “SALTATO”

Intanto al Washington Post, Melissa ha spiegato: «Non considero più gli accordi di maternità surrogata favorevolmente come in passato Ho una profonda empatia per gli uomini che vogliono figli. Tuttavia, ora penso che il concetto di base di questo tipo di accordi vada riesaminato».