Sono leciti purché non costituiscano un pericolo per il bambino o per la madreGent.mo padre Angelo,
La ringrazio di cuore per il prezioso tempo che dedica a questa rubrica. Ho letto con particolare interesse, nel tempo, i suoi consigli nel campo della morale sessuale e matrimoniale e ne ho tratto rafforzamento per la mia fede e stimolo per perfezionare la mia crescita spirituale. Sono felicemente sposato da qualche anno e papà di un bellissimo bimbo di poco più di 2 anni. Io e mia moglie Le vorremmo porre un semplice, forse curioso, quesito: come possono essere considerati i rapporti sessuali nella coppia che vengono intrattenuti durante la gravidanza della donna? Tempo fa, ad un incontro di preghiera, una suora disse che sono da considerarsi come grave peccato. Sinceramente, tale posizione ci ha lasciato un pò perplessi. Nel corso della gravidanza di mia moglie, comunque, di comune accordo ci siamo astenuti dai rapporti non in virtù di queste parole ma di una scelta consapevole, dettata dalla volontà di rispettare la nuova vita ed il nuovo spirito che si stavano formando nel suo grembo.
Vorremmo un Suo parere in merito, anche per regolarci per analoghe future situazioni.
La ringraziamo di cuore…
Carissimo,
1. alla luce di quanto ha detto Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae: “è altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione dei figli” (HV 14) dovremmo concludere che di per sé non vi è alcun problema morale nel caso che mi hai sottoposto.
Ulteriormente l’Humanae vitae dice: “Questi atti… non cessano di essere legittimi se, per cause indipendenti dalla volontà dei coniugi, sono previsti infecondi, perché rimangono ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione. Infatti, come l’esperienza attesta, non ad ogni incontro coniugale segue una nuova vita. Dio ha sapientemente disposto leggi e ritmi naturali di fecondità che già di per sé distanziano il susseguirsi delle nascite” (HV 11).
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2. Già precedentemente Pio XI nell’enciclica Casti connubii aveva detto: “Né si può dire che operino contro l’ordine della natura quei coniugi che usano del loro diritto nel modo debito e naturale, anche se per cause naturali, sia di tempo sia di altre difettose circostanze, non ne possa nascere una nuova vita. Poiché nello stesso matrimonio si contengono anche fini secondari, come il mutuo aiuto e l’affetto vicendevole da favorire e l’appagamento sensibile, fini che ai coniugi non è proibito volere, purché sia sempre rispettata la natura intrinseca dell’atto e per conseguenza la sua subordinazione al fine principale” (DS 3718).
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3. Un grande moralista della prima metà del secolo XX, il domenicano padre D. Prümmer, scriveva: “È lecito l’atto coniugale nel tempo della gravidanza purché non costituisca grave pericolo per il feto o per la madre: Infatti sebbene in quel tempo sia impossibile un nuovo concepimento, tuttavia l’unione sessuale può favorire l’intesa e l’amore coniugale e ad appagare l’attrazione sensibile” (Manuale Theologiae moralis, III, n. 691,2). Come vedi, vi è da eccepire solo nel caso in cui può non costituire grave pericolo per il feto o per la madre.
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4. Quanto mi scrivi “nel corso della gravidanza di mia moglie, comunque, di comune accordo ci siamo astenuti dai rapporti non in virtù di queste parole ma di una scelta consapevole, dettata dalla volontà di rispettare la nuova vita ed il nuovo spirito che si stavano formando nel suo grembo” ti rende onore. Altre coppie mi hanno confidato di essersi comportate nel tuo stesso modo. Il vostro comportamento rientra in qualche modo in quanto ha detto San Paolo: “Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme” (1 Cor 7,5).
Ti ricordo al Signore insieme con la tua famiglia e ti benedico.
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