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Nata da uno stupro: l’aborto come “riparazione” alla violenza è un falso mito

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Silvia Lucchetti - Aleteia Italia - pubblicato il 29/09/14
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Una donna coraggiosa testimonia: “Le donne che abortiscono trovano più difficile riprendersi dall’aborto che dallo stupro”

Oggi vi presentiamo la storia di Rebecca Kiessling che come le esistenze di tutti noi è un misto di bellezza e ferite, ma si sa che è proprio da quest’ultime che passa la Grazia di Dio. Rebecca viene adottata alla nascita e scopre solo all’età di 18 anni di essere stata concepita da uno stupro. La mamma biologica infatti venne rapita e violentata da un maniaco, e restò così incinta di Rebecca. La donna non si sentì di portare avanti la gravidanza, e così tentò due volte di abortire illegalmente (l’aborto a quei tempi non era ancora consentito in Michigan), ma entrambi i tentativi miracolosamente fallirono per cui arrivò a partorire sua figlia  e in seguito a darla in adozione.

Proprio qualche giorno fa la dottoressa Silvana De Mari ha parlato in un post su Facebook dell’aborto dopo uno stupro come di violenza che si aggiunge a un’altra violenza:

(…) Uno stupro è una violenza atroce. L’aborto è una violenza a sua volta, una seconda violenza che aggrava la prima. L’aborto non è la macchina del tempo: non riporta il tempo indietro, come se non fosse successo. E’ un atto violento dove la donna uccide un grumo di cellule per non farlo diventare suo figlio. Il figlio dello stupratore, certo, ma anche il figlio suo. (…) Le donne che non hanno abortito, che non hanno commesso infanticidio, che non hanno abbandonato il bambino sono quelle che alla fine sono riuscite a costruire vite difficilissime ma che ancora permettevano linee di gioia. Avevano risposto alla violenza più ignobile con l’accoglienza. Quelle che hanno abortito hanno più facilmente sviluppato disturbi depressivi e alcolismo. Il piccolo corpo che finisce smembrato nel bidone della spazzatura è una violenza in più, un insulto in più alla donna, alla sua sacralità. Noi siamo donne, domine regine. Per una donna l’aborto è un suicido differito. Un suicidio parziale, ma profondo.



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I 3 errori di chi ritiene che l’aborto sia accettabile in caso di stupro

Rebecca, moglie e mamma di cinque figli, nella sua bellissima testimonianza afferma che spesso anche gli anti-abortisti contemplano l’eccezione in caso di violenza sessuale.

Capisco che vogliono essere compassionevoli, pensano che sia compassionevole ammettere questa eccezione, ma si basano su tre errori: il primo è che tutte le donne vittime di stupro vogliano abortire e non è vero. Solo tra il 15 e il 25% lo vogliono. Il secondo è “starà meglio con l’aborto” e non è vero, avere il bambino aiuta a guarire, qualcosa di bello viene fuori da una cosa orribile. Le donne che abortiscono trovano più difficile riprendersi dall’aborto che dallo stupro. La terza falsità è che il bambino non valga la pena, non valga tutte le pene della madre. Spero che la mia storia, ed altre come la mia, aiutino a sfatare questo mito.

Colpisce molto un passaggio dell’intervista nel quale la donna racconta gli attacchi e gli insulti che riceve da parte di chi è a favore dell’aborto e la contesta duramente durante i convegni dove è invitata a parlare. Ad un certo punto Rebecca dice:

Dicono di avere a cuore le donne, be’, io sono una donna e non gli importa niente di me. Che diritti posso avere se non ho il diritto di vivere?

E poi procede affermando il valore assoluto della vita che non dipende da noi, da cosa facciamo, da chi siamo, ma da Dio. Perché valiamo il Sangue di Cristo, e questo è il messaggio che più le sta a cuore e che vuole trasmettere ai giovani.



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 A 19 anni incontra per la prima volta la mamma biologica

Rebecca conosce sua madre all’età di 19 anni, è un incontro bellissimo afferma nel video, e poi aggiunge “mi è costato accettare che mia mamma abbia tentato due volte di abortirmi”. La donna per quanto felice di conoscere la figlia che aveva dato in adozione, rimane a lungo convintamente pro-choice (NotizieProVita). Solo alcuni anni dopo quel primo incontro il suo cuore cambia, infatti diviene una convinta sostenitrice della vita insieme con la figlia. Per Rebecca è uno dei momenti più belli, perché per la prima volta sua madre le dice: “Sono felice che tu sia nata” (NotizieProVita).

La storia di Rebecca Kiessling, presidente dell’associazione “Save the 1” che si occupa di tutelare le vittime della violenza sessuale e dei loro figli, emoziona, scuote, costringe anche chi crede di avere già la verità in tasca a capire, riflettere, a farsi domande.

Nella sua testimonianza c’è la sacralità della vita, dell’uomo, la speranza. Le sue parole pacate e profonde ribaltano il pensiero comune che trova nel male soltanto il male, che vorrebbe eliminare il dolore e la sofferenza. Rebecca, frutto di una sofferenza, è un dono prezioso, perché la Vita lo è sempre.



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