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Trento: 1545-1563 Il più grande concilio dell’età moderna giunse dopo un’attesa di svariati secoli e fu combattuto, oltre che da ragioni di opportunità politica, anche dal timore di recrudescenze conciliariste (oltre che al colorito timore di Clemente VII che un eventuale concilio potesse deporlo in quanto figlio illegittimo…). In agenda c’erano la riforma protestante e i suoi prodromi secolari, come il movimento hussita, che invano (e cruentemente) il grande concilio di Costanza aveva provato a estirpare. Ma c’era la vera e propria riforma della Chiesa, che moltissimi e a gran voce da tempo invocavano dall’interno. In diciotto anni di lavoro, il Concilio operò importanti definizioni sulla dottrina dei sacramenti e sul canone scritturistico (potrà suonare incredibile, ma anche solo il numero dei sacramenti e dei libri sacri fu definito per la prima volta in quella assise, se si eccettua un accenno senza seguito nel Lionese II…), espresse fondamentali e intramontati decreti sulla grazia e sulla giustificazione. Nella XIII sessione fu affrontato anche la questione della teologia eucaristica, e vi si affermò contro l’eresia dei riformatori (i quali generalmente si mostravano più zelanti dello stesso Lutero nel negare la presenza di Cristo nel sacramento anche durante la celebrazione…) la verità della fede cristiana canonizzando contestualmente la dottrina scolastica della transustanziazione.
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