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Come posso salvare la mia famiglia dalla violenza domestica?

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Juan Ávila Estrada - pubblicato il 11/10/14
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La chiave fondamentale: superare la tentazione di “possedere” l’altro

Cosa avviene nel cuore umano quando in un accesso d'ira la risposta di fronte a una scomodità o un'incomprensione nei rapporti di coppia è in genere l'aggressione fisica o addirittura la morte dell'altra persona? Cosa ha portato a far sì che la violenza sia il pane quotidiano in quei luoghi in cui l'amore e il rispetto dovrebbero essere il pilastro di ogni relazione familiare?
La violenza consuetudinaria di quanti sono convinti che tutto si sistemi con le botte ha smembrato intere famiglie portandole sull'orlo dell'abisso e dell'odio reciproco. La mentalità di coloro che iniziano a costruire relazioni, spesso fin dal fidanzamento, in cui non si intende l'amore come donazione ma come possesso e la convinzione che chi è al nostro fianco abbia un debito impagabile che deve abbonare permanentemente perché gli interessi affettivi non gli divorino l'anima sono state legna di un'enorme pira che ha consumato a poco a poco le possibilità dell'amore vero.

È come se scendesse sull'amore familiare un alone di distruzione che cerca, mediante l'aggressione, di spezzare la possibilità di dialogo e di intesa tra genitori e figli e tra i coniugi. Non possiamo disconoscere che la speranza dei saggi non si genera solo nella possibilità di esprimere ciò che si sente e si vuole, ma anche nell'ascoltare ciò che l'altro porta nel cuore.

In genere, le alternative di dialogo si basano su quello che si vuole e non su quello che desidera l'altra persona, ma quando la parola non ha l'effetto desiderato, soprattutto quando si aspira a che la nostra sia l'ultima, di fronte alla sensazione di impotenza l'aggressività diventa la risposta ricorrente di coloro ai quali manca l'immaginazione e che pensano che in questo modo possono farsi ascoltare o obbedire.

Tu gridi a me, io grido a te, e così chi alza di più la voce crede di poter vincere l'altro. Ci manca la capacità per risolvere i conflitti familiari; i membri della nostra famiglia sono diventati punching balls che aggrediamo costantemente credendo che i legami di sangue siano sufficientemente forti per essere permissivi e renderci capaci di perdonare.

Esistono esercizi in famiglia che dovrebber essere svolti spesso per diventare abili nella soluzione dei conflitti. Non bisognerebbe aspettare di trovarsi in una situazione d'emergenza per cercare di agire disperatamente e risolvere quello che in genere sfugge dalle mani. Vediamo qualche esempio.

1. Valutare con regolarità la vita familiare. Ciò implica il fatto di sedersi a pensare chi sono i membri della famiglia e cosa vogliono da ciascuno e da tutti. Non limitatevi a chiedere le cose relative alla scuola e al lavoro, a parlare di clima ed economia. È fondamentale esprimere l'amore e crescere nell'amore.

2. Proporsi in modo personale di crescere in ciò che ciascuno vuole da se stesso, aiutati ed esortati dagli altri. Ciò richiede di raccontare agli altri i sogni custoditi nel cuore.

3. Non presupporre mai che l'altra persona debba sapere cosa succede e cosa si prova. In famiglia non ci sono indovini. Esprimete opportunamente il disagio del momento.

4. Avere come principio fondamentale il fatto di non andare mai a letto arrabbiati. Bisogna ricordare ciò che insegna l'apostolo Paolo, ovvero che la notte non deve sorprendere nella rabbia.

5. Ricordare che “le parole non se le porta via il vento”, perché raggiungono sempre il loro obiettivo. Chi le pronuncia deve sapere che la parola non torna mai vuota.

6. Quando affiora l'ira, serve la calmaL'ira si permette di fare e dire ciò che la sensatezza e la pace non permetterebbero mai. Fuori di ciò, è fondamentale riconoscere che la violenza distrugge qualsiasi vita, per quanto sia piena di pietre. Ci sono strade difficili da percorrere, soprattutto quando le pietre fanno inciampare spesso. Quando l'amore viene ferito, deve prevalere il rispetto. È più facile guarire un amore malconcio che un rispetto spezzato. L'amore non dà possesso anche se genera un sentimento simile. Non lo dà perché ciascuno si dona non per essere oggetto dell'altro, quanto come un dono in cui si condivide ciò che si è.

Se i genitori smettono di vedere i propri figli come “qualcosa” che appartiene loro, se i fidanzati capiscono la costruzione della propria vita come un'opportunità per “essere con l'altro”, se gli sposi smettono di pensare che un sacramento o un vincolo civile sia una fattura che dà diritti di esclusività di “uso” e possesso di un bene, allora genereremo relazioni più sane in cui si guarderà all'altra persona come a qualcuno di simile che merita e ha bisogno di tutta la cura e il rispetto che chiunque cerca.

Siamo esseri in costruzione, in continua crescita e sviluppo, e abbiamo bisogno di essere sempre aperti ad essere di giorno in giorno parte del progetto divino. Se in un certo momento non sai dire qualcosa di buono, non dire ciò che può ferire. Se non ci sono parole gentili, dà un abbraccio opportuno, che dia sicurezza e fiducia, che recuperi la pace e guarisca l'amore ferito. Siamo esseri fatti per l'amore; è stato il peccato a insegnarci a guardarci con occhi aggressivi e come parte delle nostre pertinenze, ma nulla è perduto, perché è con la famiglia e nella famiglia che siamo salvati.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]